C’era una volta il sogno americano: quel percorso di rivalsa, verso il successo, di quelli che sono partiti con meno risorse e arrivano, invece, ad affermarsi come, quanto o più di tutti gli altri. Insomma: il povero e con nulla in tasca che ce la mette tutta e alla fine ce la fa. Nel motorsport, però, il sogno americano è quasi sempre un sogno italiano. E’ così, ad esempio, in Formula1 per Ferrari e, ancora di più, è così in MotoGP per Ducati (e ora anche per Aprilia). Per carità, non che a Borgo Panigale siano poveri e nemmeno con meno capacità, ma sono piccoli come un sassolino davanti al cospetto di Honda, Yamaha, Suzuki. Eppure, piano piano e anche con l’indimenticabile trionfo di un certo Casey Stoner nel mezzo, quelli della Rossa e la Rossa stessa, che si chiama Desmosedici, sono diventati un punto di riferimento. Soprattutto negli ultimi anni, da quando, cioè, a Borgo Panigale è arrivato un condottiero col pizzetto: Gigi Dall’Igna. Ruvido, dal carattere difficile, dicono, ma affamato non tanto di vittoria, quanto di evoluzione e affermazione. Non personale, di Ducati. Proprio Gigi Dall’Igna, che non è uno che ama parlare, in questi giorni ha concesso una intervista a AS e ha raccontato Ducati proprio così, in chiave “sogno italiano”.
“Adesso tutti parlano di Ducati, è vero che siamo un po’ il punto di riferimento ed è bellissimo”. Ali, appendici, diavolerie tecniche messe per primi sull’asfalto e moto che, oggettivamente, hanno sempre qualcosa in più in termini di potenza, velocità di punta e aerodinamica (a volte, spesso per la verità, a svantaggio dell’agilità) hanno reso la piccola squadra corse bolognese l’emblema del cercare sempre un di più. Nonostante gli altri potrebbero di più. “Abbiamo un gruppo di persone nello stabilimento che sta lavorando in modo incredibile per ottenere questi risultati. Sono molto felice per loro. Per una fabbrica è molto importante essere protagonista costante nel tempo e credo che ormai Ducati abbia raggiunto questo traguardo. Dal punto di vista dei produttori, questa è la cosa più importante”.
Poco più di qualche decina di persone che però, almeno a sentire Gigi Dall’Igna, hanno una sorta di approccio differente. Che non muove dai numeri, dai dati o dalle statistiche, ma da due ingredienti tipicamente italiani: estro e fantasia. “Siamo poco più di cento nel reparto corse della Ducati e quello che ci manca in risorse lo mettiamo con il nostro cuore e la nostra fantasia. L'immaginazione è uno degli aspetti più importanti della vita, e questo include anche l' immaginazione a livello tecnico”. Basta per diventare punti di riferimento, ma forse non è abbastanza per vincere. O magari non lo è ancora, perché è chiaro che in pista, poi, servono i campioni. Con Jorge Lorenzo è mancata la pazienza, sia a quelli di Ducati, sia allo stesso pilota spagnolo, con Andrea Dovizioso, forse, non è mancato nulla, ma erano gli anni del Marc Marquez imbattibile. Adesso i tempi sembrano più maturi, con Francesco Bagnaia che quest’anno è ancora lì a lottare (anche se sarà praticamente impossibile) e un paio di giovani, Jorge Martin e Enea Bastianini, che promettono numeri interessanti. Gigi Dall’Igna lo sa e, pur ammettendo che alla meravigliosa storia della Ducati nel motomondiale manca solo un pezzetto, sente che l’ultimo tassello è nell’aria: “Per il 2022 stiamo lavorando su diverse cose che, speriamo, diano i frutti che vogliamo - ha concluso il condottiero col pizzetto - È chiaro che per le persone è importante vincere il mondiale piloti. Ci manca la ciliegina sulla torta, ma dobbiamo continuare a lavorare così e credo che prima o poi il titolo piloti che ci meritiamo arriverà”.