“Ma perché pagare OnlyFans quando puoi avere un CiaoFans?”, si chiede Sofia Goggia. Ce lo domandiamo in tanti. #CiaoFans – ovvero motto inventato da Sofia, ormai un intercalare posto alla fine di qualsiasi discorso, annuncio, commento che l’atleta italiana rivolge ai suoi sostenitori su Instagram. Sofia Goggia è straripante; quando parla, quando gesticola, quando divora la pista con un paio di sci ai piedi. Eppure la sua personalità è tutta racchiusa in quella frase. Potente, tagliente, vivace, ironica, coraggiosa. Coraggiosissima.
Venerdì mattina sulla Corviglia di St.Moritz nuvole basse e neve fitta. Sofia Goggia è ferma al cancelletto. Indossa il pettorale rosso, quello di chi è in testa alla Coppa del Mondo di discesa libera. La sua gara sembra non cominciare mai. Un addetto alla sicurezza, nel tentativo di pulire la pista tra un passaggio e l’altro, è scivolato procurandosi – da ciò che si intravede – una brutta distorsione al ginocchio. Sofia attende circa sette minuti prima che lo steward venga spostato in un luogo più sicuro. Intanto la neve cade, ricopre inesorabilmente qualsiasi ostacolo colga sul suo cammino. Sette minuti sono un’eternità, dopodichè Sofia parte. La pista è oggettivamente più lenta. Oddio, per Sofia non sembra cambiare molto. Al traguardo è seconda, a tre decimi da Elena Curtoni, connazionale e amica. Qualcosa, tuttavia, pare essere fuori posto. Goggia si sfila la maschera e in diretta tv scuote gli spettatori con una frase decisa, sicura, perentoria, glaciale, indirizzata al suo team: “Ho rotto la mano”.
Secondo e terzo metacarpo. Sofia Goggia non mente. La radiografia nemmeno. La frattura è da imputare al violento impatto con un paletto. O allo scontro ad alta velocità, in piega, con un gomitolo di ghiaccio. Forse alla somma di entrambe le cose. La trentenne di Bergamo, comunque sia, decide di operarsi. “Sono in macchina con Panzeri, il mio medico. Andiamo alla Madonnina di Milano, facciamo l’intervento e domattina, se tutto va bene, alle ore 10:30 ci vediamo al cancelletto”. Come se fosse un qualunque venerdì meneghino di shopping natalizio.
Sabato mattina sulla Corviglia di St. Moritz sole e cielo terso. Sofia c’è. Ha il pettorale numero nove, sempre rosso. Ha anche la mano sinistra fasciata, tenuta insieme da una placca, alcune viti, qualche punto di sutura. Attorno al tutore la pelle è gonfia e bluastra, il freddo pungente mette a dura prova le ferite, ancora permeabili al sangue. Il guanto sinistro di Sofia è uncinato al bastoncino con un ingegnoso, efficace accrocco. Un groviglio di scotch, insomma. Ma questi sono dettagli. Sofia Goggia scatta, si stringe a uovo. Spalle e sguardo proiettati verso il Casino, le spa, i ristoranti gourmet e tutti gli edifici più glamour dell’Engadina. Composta, aggraziata. Gli sci delle avversarie a confronto sembrano cavalli imbizzarriti che gareggiano sul lago ghiacciato. La neve e Sofia si cullano a vicenda, galleggiano l’una sull’altra. Il cronometro non tradisce mai; può essere amico o nemico, dolce o burbero, ma resta un riferimento leale, fedele: primo tempo per Sofia Goggia e quattro decimi di vantaggio sulla concorrenza. Vittoria. La ventesima in carriera. Significa parità con Federica Brignone. Come loro, ad oggi, nessun’altra sciatrice azzurra.
“Quando nella ricognizione ho capito che potevo sciare mi sono convinta che oggi, al cancelletto, non ci sarebbe stata nessuna ragazza più felice di me” – confessa infatti Sofia, che tratteggia le sue emozioni con una punta grintosa di accento bergamasco, smussata candidamente dalla “erre” francese. “Ho corso alle Olimpiadi di Pechino con una gamba sola, una mano fratturata cosa vuoi che sia”. Nella portentosa saldezza caratteriale di Sofia Goggia c’è anche tanta sensibilità. Non smette mai di ringraziare il suo team, coloro che hanno reso possibile la magica follia Milano–St. Moritz contro il tempo. “Con un occhio che balla costantemente sul tic”, si direbbe in Vacanze di Natale. Parla spesso alla prima persona plurale, Sofia, che abbraccia teneramente e a ripetizione il medico Andrea Panzeri. Poi è il turno degli affetti, di quella Bergamo Alta che porta stilizzata sul retro del casco, dell’immancabile saluto ai Fans.
Sofia trasmette entusiasmo, infonde energia, coraggio, speranza. Da lei ci si può aspettare di tutto, anche l’improbabile, persino l’impossibile. In pista, nelle espressioni incattivite al cancelletto di partenza, davanti ai microfoni, mentre canta Mameli con orgoglio. Svegliarsi al mattino per guardare una gara di Sofia Goggia significa continuare a sognare, prolungare l’estasi. Vuol dire cominciare la giornata con inevitabile coinvolgimento emotivo, spesso con un sorriso. #CiaoFans. Il Buongiorno, la sveglia, di Sofia Goggia. È gratis.