Joan Mir ha una mano sul titolo MotoGP 2020 e l'altra sullo scettro di Marc Marquez, a questo punto della stagione è chiaro a tutti. L'ultimo endorsement è arrivato da Andrea Dovizioso, il quale dopo la gara di Valencia ha dichiarato che “non conosco così bene Mir, ma credo che se la giochi con Marquez , ha tanto potenziale e può crescere ancora”. Lo spagnolo infatti si è dimostrato velocissimo in tutte le fasi della gara, brillante nei sorpassi e forte mentalmente. Ad oggi il suo unico punto debole sembra essere la qualifica, una caratteristica che non è dovuta alla Suzuki ma al pilota, abituato a partire indietro in griglia dai tempi della Moto3. Il che rende le sue gare ancora più spettacolari e intense, ricordandoci un po’ il Valentino dei tempi d'oro.
Ecco chi è Joan Mir, il ragazzo spagnolo di 23 anni che sembra chiamato a dover raccogliere l'eredità di Kevin Schwantz e Kenny Roberts Jr, ad oggi ultimi vincitori di un titolo mondiale con la Suzuki nel 1993 ai tempi della 500 e nel 2000.
Dal surf alla scuola di Chico Lorenzo, fino al titolo del 2017
Joan Mir è nato nel 1997 a Palma di Maiorca, il padre ha un negozio di skateboard e tavole da surf e la madre fa l'arredatrice d'interni. Lui passa un’infanzia da ragazzo californiano tra sole e tavole, salendo per la prima volta su di una moto a 6 anni, piuttosto tardi per gli standard di oggi. Lo zio materno Joan Perelló corre in moto, nel CEV, e per Mir vederlo in pista è una folgorazione: vuole diventare un pilota, essere il numero uno. Joan passa due anni nella scuola di Chicho Lorenzo, il padre di Jorge, ma non è abbastanza. Sente che serve di più, così chiede alla famiglia di procurargli un allenatore personale. Così a Joan viene affiancato Dani Vadillo, amico di famiglia e rappresentate della Federazione Motociclismo delle Baleari, con cui si instaura subito un ottimo rapporto. Siamo nel 2009, Valentino Rossi è l'idolo indiscusso del portacolori Suzuki.
Joan corre le prime gare nel Campionato delle Baleari e nella Bankia Cup, che riesce a vincere nel 2011 nella categoria XL160. L'anno successivo vince anche la Coppa PreGP 125 cc e si procura un posto nella Red Bull Rookies Cup per poi passare al CEV nel 2015, anno nel quale riesce a disputare una wildcard a Phillip Island in Moto3. Parte dietro, arriva fino al quarto posto e poi cade, ma il talento è fuori discussione. Grazie al manager Paco Sanchez (che segue anche Maverick Vinales) Mir riesce ad approdare nel mondiale, con il Team Leopard con cui domina il campionato al secondo anno (nel 2017) grazie ad un’impressionante striscia di successi: 10 vittorie e 13 podi in un totale di 18 gare gli permettono di chiudere con 93 punti di vantaggio sul primo degli inseguitori Romano Fenati, ma la prima Pole in carriera arriva in Malesia a mondiale già vinto.
Per due volte in un anno è il pilota più richiesto del paddock
In un attimo Joan Mir diventa il pilota più pregiato del mercato ed approda in Moto2 nel Team Estrella-Galicia, con cui stipula un contratto di tre anni. Chiuderà al sesto posto nella stagione d'esordio, ma dopo poche gare il tornerà ad essere al centro del mercato piloti. Ducati, Honda e Suzuki stanno cercando un pilota giovane da far crescere in squadra ed è Davide Brivio a vincere la corsa all'oro scegliendolo come sostituto di Andrea Iannone ormai diretto in Aprilia. Così il Team Suzuki si trova con due piloti giovani e veloci, ma il 2019 è un anno difficile. Joan cade a Brno durante le FP2 ed è costretto a saltare tre gare, rendendo il suo apprendistato in Suzuki più complicato del previsto. Chiuderà la stagione d'esordio al 12° posto con una quinta posizione a Phillip Island come miglior risultato.
Guida come fosse in 250
In una vecchia intervista Joan Mir ha raccontato di credere molto in Dio e di parlargli spesso mentre corre, roba che per i piloti italiani sarebbe impensabile. Riservato ma mai accomodante, il maiorchino si è guadagnato il rispetto degli addetti ai lavori grazie a calma e buone maniere “puoi chiedere a chi vuoi, ti diranno che è un ragazzo d’oro” dicono di lui i suoi ex meccanici. In Suzuki lo hanno portato a guidare con uno stile diverso, meno aggressivo, lavorando soprattutto sulla gestione del gas per permettergli di stressare il meno possibile il posteriore. Un lavoro che ha pagato, perché difficilmente c’è qualcuno più efficace di lui a fine gara. Joan guida con leggerezza, arrivando in ingresso curva con una precisione ed un controllo che gli altri non hanno, il che gli permette di effettuare sorpassi da antologia come quello a Misano su Rossi alla Curva del Tramonto. Matt Oxley, giornalista inglese tra i più preparati nella MotoGP, racconta che “vederlo guidare mi fa venire in mente le vecchie 250 a due tempi, moto da 100 chili e 100 cavalli, la perfezione. Mir sulla sua Suzuki è così a suo agio che sembra guidare una di queste moto, non un mille da oltre 250 CV”.
Forse è presto per dire che la MotoGP ha trovato il suo anti Marquez, ma è chiaro che al suo ritorno Marc dovrà fare i conti con il nuovo padrone di casa. Che non sarà Kevin Schwantz, ma a modo suo sta scrivendo la storia del motociclismo.
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