In Indonesia è il primo pomeriggio di giovedì, in Italia la gente si sta alzando dal letto. Il Team Gresini ha appena annunciato che Marc Marquez correrà con loro il prossimo anno e la sala stampa del circuito di Mandalika sembra un cane a cui hanno messo i pattini alle zampe: agitazione, smarrimento, confusione. Per il motorsport è qualcosa di mai visto prima. Esco per fumare, davanti a me trovo Marc Marquez che rilascia un’intervista, a fianco gli passa Nadia Padovani assieme alla cerchia stretta della Gresini Racing. Si sposteranno tutti assieme per buona parte del weekend. Chiedo un’intervista, qualche retroscena. Cristian Massa, che gestisce la comunicazione del team, in un paio d’ore riesce a farmi avere un appuntamento: venerdì mattina, dopo le prime prove libere. «Dieci minuti ti bastano?», dico di sì, preparo dieci domande, due facciate d’agenda. Passeremo assieme un’ora. Quando entro in uno dei piccoli prefabbricati affidati alle squadre della MotoGP, che di fatto sostituiscono i camion che in Asia non viaggiano, Nadia mi sta aspettando. Carlo Merlini (Direttore Marketing e Commerciale) è al computer, Cristian Massa mi apre la porta e Michele Masini (Team Manager MotoGP) è seduto a leggere messaggi. Capisco che si stanno fidando, che hanno deciso di farmi questo piccolo regalo. Parliamo di Marc Marquez che era inarrivabile, del fatto che chi dice di non volerlo sta mentendo. Spiegano la carica disumana che ti investe quando ti trovi a discutere con lui, le mail di insulti arrivate in azienda dai tifosi di Valentino Rossi. Nadia e Carlo, ma anche Michele, raccontano che hanno imparato a convivere col misticismo: cose impensabili, segni dall’alto, talmente tanti da non poterli ignorare. E l’urna di Fausto in casa, a Faenza, per farsi aiutare nei momenti più duri. La verità è che più questa storia va avanti più è difficile essere razionali. Quando esco da quello stanzino con le pareti in plastica una risposta mi pare di averla trovata: un’amarezza così grande non puoi farla sparire e non puoi scordarla, quello che puoi fare è tentare di pareggiare la sofferenza con la grandezza, con il successo. Puoi lavorare per costruirti un futuro degno di essere vissuto nonostante il dolore. O, almeno, è quello che sta riuscendo a loro.
Nadia, eccoci. Sei la prima donna Team Principal in MotoGP. Vinci al debutto e ti giochi il titolo con Enea Bastianini, ora porti Marc Marquez in un team privato. Come ti senti?
«Non immaginavo che sarebbe arrivato tutto questo. Anche quando abbiamo cominciato con Enea, nel 2022, ho pensato che potesse fare bene ma non a un debutto così. In Qatar ho pensato a un’eccezione, invece poi abbiamo vinto ancora. Con Alex quest’anno abbiamo portato a casa dei podi e una vittoria, anche se è stato molto sfortunato. E poi sbam, questa bomba. Si sono allineati tutti i pianeti, è stata una cosa straordinaria. Mai avremmo pensato di avere con noi un pluricampione del mondo, di-avere-Marc-Marquez».
Sui social qualcuno scrive che non avreste dovuto dargli la moto. Puoi spiegare, come se ad ascoltarti fosse un bambino di cinque anni, perché non si può rinunciare a Marc Marquez?
«Beh, è così. Non si può non prenderlo. Eppure è vero che in tanti ci hanno scritto, sono arrivate anche delle mail in azienda in cui la gente ci ha chiesto per favore di non farlo. Ma perché? A un personaggio del genere, qua dentro, nessuno avrebbe mai detto di no. Poi la gente parla, ma diciamoci la verità: Marc Marquez lo prendi, punto. È un pilota con un talento pazzesco. La grinta che hanno questi piloti, affamati di vittoria, a volte li porta a fare qualche stupidaggine in pista, ma io non faccio distinzioni. Poi ovviamente Valentino Rossi è un mito, un grandissimo, per quanto mi riguarda però Marc Marquez non è da meno. E questo è un treno che passa una volta».
Per portare a termine un’operazione come questa bisogna crederci, avere fortuna, farsi trovare pronti e crederci ancora. Come è andata?
«Noi non abbiamo cercato niente e nessuno, per noi era inarrivabile. È venuto da noi il suo manager. Non è che io ho sono partita tipo: “Aleeex, vai a dire a tuo fratello…” (ride). Ci è successa questa cosa, ma è partita da loro. E io non volevo spezzare l’armonia della squadra. Ma dite qualcosa anche voi ragazzi, datemi una mano su questo».
La Gresini Racing è come una micidiale squadra di rugby
Intervengono i ragazzi. Giro la sedia contro il muro, Nadia e Carlo Merlini da una parte, Cristian Massa e Michele Masini dall’altra. Sono come una squadra di rugby, ma non per il fisico: ognuno è diverso dagli altri, eppure sono fondamentali affinché le cose funzionino. Si aiutano e scherzano tra loro, ma soprattutto sono pronti a combattere.
Michele racconta di quando hanno deciso di aspettare Marc Marquez: «Il mercato è partito quando non eravamo neanche a metà stagione, noi abbiamo avuto la forza di tenere libera una Ducati sulla griglia con l’idea che magari qualche cambiamento dell’ultimo minuto, o qualche malumore, avrebbe potuto giocare a nostro vantaggio».
Ad Assen, giusto?
«Sembrava fossero passate tante gare, ma non eravamo neanche a metà stagione. Poi volvevamo vedere anche la risposta di Diggia per cercare di ottenere buoni risultati con lui, perché alla fine lo abbiamo fatto crescere portandolo fino in MotoGP».
Carlo Merlini: «Aggiungo che secondo me è stato bello vedere che il team non ha avuto paura di pensare in grande. Sai, davanti a una cosa di una magnitudo simile… è come se Messi andasse a giocare al Sassuolo, una cosa del genere. E noi potevamo anche spaventarci, invece secondo me se pensi in grande poi le cose succedono».
I dieci minuti sono finiti. Cristian, con grande mestiere, mi dice che sta arrivando Carmelo Ezpeleta per una riunione e che il tempo è scaduto. In qualche modo però capiamo, o almeno lo capisco io, che è un bel momento, che vale la pena continuare. Dopo un paio d’ore riprendiamo. È arrivata anche Ilenia Valentini, che cura amministrazione e finanza per il team e gira il mondo a fianco di Nadia: «Ti pare che me la perdevo?».
Com’è lavorare con Nadia Padovani?
Risate. Forse dovremmo farla uscire? Ci metti in difficoltà. Altre risate. Comincia a parlare Michele Masini: «Io mi sento veramente orgoglioso. Già lo ero prima, adesso… Nadia ha accettato questa sfida e l’ha fatto dando fiducia alle persone che erano già lì, cosa che non era scontata. Io qui voglio dare tutto, la Gresini Racing la sento mia dal 2008, quando ho iniziato a fare il meccanico, poi il gommista e il coordinatore. Pensare alla line up con cui ci presenteremo l’anno prossimo, al terzo anno da team indipendente reggendoci solo sulle nostre spalle… beh, è una cosa che faccio ancora fatica a credere».
A che ora sei andato a letto il giorno in cui avete ufficializzato il contratto?
«Il problema è che mercoledì sera non ho dormito, zero. Stavo già pensando alle carene speciali, alla presentazione… cose di ogni genere. Non ce l’ho fatta a dormire, ieri invece (il giovedì dell’annuncio, ndr.) sono svenuto sul letto».
Parla Cristian Massa: «Voglio darti una chicca sulla presentazione, ma… Il punto qui è che oltre a tutti i ghirigori - tutto bello e tutto vero - a fare la magia qui sono le sinergie tra di noi. Ci sono grandi aziende in cui il dirigente del marketing è un figlio di puttana, il commerciale un figlio di putt…».
Interviene Carlo Merlini, commerciale della Gresini Racing: «Beh, quello è così ovunque, no?».
Altre risate, poi Cristian riprende: «Una situazione come quella ti porta ad alzare gli scudi e a lavorare per te, qui è tutto il contrario. Se c’è un’idea può anche essere stupida ma non vieni crocifisso. Ognuno ci mette del suo, da lì puoi costruire e si va verso l’alto, non si va indietro. Rispetto ad altre grandi aziende questa ha un bello spirito provinciale, un po’ come il Sassuolo come direbbe Carlo dopo avermi copiato la battuta che avevo fatto ieri. Anche se io al posto di Messi avevo detto Ronaldo».
Ilenia, tu passi le tue giornate con Nadia.
«E sto benissimo. Io e Nadia passiamo moltissimo tempo insieme, non solo alle gare ma anche in azienda. Da tanti anni quando apro il cancello della Gresini Racing mi sento come se andassi a casa mia e questo ti spinge a dare sempre il meglio e a non guardare mai l’orologio, le cose si fanno e si condividono tutti assieme. Questo in qualche modo ti fa sentire parte di qualcosa di importante. Poi sai, parliamo anche tanto dei nostri aspetti personali. E se hai un problema lei lo vede subito dalla faccia e ti chiede cosa è successo».
È brava in questo? Ha occhio per le persone?
«Moltissimo. Sarà che il lavoro che faceva prima (l’infermiera, ndr) l’ha sensibilizzata molto e capisce veramente tutto in un attimo, le basta guardarti negli occhi. Lei in questo è molto sensibile. Io, Nadia, la ringrazio tutti i giorni».
Interviene Nadia: «Poi quando andiamo in giro la gente crede che sia mia figlia…».
Carlo, come stai vivendo questo periodo? Tu sei nelle corse a fianco di Fausto da più di vent'anni.
«Io lavoro nell’azienda dal 2001 con Fausto, Nadia lo sa: viaggiavamo assieme, avevamo un rapporto stretto che più volte ho definito simbiotico, eravamo quasi complementari. Dal 2021 poi… c’è stato tanto coraggio, al confine con l’incoscienza anche, perché anche il passaggio da Aprilia a Ducati non è stato solo un cambio di moto ma una rivoluzione. A Nadia devo fare grandissimi complimenti. Ha cercato di capire se la sua scelta era supportata da tutti i collaboratori stretti, dall’amministrazione al lato sportivo. Oltre al suo coraggio apprezzo il fatto che lei mi lasci lavorare con grande autonomia, chiaramente l’aggiorno sempre su tutto: sponsor nuovi che stanno entrando o altri che magari, e può succedere, possono avere dei piccoli mal di pancia. Considera che nel nostro mondo il programma di marketing pesa il cinquanta percento, poi il resto è passione, senso di appartenenza, come coinvolgiamo e facciamo sentire gli sponsor parte della famiglia».
Il fatto che sia andata così bene da subito con Enea Bastianini vi ha aiutato a credere alla storia con Marc Marquez?
«Quell’anno avevamo messo in piedi tutto, la squadra in Qatar era in pista. Chiaro che partire col botto è stato qualcosa che ha galvanizzato tutti, ma non solo: ti apre a considerare le cose che accadono e a vedere dei messaggi. Io credo in queste cose, ormai non potrei fare altrimenti. Penso alla gara dopo la morte di Kato per esempio, in Sudafrica. Sete Gibernau, che fino a quel giorno era stato un po’ etichettato come il buon pilota che portava un grosso sponsor, Telefonica Movistar, fece pole position e vittoria, per poi cominciare la sua rivalità con Valentino. E poi Michele Pirro a Valencia, nel 2011, quando vinse in Moto2 dopo la scomparsa di Marco Simoncelli».
Michele Masini: «Posso aggiungere una cosa? Forse il risultato di Enea ci ha dato quella carica in più, ma quando siamo partiti già dal 2021 con la squadra e tutto il resto abbiamo parlato chiaro, anche a Ducati: “Guardate, abbiamo vent’anni di corse alle spalle, non veniamo a fare presenza. Siamo il Team Gresini”. Abbiamo costruito una squadra che ha dato l’opportunità ad Enea Bastianini di esplodere, infatti la nostra sfida più grossa è quella di riuscire di andare forte con entrambi i piloti. E poi lo voglio dire anche io, le cose non succedono per caso. Con Enea si è creata una cosa che io avevo già vissuto con il Sic».
Nadia, Fausto e la Gresini Racing che li unisce ogni giorno un po' di più
Parla Nadia: «Ti dirò... Non ero ancora nell’azienda, mio marito era appena deceduto e avevo scritto quelle parole (‘Noi restiamo in pista e dimostreremo al mondo chi è la Gresini Racing’), forse per rabbia, non lo so. Quando l’ho detta - anzi, l’ho fatta dire a un amico perché non ce la facevo - ero in un momento assurdo della mia vita e a mente fredda mi sono spaventata, erano parole pesanti. Ma è andata così, mi sono detta che avevo sparato quella frase e che avrei dovuto onorare la promessa, in modo che nessuno potesse venire a dirmi di aver parlato a vuoto».
Pare che con le corse tu abbia trovato il modo di stare vicino a Fausto, di tenerlo con te. È così?
«Dare queste risposte non è mai troppo comodo, perché uno può crederci o meno e magari vieni scambiato per un fuori di testa. Ma io ti garantisco che quando parlo con Fausto succede qualcosa. Io l’ho voluto tenere con noi, in sala, ci vede e ognuno dei miei figli può andare lì, parlarci, l’ho voluto perché a noi fa stare bene. Nei momenti di difficoltà o di incertezza gli parlo proprio, adesso lo sto dicendo a te, ma prendo l’urna, la tengo lì, capito? Uno può crederci o no, magari sono cose che voglio vedere io, non so cosa ci sia: a me un segno arriva sempre. E a quel punto arrivo in azienda con le idee chiare».
In questo anno e mezzo passato nel paddock hai capito meglio la vita e le scelte di Fausto?
Nadia: «Si, assolutamente. Io ero sua moglie, stavo in famiglia. E magari mentre lui era in azienda preparavo la cena e lui sulle otto telefonava: “stasera torno tardi, non aspettatemi”. E tu sei lì che hai sistemato, preparato tutto, ti ci sei impegnata. Io gli dicevo: “Ma è possibile che non c’è mai una volta in cui riesci a uscire da quell’azienda? Possibile?”. Adesso invece capisco. Nel 2021 prima delle undici, o mezzanotte, io non uscivo da lì. Dovevo capire velocemente come funzionavano le cose. Chiaro che per molte cose ancora non ho il colpo d’occhio, è una grossa azienda. Però è vero, adesso capisco di più Fausto».
Ogni tanto ti viene da ridere a pensarci?
«Sì. Esatto. La differenza è che mio marito arrivava a casa e c’ero io, invece quando faccio degli orari assurdi torno e magari ho le bambine che non hanno ancora mangiato. Poi beh, bambine… una ha 18 anni, a volte vorrei dirle di preparare lei una pasta o cuocere una bistecca. Ora non ho più il tempo di prima, anzi. Ho avuto anche dei problemi all’inizio perché la più piccola ha passato momenti durissimi . E capisco, avevano appena perso il padre e per dei periodi non vedono più neanche la mamma. Ora è più serena, però è tosta».
In questo anno e mezzo ti sei innamorata del mondo delle corse?
«Ma sai, io mi sono messa con Fausto che lui ancora correva. L’ho seguito sempre, tutte le gare, dal giovedì, anche dalla televisione. Poi con me condivideva le cose, assorbivo un po’ di queste storie. E poi, tornando nel mistico, ricordo che quando è morto gli ho chiesto di entrarmi nella testa. Non è uno scherzo. Forse è successo, non lo so. A volte loro mi dicono che sembra di vederlo. È vero che io ci sono stata trent’anni con lui, quindi bene o male è normale che le abitudini, i modi di fare, i pensieri…però sai, io faccio fatica a credere che lui non sia con me».
Il primo incontro con Marc Marquez e la reazione Ducati
C’è chi dice che con l’arrivo di Marc Marquez gli austriaci potrebbero proporvi di vendere, o magari di passare da loro.
Nadia scoppia a ridere: «Ma di cosa stiamo parlando, ma secondo te? A me non è mai venuto nessuno a parlare di queste cose, l’ho letto lì sui giornali e ho detto “oh, ma guarda te!" No, figurati. Poi abbiamo un contratto per due anni con Ducati».
Cristian Massa: «Ma il prezzo è fissato eh, il prezzo c’è: un miliardo di euro. Da dire col dito così, come in Austin Powers». Segue reference.
Michele, hai parlato con Marc? Come è stato, che impressione ti ha fatto?
«Intanto un atleta, un campione del genere, ti dà una carica disumana. Inimmaginabile. È una macchina da guerra, sa quello che vuole e una volta presa la sua decisione ci ha detto le cose chiare subito, dritto al punto. Non abbiamo parlato tantissimo insieme, però c’è già quel feeling che lui voleva e cercava, d’altronde ci ha scelto per dei motivi. Lui è venuto qua ed aveva già bene in mente quello che avrebbe trovato. Penso che suo fratello gli abbia parlato dell’ambiente, del clima. Qui tutte e due le parti vogliono la stessa cosa, e ognuno sa di avere la cosa che manca all’altro. Lui cerca quello che possiamo dargli e noi faremo il massimo per farlo arrivare a Natale con un sorriso enorme, così come è stato per Alex l’anno scorso. Dopo quello faremo un po’ di chilometri, ma se lui si divertirà e stara bene come Alex con il nostro team i risultati arriveranno di sicuro. È chiaro che è tutto sulla carta, ma non vediamo l’ora di trascorrere quei tempi morti nel box, creare quel clima famigliare che ci fa stare bene».
In tutto questo c’è anche Alex, è famiglia davvero. E adesso Julià non deve fare avanti e indietro tra un box e l’altro.
«Mercoledì io sono andato a parlargli. Uno dei tuoi due figli, gli ho detto, sostiene che stai diventando vecchio, che hai problemi alle gambe e che non puoi più fare avanti e indietro da un box all’altro. Allora gli ho detto che potevamo spostarne uno o l’altro, ma dato che Alex è la nostra colonna abbiamo fatto la cosa più facile e preso Marc. Mi ha detto che sono un bastardo (ride, ndr.)».
I signori di Ducati cosa dicono? Vi hanno fatto i complimenti, sono preoccupati?
«Hanno rispettato il nostro contratto: Nadia paga le moto e ha la libertà di scegliere i piloti. È chiaro che si tratta di un evento unico ed eccezionale, quindi ci hanno fatto anche i complimenti, perché parliamoci chiaro: chi è che non la vorrebbe fare un’operazione come questa? Chi dice che non la farebbe sta mentendo».
Gigi Dall’Igna sembra estremamente soddisfatto.
«Il suo successo è dovuto alle sue scelte. Se le scelte portano alla massima performance lui le percorre. Se noi troviamo quella spugna da mettere sulla sella che offre un po’ di grip in più lui la prende, vuole capire tutto, migliorare sempre. Ed è come parlare con la persona più appassionata del paddock».
È un Marc Marquez che non guida.
«Sì».
Nel caso in cui Marc dovesse vincere un titolo con voi potrebbe anche non essere un dramma per Ducati: possono dire che la casa più importante al mondo non è stata in grado di far vincere un fenomeno, mentre voi ci siete riusciti con la moto dell'anno prima.
«Marc ha fatto una scelta molto difficile, è chiaro che passare in un team indipendente lo è stato. Ma lo è stato anche per noi in un certo senso, perché gestire un pilota come lui non è scontato per nessuno. Abbiamo sempre fatto un passo alla volta, questo non è esattamente piccolo ma con tutto quello che ci è capitato - soprattutto nel 2021, tutto l’anno - secondo me possiamo andare oltre a qualsiasi ostacolo».
Chi è Nadia Padovani?
«Una mamma. Normale, sono veramente una persona umile, sincera…».
«Diretta», dicono in due. «Con le palle», aggiunge un altro. «È molto coraggiosa», subito dopo. E poi: «Sta facendo parlare i fatti prima di sé stessa». Riprende Nadia, divertita e un po' imbarazzata: «Beh, sì, esatto. Ma la verità è che a me non piace espormi troppo o essere al centro dell’attenzione. Quando mio marito era manager non sapevate nemmeno chi fossi, non ho mai fatto la sfilata nel paddock».
Michele Masini: «Per me la Nadia era la festa in piscina, che tutti aspettavano luglio e agosto per le feste a casa di Fausto».
Nadia Padovani: «A me di apparire non è mai importato e potevo farlo. Ma io sto bene così, anche i miei figli sono così. E Fausto era così».