Il direttore del Reparto Corse Ducati, Gigi Dall’Igna può dirsi soddisfatto della stagione di MotoGP appena terminata con la casa motociclistica italiana che si è aggiudicata il Mondiale Costruttori, ennesima conferma dell’ottimo lavoro svolto dal suo team: “È facile immaginare la differenza di sensazioni tra la fine dell’anno passato e l’epilogo di questo, a parità di Mondiali costruttori vinti. L’anno scorso tutti ci criticarono per le scelte legate ai nostri piloti, oggi è tutto molto differente, e questo mi rende felice. Perché il 2021 era iniziato con qualche preoccupazione, ma è finito bene. E questo titolo costruttori è stato differente, dopo un campionato più solido: abbiamo lavorato tutti bene, tecnici e soprattutto i piloti. Sono soddisfatto”.
Per quanto riguarda le delusioni invece: “La parte finale del campionato ha detto in modo evidente che questo Mondiale piloti lo avremmo potuto vincere. Il nostro pilota è stato molto, molto forte. Il problema è stato a inizio stagione, quando non avevamo un’idea chiara del nostro potenziale. E nel corso dell’annata sono accadute cose che ci hanno impedito di vincere il titolo”. per poi spiegare cosa non abbia funzionato all'inizio: “Quando si apre un nuovo ciclo, ci sono inevitabilmente dei dubbi, è normale. Siamo umani. Ma questi dubbi, se devi condurre un gruppo di persone, li devi tenere sotto controllo, non puoi mostrare le tue preoccupazioni”.
Il fatto che la Ducati abbia vinto per prima volta gare con tre piloti differenti è significativo: “È davvero importante, perché il mio obiettivo è sempre quello di avere una moto competitiva e non con un pilota soltanto”. Quello che poi di fatto era il punto debole della Ducati: “Però in passato abbiamo vinto con numerosi piloti: Petrucci, Dovizioso, Lorenzo, lo stesso Iannone. Molti piloti differenti con stili differenti. La mia filosofia è sempre stata quella di non seguire un solo uomo, in modo che quando risolvi un problema, la soluzione sarà utile per tutti, non per uno soltanto”.
Sull’evoluzione di Bagnaia durante l’anno dice: “La definirei incredibile. Non ha smesso di crescere non soltanto nel corso del 2021, ma in tutto il periodo con noi. Quando credi che abbia raggiunto un livello altissimo, compie un ulteriore step. Sono molto contento per la crescita del pilota, ma soprattutto per il modo in cui comunica con le persone, per l’atmosfera che sa cre are attorno a sé. È un leader”. Su dove possa crescere invece non è facile dirlo: “Faccio fatica a trovare un’ulteriore area di miglioramento, ma già in passato faticavo, e poi lui è cresciuto ancora”.
Viene da chiedersi dunque se non sia stato l’ingresso nel team ufficiale ad avergli permesso di compiere l’ultimo salto di qualità: “Onestamente, già l’anno passato era cresciuto tantissimo rispetto al 2019. In alcune piste era stato molto veloce. Pensiamo a quanto accaduto dopo l’infortunio di Brno: stava lottando per un posto da ufficiale, e con quel ko era stato costretto a saltare alcuni GP proprio nel momento in cui dovevamo scegliere il secondo pilota factory. Ed eravamo indecisi. Ma al suo ritorno, Pecco ci ha convinto, con i due straordinari weekend di Misano. La sua mentalità è davvero ottima”.
Su chi sia stato in grado di capire meglio la Desmosedici invece non ci sono dubbi: “Abbiamo piloti con stili di guida differenti, tutti hanno punti forti e aree di miglioramento. Il più sensibile è Michele Pirro”.
La scarsa continuità di Miller invece, Dall’Igna esclude sia dovuta alla crescita di Bagnaia: “Non credo abbia avvertito la pressione, e credo che saprà compiere lo step necessario per lottare per il titolo. Dal punto di vista della guida, è davvero forte. Gli manca continuità nell’arco di una stagione, ma a volte bastano pochi dettagli per compiere l’ultimo salto.” Questo perché per lui comunque entrambi sono dei leader: “Lo stesso Jack è un leader, anche lui è molto bravo nel motivare le persone che gli lavorano accanto. I nostri piloti ufficiali sono leader, sanno creare un ambiente in cui tutti viaggiano nella stessa direzione per un obiettivo condiviso. Questa per me si chiama leadership. Ed è un aspetto che in passato c’era un po’ mancato”.
In merito a Johann Zarco e a come le cose siano cambiate ha poi spiegato: “Credo che Zarco potesse vincere alcune gare, ma a volte si creano situazioni che ti impediscono di ottenere un risultato che pure è alla portata. Johann ha lavorato molto bene nei due anni con la Ducati, soprattutto all’inizio di questa stagione era molto forte”. Il direttore non esclude comunque che la pressione possa aver influito sul pilota.
Ma in che modo la pandemia ha influito sull’evoluzione della Desmosedici GP? “Il Covid è stato un incubo per tutti. Noi, nel nostro ambito, abbiamo dovuto congelare l’evoluzione del motore, negli ultimi due anni non abbiamo nemmeno potuto sviluppare alcuni componenti nel modo voluto, e il modo di lavorare che c’è stato imposto è completamente diverso rispetto alle abitudini. Ora, per esempio, i dialoghi avvengono più spesso attraverso il computer che di persona, e questo non è semplice. Ma forse, grazie alla mentalità che c’è in Ducati Corse, ci siamo adattati meglio a questa situazione”.
E invece l’essere europei è da considerarsi un vantaggio, a livello per esempio di mentalità e flessibilità, nel confronto con i giapponesi? “Credo di sì, per noi è normale provarle tutte. Per altri, forse, non è così”.
“Non è facile, devi saper motivare le persone a fare sempre cose nuove” risponde quando gli si domanda come abbia fatto la Ducati a rimanere la Casa innovatrice per eccellenza in questa era della MotoGP e non nasconde di essere orgoglioso quando vede che la concorrenza prova ad imitare le loro invenzioni: “Chiunque sarebbe felice nel vedere una propria idea apprezzata. Ci copiano? È la vita. Ma è una delle ragioni per cui siamo cresciuti tanto in questi anni: io cerco di raccogliere tutte le idee del nostro gruppo, è importante ascoltare tutti, è una base della mia filosofia”.
Una volta anche a loro però capitò di copiare i giapponesi: “Il cambio seamless introdotto dalla Honda fu una buona idea”. Domandatogli della KTM, Dal'Igna risponde che è difficile parlare dei concorrenti. Mentre sulla casa da battere non fa mistero su chi sia: “La Yamaha, anche perché ha un pilota molto forte”. La Yamaha che è nella stessa situazione della Honda dell’era-Marquez ovvero totalmente dipendente da Fabio Quartararo: “Però il titolo l’hanno vinto loro. Ma come ho detto, sono soddisfatto anche del nostro lavoro, da anni siamo competitivi con costanza, e per un’azienda è la cosa più importante. Certo, per me, per i piloti, per la gente, il titolo è l’obiettivo supremo, ma per un costruttore, la priorità è vivere costantemente al top per tanti anni”.
Ma arriverà mai ad un limite di sviluppo per le moto dopo i numerosi via libera ottenuti? “Non esiste mai un limite allo sviluppo. Ricordo quando, alle Olimpiadi di Città del Messico, un ciclista su pista approfittò dell’altitudine per stabilire quello che ai tempi sembrò un record impossibile, superando i 50 orari di media. Oggi i 50 orari rappresentano la velocità media di certe tappe del Tour de France. In nessuna attività umana esiste un limite. La gente vuole sempre andare oltre, più lontano, più in alto, più rapidamente”.
Alla domanda su come veda la MotoGP fra cinque anni risponde: “È difficile fornire una risposta concreta, perché dobbiamo evolvere le nostre moto. E non possiamo farlo seguendo l’attuale tecnologia, considerando le questioni ambientali. Per questo non ho una risposta su come saremo fra cinque anni – e poi aggiunge – “Ma dobbiamo fare qualcosa. Anche per le velocità delle moto. Dobbiamo ridurre le prestazioni” e concludere “Nello sviluppo, a volte la soluzione può passare attraverso la riduzione della cilindrata dei motori in modo da guadagnare spazio per l’evoluzione delle moto in un arco di dieci anni. Certi cambi devono essere importanti, non simbolici. E dobbiamo pensare anche all’ambiente. Ho un’idea, ma non posso spiegarla: dovremo prima parlarne tra noi costruttori”.
Infine alcune considerazioni riguardanti la decisione della Ducati di fornire le moto elettriche per la MotoE: “Nel presente, le moto elettriche hanno molte limitazioni. Per il peso delle batterie, ma anche per il loro volume. Con la tecnologia odierna, è difficile realizzare una moto elettrica davvero buona. Ma non possiamo ancora sapere come sarà la moto del futuro. Quindi al momento è meglio avere la conoscenza di tutte le opzioni possibili per poter trovare le migliori soluzioni in futuro. Io credo che non si debba pensare alla convenienza individuale, dobbiamo compiere un passo collettivo, tutti assieme”.