Cristiano Ronaldo ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Champions, campionati e palloni d’oro. Addirittura ha portato sul tetto d’Europa il Portogallo. Cristiano Ronaldo si muove soltanto per alzare la coppa più importante che c’è. Quella dalle Grandi Orecchie. Tutto il resto è secondario. Ed è proprio questo suo Dna vincente che ha fatto sì che CR7 diventasse un’azienda, un marchio, un qualcosa che sposta l’economia di una squadra. Ed è proprio quando arrivò alla Juventus che tutti si aspettavano, quantomeno, una finale europea e invece il punto più alto toccato è stato l’aver perso un’egemonia che durava da dieci anni.
La verità è che da quando Cristiano Ronaldo è arrivato a Torino non gli è mai stata costruita intorno una squadra decente. Uno che ha vinto tre Champions League di fila e giocava accanto alla coppia Modric/Kroos non può essere servito da Bentancur, Ramsey, Arthur e McKennie. La Juve, o Djuve come direbbe il portoghese, è riuscita a fare e disfare tutto quello che aveva costruito con Massimiliano Allegri e Beppe Marotta. È giusto andare anche oltre la propria potenza economica per un calciatore come Cristiano Ronaldo? Certo che sì, ma forse qualcuno ha peccato di saccenteria e costruito intorno a lui una squadra al limite della decenza. Non solo dal punto di vista tecnico e qualitativo, ma anche da quello caratteriale. Troppi bambini e poca gente con le palle quadre, troppi talenti e poche sicurezze. E poi il danno più grave di tutti. Mandare via i deus ex-machina del dominio bianconero. Perché il gap-emozionale dei calciatori in campo veniva compensato dalla personalità dell’allenatore livornese e l’addio di Marotta con la promozione di Paratici ha trasformato un mercato fatto di ottimi acquisti a parametro zero (Pogba e Tevez su tutti) in una campagna trasferimenti simile a Fifa, per soldi e speranze di crescita improvvisa. E non è un caso che l’Inter in due anni e con Marotta al comando sia passata da terza/quarta/quinta squadra del campionato a campione d’Italia.
Dal canto suo, il portoghese non è che sia stato l’esempio emblematico di uomo-spogliatoio. Anche se storicamente questa non è una sua caratteristica a lui affine, l’impressione è che l’amore tra il “Siuuum” e i bianconeri non sia mai sbocciato profondamente. Maglie tolte e tirate in terra, musi lunghi dopo una sostituzione, malumori continui. In tre anni forse avrà imparato quattro parole in italiano (e siamo larghi), foto sporadiche di lui con la maglia della Juventus nei social, mai un commento positivo sulla squadra e la sua smodata ricerca dell’individualità rispetto al concetto di squadra. Per Cristiano Ronaldo la Juventus è stato un mezzo per provare a rivincere quell’agognata Champions League, una vera ossessione. Non l’ha mai presa per mano e accompagnata. Ha sempre preteso e dato poco, anche se il suo, in parte, lo ha fatto. Non avrà vinto chissà quanti trofei, ma almeno 30 gol a stagione li ha sempre garantiti. Ma uno come lui non può dire di essere soddisfatto per le reti segnate.
È giusto quindi che Ronaldo vada via dalla Juventus? Sì. Perché in questo momento la Juventus non può garantire di andare oltre i quarti di Champions League e una persona come lui che vede le altre squadre rinforzarsi in maniera anche eccessiva, beh se non si sente male prima non vede l’ora di andare via. Il PSG ha comprato Donnarumma, Sergio Ramos e Leo Messi, il Chelsea Romelu Lukaku, il Manchester United Raphael Varane e Jadon Sancho, il Real Madrid Kylian Mbappè e la Juventus? Con tutto il rispetto per il ragazzo… Manuel Locatelli. Beh non ci siamo proprio. E infatti non appena c’è stata la mezza notizia di un possibile trasferimento ai Citizens di Guardiola o il ritorno sponda Red Devils beh l’agente Jorge Mendes non ha esitato a volare a Torino per trattare la cessione. Lasciare la propria squadra è un gesto poco elegante, imbarazzante e scorretto, ma il calcio di oggi funziona così e alzi la mano chi non lo avrebbe mai fatto. A Torino già si borbotta che Cr7 è un bollito, che è vecchio e la sua partenza libererà spazio per acquisti più giovani e di qualità. Tutte cavolate. È come spruzzare un po’ di profumo su una colossale figuraccia di color marrone. Perché anche se si parla di un 38enne è pur sempre un marchio, è pur sempre un’azienda, stiamo pur sempre parlando di Cristiano Ronaldo e Manchester… ti aspecta.