Una questione di scelte. Provare a vincere un titolo approfittando di un vantaggio ingiusto, oppure rinunciare all’occasione perché no, non è così che si fa. È esattamente ciò che ha fatto sabato a Vercelli Emilia Rossatti, spadista ferrarese classe 2001, nella finale per l’oro ai campionati italiani di scherma Under 23. Di fronte a lei Gaia Traditi, romana, classe 2000: a 17 secondi dalla fine, in vantaggio 12-9, Traditi cade e si infortuna. Quando si rialza, zoppica. Rossatti potrebbe assaltare e vincere il titolo: il tempo è sufficiente per recuperare tre stoccate a una rivale rimessa in piedi a fatica. Invece indietreggia, evita di tirare, lascia scorrere il tempo. Perde. Ma vince.
Vince perché ci sono le telecamere della Federscherma a riprendere la gara e il suo gesto di fair play, che altrimenti sarebbe rimasto confinato al pubblico dei campionati (che le ha tributato una standing ovation), fa il giro d’Italia. “A essere sincera non mi aspettavo tutta questa visibilità”, racconta oggi Rossatti a MOW, in qualche modo stupita dal clamore mediatico del suo gesto di sportività. Un gesto nobile, d’altri tempi: “L’ho fatto col cuore, era la cosa giusta. Ma probabilmente nello sport che conosciamo oggi prevalgono competitività e desiderio di primeggiare, ci si è dimenticati dei principi fondamentali”.
Rewind: il tempo della finale si ferma quando, dopo un tentativo di stoccata di Rossatti, nel frattempo già ritrattasi, a Traditi si storce la caviglia dopo un passo indietro. Rovina a terra, grida. “Quando l’ho vista cadere e l’ho sentita urlare dal dolore mi sono sinceramente preoccupata. Ho capito che non era una cosa da poco. A quel punto, ci sono stati cinque minuti di stop per permettere ai medici di soccorrere Gaia, ma vedevo che continuava a stare male. Ne ho parlato con Riccardo Schiavina, il mio allenatore. Abbiamo deciso di non tirare alla ripresa”. Detto, fatto, tra gli applausi del pubblico e l’incredulità della avversaria, che al termine l’ha abbracciata piangendo, e ha continuato a farlo, piangere e ringraziarla, anche sul podio e nelle interviste finali (“Non conta la vittoria, ma l’amicizia, e lei l’ha dimostrata nei miei confronti, quel gesto è stata la cosa più importante”, le parole singhiozzanti di Traditi).
Per Rossatti, quel gesto nobile era solo normalità, nulla più: “Non mi sono resa conto del portato simbolico di quella scelta, per me era semplicemente una cosa che andava fatta così. L’ho realizzato solamente più tardi, con la commozione di Gaia e guardando poi le immagini. Sono molto belle, le ho riviste più volte: mi emozionano. Danno il senso di ciò che dovrebbe essere lo sport”. Tanto per ribadirlo: tra il fair play e la scelta di assaltare ugualmente, passavano la possibilità di vincere un titolo italiano e ottenere la qualificazione diretta per i prossimi Europei di Budapest.
Tesserata per l’Accademia scherma Bernardi, già campionessa Allievi e bronzo europeo Under 17, Rossatti studia Biotecnologie per la medicina traslazionale all’Università di Ferrara e viene da una famiglia di sportivi. Nonno Giorgio è stato presidente della Spal negli anni Ottanta e papà Bruno del club biancoazzurro è stato portiere e preparatore dei portieri (“la passione per lo sport me l’ha trasmessa lui”), ma è stata la mamma a portarla per prima in palestra: “Accadde per caso. Avevamo un amico che praticava scherma, mi portò a vederlo tirare. Quel giorno stesso ho capito che era il mio sport. E magari sabato ho anche aiutato questo sport ad avere più visibilità e a mostrarsi per quello che è e i valori che trasmette”. Di sicuro ci ha mostrato che il fair play, in qualche palazzetto dello sport lontano, ancora esiste.