"Se la Roma chiama devo rispondere di sì, non sono qui per soldi, mai, ma per la maglia”. Tengo a precisare che chi vi scrive è tutt'altro che romanista, e vivendo a Roma, e conoscendo bene il tifo giallorosso, preferirebbe essere tifoso di Harvey Weinstein. Però la magia delle dichiarazioni di Claudio Ranieri non può essere ignorata. Perché rimanda ad un calcio che è poesia, pura poesia. Ranieri è ancora una volta il nuovo allenatore della Roma, al suo terzo mandato, più di Sergio Mattarella, più di Donald Trump, ma meno di Vladimir Putin, ovviamente. La frase d'apertura la disse in occasione del secondo, quando arrivò dopo Eusebio Di Francesco, con già nel curriculum l'avventura trionfale di Leicester, altro racconto unto di poesia sino all'anima. Ecco, l'anima. Ranieri ce l'ha, e anche grossa, sapida, ingombrante.
Tutto il contrario di questi "yankees" dei Friedkin che a malapena conoscono il fuorigioco e sono abituati a sport nei quali la Serie B non esiste, e ci si scontra sempre con gli stessi. Cari signori, che acquistate squadre di calcio come figurine, trattate professionisti come pupazzi da ventriloquo, e siete presenti come la neve a Dubai, ed in effetti ultimamente anche meno, lasciateci perdere, andatevene, e lasciateci Aurelio De Laurentiis, che nonostante tutti i difetti ancora si scusa con i suoi tifosi quando salta una partita allo stadio. Occupatevi di ciò che sapete fare, che non so bene cosa sia, ma senz'altro non ha un'anima. Né poesia.