Ne vale la pena? È questa, sostanzialmente, la domanda che Marc Marquez si è fatto più spesso nell’ultimo anno. Infortuni, operazioni, diplopia, avversari. La domanda, in parte, ha ricevuto una risposta nelle ultime gare dell’anno, quando lo spagnolo è tornato ad andare in moto e l'ha fatto coi risultati. Non come prima, perché come prima non sarà mai, ma non così male da convincerlo a smettere. Guida diversamente, ma nonostante gli anni che passano ha ancora quella fame che nei momenti più duri ti porta a strisciare nella ghiaia come un invertebrato. “Il mio primo ricordo è una caduta”, racconta Marc in una delle tante battute che scorrono via veloci nel teaser di ALL IN, il documentario prodotto da Amazon Prime Video su quest’anno di Marc, in arrivo a febbraio in 200 paesi tra cui il nostro. Saranno cinque puntate, ore di girato.
Se Marc Marquez ha deciso di raccontare questa storia e di farlo adesso è perché, trasferendosi a Madrid, ha realizzato di non avere, fuori dai circuiti, un nome che contasse almeno la metà dei colleghi che non hanno vinto nulla. Qualcuno racconta addirittura di un episodio in cui, in giro con un altro pilota, quello che veniva fermato per foto, autografi e saluti personalizzati era l’altro. Ssaranno chiacchiere da parrucchieri, ma resta il fatto che Marc ha licenziato lo storico manager Emilio Alzamora per un uomo, Jaime Martinez, più forte in quello che gli americani chiamano personal branding. Il fatto che di Marquez si parlerà presto in tutto il mondo, magari anche tra chi le moto non le ha mai seguite, è un bel regalo a Dorna, così come allo sport e a chi come noi ne scrive. Perché a giudicare dal teaser con cui lo stesso Marc ha presentato il documentario di notizie e retroscena ce ne sono per riempire le pagine di un settimanale. La prima, su di un jet privato: “Io voglio trovare una strada, se non è con voi (con Honda, ndr.) vado a cercarmene un’altra”. Quindi si, Marc ha dato un ultimatum ai giapponesi. E poi il rapporto col padre che lo segue ovunque, la villa presa a Madrid, la riabilitazione per la diplopia, il pianto con dietro i sei trofei dei mondiali vinti in MotoGP. Marquez dice anche quello che Valentino Rossi ha sempre detto di lui ma mai di sé stesso: “Come pilota, in pista, mi considero un bastardo”.
Ecco, a Valentino di celebrarsi è sempre importato meno, forse perché è da una vita che ci pensano gli altri o magari perché, per non annegare nell’autocompiacimento, non puoi ascoltare chi ti celebra come un dio. Marc Marquez quel problema non ce l’ha, non al momento almeno. Ma se Valentino Rossi si prendesse uno, magari anche due anni per quel film che già decine di produttori gli avranno proposto, di certo ne uscirebbe fuori un classico. Chissà se vedere il documentario di Marc - o sapere che l’ha fatto, se non vorrà dedicargli tre ore e mezza - gli restituisca un po’ quella competizione feroce che spinge i piloti a fare meglio. Anche se soltanto per il grande pubblico.