“Difendi questa umanità, anche restasse un solo uomo”. E’ il passaggio di una vecchia canzone di Roberto Vecchio, quasi un preghiera a conservare tutto ciò che riguarda le emozioni. L’essere umani. O dannatamente umani. Magari anche dentro un mondo che è fatto di performance, estremizzazioni e numeri che devono parlare chiaro e esprimere tutto senza troppa anima in mezzo. Però quelli che l’anima ce l’hanno un modo lo trovano sempre per farla venire fuori e viene da dirlo proprio oggi, mentre Aleix Espargarò, 48 ore dopo aver annunciato il ritiro, sale sul gradino più alto del podio della Sprint di Barcellona, dopo aver conquistato anche la pole e aver dominato il venerdì delle prove.
“Chiamami ancora Amore” – si intitola quella vecchia canzone. E è un po’ anche la promessa a cui Aleix Espargarò ha tenuto fede sempre. Rispondendo, prima di tutto, all’Amore. Quello per le corse, arrivando a dire ieri a Guido Meda in una intervista in cui gli occhi hanno detto più delle parole, una frase che ha suonato più o meno così: “io ho dovuto faticare più degli altri, perché ho meno talento degli altri”. Eccolo, l’Amore con la A grande, la stessa A che poi è il principio di Aprilia. Nel nome e nella sostanza. Ha chiamato ancora Amore le corse e alle corse ha scelto di dire addio quando l’Amore che ha sentito di dover chiamare ancora Amore è stato quello per la famiglia.
Una famiglia che l’ha seguito ovunque, con Espargarò che, fin da quando vinceva quasi niente e di inquadrature ne aveva poche, rischiava di finire identificato come “quello con i figli in braccio e la moglie sempre vicina”. E’ uno che ha bisogno di “chiamare ancora Amore”, Aleix Espargarò, e di sentire sempre Amore. Solo che non se ne vergogna, giustamente, e, anzi, ne fa un segno che lo identifica. Quel segno, nel tempo che uno con meno talento ci mette a far venire fuori i risultati, s’è trasformato in seme. E da seme in frutti che adesso ci sono. E che potrebbero pure finalmente sfamare quella fame che inevitabilmente avrà di vincere tutto quello che non ha vinto in tanti anni. Ma pure la fame è niente davanti all’Amore. Davanti a quell’impulso che è dettato dal cuore prima ancora che dalla testa e dal polso destro.
Selo che chi è abituato a chiamare ancora Amore, a voler dire sempre Amore, non ci sta mica a ruotarlo un po’ di meno adesso che c’è solo da arrivare a fine anno. Anzi, quell’Amore che è fatto della stessa A di Aprilia è diventato il millimetro in più da dare. E pure il ragionamento di uno che di esperienza sotto le ruote ce ne ha messa tanta. “Nei primi giri – ha detto Aleix dopo aver vinto la Sprint – non ho esagerato. Vedevo i tempi degli altri e mi dicevo che con quei ritmi lì non sarebbero riusciti a finire la gara. E’ così che è andata. Mi dispiace, perché magari ho vinto sulle cadute di chi mi stava davanti, ma le corse sono anche saper calcolare cosa succederà fino alla fine”. Fino alla fine, nel caso di Aleix Espargarò, succederà, invece, quello che è successo per tutta la sua carriera e tutta la sua vita, anche dopo che non saranno più la stessa cosa: continuerà a chiamare ancora Amore e a rispondere sempre e solo all’Amore. Come chi continua a “scrivere la vita tra il silenzio e il tuono”.