Comincia quasi tutte le frasi con gli altri, e non con io, Francesco Bagnaia. Valentino che c'è sempre stato, con i suoi consigli e la sua VR46, che a Pecco ha regalato un sogno dove non c'era, una speranza di successo a forma di sponsor, possibilità, gradimento ad alto rischio. Domizia che nei momenti importanti non manca mai, che inquadrata dalle telecamere durante le gare è una maschera africana di sofferenza e agitazione, e che dentro quelle emozioni esposte, tese e mai temute rivela il desiderio profondo di volere la realizzazione dei desideri altrui. "Noi siamo uno", ha scritto dopo la vittoria di Pecco a Sepang, ed è vero. È vero che Pecco, in questa stagione di montagne russe disperate, solo non lo è stato mai.
Non lo era a Valencia, dove per lui c'erano tutti. Domizia, la sorella Carola, i genitori, gli amici, tutta la VR46. "Se vince Pecco il successo è di tutta la Academy" aveva detto pochi giorni fa l'amico Luca Marini, riassumendo in una frase il senso profondo di una scuola costruita intorno a un ranch fatto di motori e passione. E così è stato. In uno sport che ti costringe alla solitudine assoluta, al resiste alla pressione dell'essere isolato, inconsapevole degli altri, del mondo intorno, di quello che potrebbe succedere ad ogni curva, Pecco ha combattuto a modo suo.
Ha vinto da solo, è diventato campione del mondo di MotoGP riportando in alto l'Italia del motorsport, tutto da solo. Lo ha fatto perché è così che i piloti sono chiamati a fare. Riprendendosi uno a uno i 91 punti di svantaggio che lo separavano da Quartararo, facendo i conti con la propria emotività, con quello che non andava di un carattere tutto cuore che alla fine però, tra i dolori dell'asfalto toccato troppe volte quest'anno, lo ha premiato. Perché il cuore premia sempre, in uno sport come questo. E la forza per affrontare la risalita senza gli altri, Pecco l'ha trovata proprio negli altri.
In babbo Valentino Rossi che è volato a Valencia per fargli da coach, lì dove un anno fa ha detto addio alla MotoGP. Che più dei consigli Pecco aveva bisogno della presenza, della vicinanza. Del sapere che l'uomo che gli ha consegnato il sogno è lì con lui, nel giorno più importante di tutti. Che prima di lui c'è stato il suo grande rivale, Casey Stoner, che nella delicatezza e forse anche nella fragilità di Pecco ha visto qualcosa di sé. Che in qualche modo dentro la vittoria del mondiale, il primo mondiale della VR46, c'è anche un po' di Marco Simoncelli, che nelle vene che scorrono dentro l'Academy c'è e ci sarà sempre.
Ci sono tutti quelli che lo hanno portato fino a Valencia, sul tetto del mondo, nella solitudine dei giri più lunghi, complessi, infiniti della sua carriera. Chi lo ha criticato, chi già il prossimo anno lo dà per sconfitto al fianco del terribile Enea Bastianini, chi non ha creduto che quella fragilità, quella tendenza al troppo a costo di non portare a casa niente, potesse trovare uno spazio per convivere al fianco del talento. Chi c'era, chi non c'è mai stato, chi in Pecco ha creduto prima di tutti gli altri. Questa è stata, è e sarà sempre la sua prima e più grande fortuna. La consapevolezza che sì, in pista a fare i conti con la solitudine ci sei tu. Ma che no, non vinci, non perdi, non soffri e non cresci senza gli altri.
E Francesco Bagnaia, campione del mondo di MotoGP 2022, solo non lo è stato mai.