“Quella dell’Heysel è stata una prova monumentale. Una pietra miliare di professionalità ed equilibrio nel racconto dello sport”. Sono le prime parole che Nicola Roggero, telecronista di Sky, voce inconfondibile della Premier League, ci dice quando gli chiediamo di esprimere un pensiero su Bruno Pizzul.
Era il 29 maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, data terribile per il calcio. Sugli spalti dello stadio Heysel di Bruxelles, prima della partita, si contavano i morti (alla fine furono 39) a causa del crollo di un muro della tribuna. Una sfida giornalistica di dimensione spaventosa, un cambio repentino di registro narrativo da effettuare in diretta davanti agli occhi di milioni di telespettatori.

“Non si capiva niente in quei minuti, nessuno capiva niente - prosegue Roggero -. Pizzul aveva la cabina piena di gente che si buttava davanti alla telecamera per far sapere a casa che stavano bene. Eppure, in un contesto impossibile, riuscì a mantenere la calma e il giusto rigore del cronista. Sapeva che c’erano dei morti, li comunicò solo quando la notizia fu ufficiale. Alla fine addirittura si scusò per le frammentarie informazioni fornite”.
Roggero che di neologismi se ne intende, ricorda Bruno Pizzul come un grande innovatore: “Ha modernizzato il linguaggio della televisione pubblica. Avendo giocato a calcio a buonissimi livelli, ha sempre unito la preparazione giornalistica alla competenza del campo”.
Dovesse dire una cosa, qual è la caratteristica che ha contraddistinto la storia di Bruno Pizzul?
“Mi ha sempre colpito la sua straordinaria padronanza di linguaggio. Una ricchezza di lessico non comune, preciso nella sintassi e mai gli ho sentito sbagliare un congiuntivo. Per fare questo lavoro sono caratteristiche necessarie”.
Lei che è un maestro di frasi rimaste nella storia, ne ricordo una incredibile: “Scholes ringrazia Giggs...77 anni in due. Hanno però evidentemente bevuto l'acqua Fiuggi e non li sentono…”, si ricorderà le espressioni significative di Pizzul…
“La bellezza del suo linguaggio è sempre stata quella che riportava lo spettatore alla consapevolezza di essere di fronte un evento sportivo. Espressioni come: “…va in sovrapposizione…”; “…ha il problema di girarsi…”; “buoni, buoni…” riferito ai giocatori, sono assolutamente sue. Con il suo decesso viene a mancare un monumento di questo mestiere. Lo inserisco tra i più grandi di sempre della storia della Rai, come è stato Alberto Giubilo per l’ippica e Aldo Giordani per il basket”.
Vi siete mai conosciuti di persona o avete collaborato?
“Ci ho scambiato qualche parola, ma non ho mai avuto l’onore di lavorarci insieme. Mi ero però informato della sua diatriba con Dino Zoff riguardo al vino. Pizzul era di Cormons, Zoff di Mariano del Friuli. Ogni volta che si vedevano si vantavano di essere rappresentanti della terra con il vino migliore”.
Con la modernità e la tecnologia anche le telecronache sono cambiate. E’ d’accordo che lo sport oggi richieda un racconto meno statico?
“Non cambiano lo sport e le telecronache, cambia la vita sociale che abbiamo intorno. Cambiano le canzoni, il modo di fare i film, il teatro. C’è un’evoluzione continua. Come ho detto prima, già Pizzul è stato un modernizzatore rispetto a Martellini e Carosio. Oggi abbiamo internet, abbiamo più informazioni a disposizione e per questo ci è richiesto, ad esempio, di conoscere perfettamente i nomi dei calciatori stranieri. Meglio prima o oggi? Difficile stabilirlo. E’ come se mi chiedessi chi è più forte tra Lewis e Bolt o tra Maradona e Messi. Se tutto cambia, è necessario che rimangano d’esempio i punti fermi di eccellente professionalità. Quello che è stato Bruno Pizzul”.

