I creditori agguerriti da una parte, KTM con i suoi proclami alla “andrà tutto bene” dall’altra e, nel mezzo, Peter Vogl, il curatore fallimentare che oggi ha relazionato sul piano di ristrutturazione proprio nel corso della primissima (e attesissima) assemblea dei creditori. Come è andata? Male, decisamente male se si guarda un po’ più in là di un mero (per quanto lunghissimo) verbale già disponibile online. Bene, invece, se tutto quello che interessa sono le corse e in particolare la MotoGP. Insomma, questione di priorità. E c’è da andare (moralmente) per ordine. Perché su un punto e solo su uno – come si legge in un passaggio che forse non ha trovato la giusta attenzione - i creditori e KTM hanno detto la stessa identica cosa: il lavoro in Europa, e in particolare in Austria, costa troppo. In qualunque modo si andrà avanti, quindi, non ci sarà prospettiva alcuna per centinaia e centinaia di lavoratori, visto che quell’affermazione tradotta dal linguaggio dei grandi manager significa una cosa sola: delocalizzare come se non ci fosse un domani. L’articolo, sia perdonata la divagazione personale, potrebbe anche finire qui, perché davanti a questo c’è poco davvero da aggiungere se non che tutti, ma tutti davvero, dovrebbero interrogarsi sulla piega che sta prendendo l’industria, tra difficoltà oggettive (e innegabili) e soluzioni fin troppo facilone (non facili, ma facilone: prendere e andare via).
Fare cronaca, però, significa raccontare tutto. Anche di quelle corse di cui raccontiamo sempre e che in una vicenda come quella della crisi di KTM avrebbero dovuto forse passare in secondo piano. Che poi è ciò che i creditori di KTM hanno chiesto anche oggi, proponendo di lasciare non la MotoGP (come hanno scritto molti), ma il Motomondiale per quanto riguarda le categorie Moto2 e Moto3. E’ solo il passaggio di una assemblea che, almeno all’inizio, è servita per capire meglio come Stefan Pierer e il suo Gruppo possano essere arrivati a un debito da quasi tre miliardi di Euro. Al tribunale di Ried im Innkreis, dove si è svolta l’assemblea, è infatti emerso un quadro piuttosto fosco: investimenti folli finanziati a suon di debito che hanno gonfiato le passività dell’azienda, mentre i costi di produzione, energia e salari schizzavano alle stelle. La ricetta per il disastro s’è poi fatta perfetta con il mix letale di elettrico e demagogia che rischia di costare il fiato pure a molti colossi dell’automotive. Il resto lo ha fatto il calo della domanda che ha seguito il boom del post-pandemia: l’azienda non è riuscita a tenere il passo, accumulando un surplus di oltre 100.000 motociclette e 30.000 (costosissime) biciclette elettriche invendute che ha messo a dura prova la liquidità dell’azienda e di circa sessanta altre realtà che gravitavano e gravitano nell’orbita di KTM.
Eppure, non tutto è perduto. Un barlume di speranza si è fatto strada attraverso la nebbia: la possibilità di un salvataggio finanziario fino a 700 milioni di euro, proveniente da investitori pronti a scommettere su KTM, che si aggiunge alla possibilità di coprire in breve termine almeno un 30% dei debiti. Questo capitale, gestito dalla casa madre Pierer Mobility, potrebbe essere la chiave per rimettere la nave in acque meno agitate. Tanto che il tribunale ha deciso di concedere a KTM il regime di autoamministrazione, permettendo così di continuare a operare mentre cerca di risolvere i propri guai. Ma le misure che si profilano all’orizzonte non sono certo rassicuranti. I licenziamenti previsti sono stati ridotti sì da 500 a meno di 300, ma si sta seriamente valutando di delocalizzare il più possibile e si sta procedendo alla vendita di beni ora definiti non essenziali. Ma la vera bomba è l’ipotesi di ritirarsi dalle categorie Moto2 e Moto3 del Campionato Mondiale di Motociclismo. Complessivamente, essere nel Motomondiale costa a KTM 100 milioni di Euro e chiaramente i creditori chiedono almeno di ridurre la spesa in maniera significativa.
Dalla sua, KTM ha cercato di rassicurare tutti con un comunicato dal titolo “Superare le avversità: KTM traccia il suo percorso verso il futuro e verso ulteriori vittorie”. Parole forti, che ribadiscono l’impegno del marchio nelle competizioni. Il motto “Ready to Race” non è solo uno slogan, ripetono, ma un mantra che guida ogni scelta, anche in tempi difficili. E i numeri parlano chiaro: nel 2024, KTM ha collezionato 246 podi e 150 vittorie, aggiudicandosi 11 titoli mondiali. Oltre a tutto quello che KTM ha significato (e questo bisogna riconoscerlo) per ogni giovane pilota che s’è affacciato al mondiale. Nonostante la richiesta dei creditori e le voci di un possibile ritiro, quindi, KTM non sembra voler mollare la presa sulle corse, almeno nel breve termine. La sfida sarà quella di trovare il giusto equilibrio tra sostenibilità economica e passione: un equilibrio che potrebbe definire il destino di KTM. “Non smetteremo di accelerare”, recita il comunicato nel finale.