Domenica è la giornata più importante nella storia dello sport italiano. Non era mai successo che l’Italia avesse la possibilità di alzare due coppe di così grande prestigio come gli Europei con la Nazionale di Roberto Mancini e Wimbledon con lo splendido Matteo Berrettini. C’è da conquistare Londra e tingerla di Azzurro. È stata una cavalcata e una sofferenza tutta italiana. Berrettini ha visto gli altri azzurri uscire ai primi turni, uno dopo l'altro, e si è trovato solo, in un girone alla sua portata sotto il peso di un match più duro dell'altro. La Nazionale si è invece ritrovata compatta, ha sofferto contro il Belgio, avuto paura durante i rigori con la Spagna, e adesso, per entrambi, resta solo una finale da vincere. A Londra.
La colonna sonora dell’Italia la suonano i tifosi. Riti scaramantici, trombette e urla. L’Italia dello sport è più sacra del Natale. Quando gioca non vengono celebrati matrimoni, figuriamoci le cene con la fidanzata. Ma loro lo capiscono e guardano il calcio insieme a noi. E va bene così. I messaggi con la famiglia, gli amici e i colleghi sono sempre quelli: “Mi raccomando vestiamoci uguale a sempre”, “mi siedo al solito posto”, “prendo la stessa pizza”. Fino al calcio d’inizio saremo noi a spingere la Nazionale di Roberto Mancini. Tutti di un solo colore, tutti abbracciati. Ognuno si sente in dovere di fare la sua parte, non si sa mai… sai se si perdesse perché l’ho vista da un’altra parte? Non ci pensiamo.
Poi calerà il silenzio, uniti a guardare uno schermo per novanta minuti, forse centoventi, forse di più. Da Nord a Sud non volerà una parola, le energie non vanno sprecate inutilmente. Il calcio è solo un gioco, ma non per noi.
In Inghilterra festeggiano da settimane, gli Europei li hanno vinti a giugno. Noi no. Concentriamo le energie positive, le good vibes, per sputarle fuori al momento opportuno. Loro stanno a digiuno da una vita, ma si nutrono di aria fritta. Noi no.
Gli inglesi sono convinti che entrare dentro un Wembley strapieno ci faccia paura. Neanche per sogno, non vediamo l’ora. Giochiamo contro i Peaky Blinders? Bene, noi siamo i gladiatori. Vincendo nella Fossa dei Leoni ammutoliremo gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli spagnoli, tutti.
L’entusiasmo è ai massimi storici, non si respirava da quindici anni. Roberto Mancini ha fatto un miracolo, ci ha insegnato nuovamente che sognare si può. Il futuro della nostra Nazionale è limpido, è Azzurro. La vittoria ai Mondiali fu la fine di un ciclo, questa sarà l’inizio. Le mani di Donnarumma, la sua fortezza protetta da Bonucci e Chiellini. Jorginho, Verratti e Barella che studiano le geometrie e quei tre davanti che sono demoni del gol. L’Inghilterra ha i campioni della Premier League. Ma noi siamo quelli che chiamano quando devono vincere (Vialli, Zola, Sarri con il Chelsea; Mancini col City, Ancellotti, Ranieri...).
La storia che Matteo Berrettini avrà portato in pista solo poche ore prima, quando sotto il cielo del Centrale di Londra farà qualcosa che nessun italiano ha mai fatto prima di lui: giocherà una finale a Wimbledon. Il torneo per eccellenza, terra sacra di ogni dritto e rovescio, che vive nella tradizione di completini bianchi, di un trofeo che chi lo alza, almeno una volta nella vita, da Wimbledon non se ne va più.
Per lui l'impresa è quasi impossibile perché dall'altra parte del campo ci sarà il 19 volte vincitore di uno Slam Novak Đoković. Lui no, che non è a digiuno da una vita. Serbo di ghiaccio, infallibile nella tecnica e mosso da talento, costanza ed esperienza. Ma Matteo ha il cuore delle grandi imprese, delle cose che non ti aspetti, e ha noi. Pronti a trattenere il fiato per tre, quattro, cinque, sei set. Noi che siamo pronti.
Siam pronti alla morte l’Italia chiamò. Forza Azzurri e forza Matteo. Forza noi.