Dal paradiso all’inferno in poco meno di due giorni. L’amara sconfitta in semifinale di Nations League contro la Spagna non è niente in confronto a quello che è successo allo staff tecnico della Nazionale. L’inchiesta Pandora Papers, che indaga sui conti offshore, ha coinvolto Roberto Mancini e il capo delegazione dell’Italia agli ultimi Europei Gianluca Vialli. Secondo l’Espresso, infatti, i nomi dei due comparivano negli archivi segreti e indicati nei documenti come proprietari di alcune società con base nei paradisi fiscali. Il “Mancio”, infatti, sembrerebbe essere azionista della Bastian Asset Holdings, società con sede nelle isole Vergini e proprietaria di un aereo, l’ex capitano della Juventus invece con la sua “Crewborne Holding” avrebbe gestito una serie di finanziamenti verso alcun società italiane. “I gemelli del gol” erano quindi pronti a aderire allo scudo fiscale per regolarizzare la loro posizione di fronte all'Erario. Tra le varie operazioni che Gianluca Vialli avrebbe compiuto anche un tentativo di acquisto della Sampdoria e un investimento nel fondo chiuso "BC European Capital VIII", gestito dalla BC Partners di Londra, per rilevare una quota dell'Inter dai cinesi di Suning. Ma i problemi del Mancio non finiscono qui.
Perchè la sconfitta dell’Italia contro la Spagna era piuttosto scontata. Ovviamente nessuno ci sperava ed è innegabile che portarsi a casa anche la coppa della Nations League era il coronamento di uno dei cicli più belli (e vincenti della storia degli Azzurri). Il problema però è che le sensazioni viste nelle tre partite dopo la vittoria finale avevano mostrato sul campo un’Italia stanca, senza stimoli, moscia. L’uno a due di San Siro è il risultato di quello che ci aspettavamo. Un’occasione come quella di Insigne tre mesi fa sarebbe stata una rete sicura, Bonucci non avrebbe mai potuto prendere due gialli del genere durante la scorsa semifinale, Mancini avrebbe messo la formazione giusta. Ma tutto questo non è sbagliato, è capibile.
Il calo è fisiologico. Questa Italia c’ha fatto sognare, grazie a lei siamo tornati a stringerci durante l’inno, a piangere. I ragazzi di Roberto Mancini hanno stabilito il record di vittorie consecutive (37), hanno vinto un Europeo. Tutto questo dopo quindici anni tragici, culminati con l’esclusione clamorosa ai Mondiali. Ma cosa vogliamo pretendere? Fino a due anni fa pareggiavamo in casa con la Svezia oppure eravamo contenti per un pareggio in Olanda. La Spagna era superiore per singoli? Forse no, ma aveva molti più stimoli di noi. Aveva una rosa giovane e motivata che probabilmente inizierà un nuovo ciclo. Hanno resettato il loro sistema, noi lo abbiamo fatto due anni fa e siamo saliti sul tetto d’Europa. Perdere questa partita non solo non cancella l’eccellente lavoro fatto da Mancini, ma ci ha fatto tornare per terra. Non siamo imbattibili, non siamo il Brasile di Pelè. Abbiamo delle debolezze e dobbiamo lavorare su quelle. E poi parliamoci chiaro, la competizione che conta arriverà tra due anni.
Perché il Mondiale in Qatar è dietro l’angolo e, oltre al blocco-Europeo, l’Italia ha almeno cinque scelte di rilievo per ogni reparto. Chiaramente ha bisogno di qualche aggiustata, qualcuno si è trovato al posto giusto e al momento giusto. Ma non sarà una dolorosa distorsione a fermare la corsa dell’Italia alla conquista della coppa del Mondo. Perdere questa partita ci fa credere ancora di più in questa squadra. Con un secco, meritato e devastante uno a due in casa i ragazzi hanno capito di essere “normali”, nessuno è più forte dell’altro. Soltanto uniti si vince proprio come abbiamo fatto a Wembley. Solo così possiamo confermare che siamo i più, che ci rialziamo dopo la sconfitta contro la nostra cugina più ricca, brava e bella Spagna. San Siro è stato teatro della nostra parentesi più dolorosa ed è stato luogo della prima delusione targata Mancini. Ma come ci ha fatto rinascere, torneremo a esultare di nuovo. Insieme, al Mondiale.