L’Italia del fioretto maschile perde la finale per 45 stoccate a 36 contro il Giappone, uno dei paesi orientali storicamente forti con l’arma bianca, ma a far discutere è una prestazione tutt’altro che positiva di Alessio Foconi. Il fiorettista azzurro, non convocato per la gara individuale per dare spazio a un eccellente Filippo Macchi, è subentrato proprio allo schermidore fresco di argento individuale al penultimo parziale incassando 5 stoccate e chiudendo con un parziale di 5-0 con l’altra riserva, il nipponico Nagano, e regalando di fatto l’oro al Giappone dopo che Guillaume Bianchi, Filippo Macchi e Tommaso Marini hanno provato anche a portarsi in vantaggio nei precedenti parziali.
La conclusione semplice di questo assalto sarebbe che Cerioni ha sbagliato a far subentrare Foconi, che Alessio ha sbagliato tutto ed è colpa sua se l’Italia ha perso l’oro. Il problema però è a fondo: al netto di un Foconi tutt’altro che in forma, ma comunque abbattuto e in lacrime a fine assalto per la prestazione non all’altezza delle aspettative, il problema è da individuare nel regolamento. Andando a vedere lo storico, parziale per parziale, dell’assalto a squadre valido per la finale, vediamo che i primi parziali sono stati negativi sia per Bianchi che per Marini. Macchi invece si è portato in vantaggio, per poi far salire il Giappone a +2 stoccate nel suo secondo parziale, complice un Iimura in stato di grazia che chiude il parziale con 7 stoccate contro le 2 di Pippo.
Se Alessio Foconi, che è reduce da una stagione globalmente non brillante, avesse avuto più tempo a disposizione, magari un secondo parziale in cui mettersi in mostra, probabilmente avrebbe contribuito in positivo a far vedere il suo talento che, da buon veterano, non è certo una sorpresa. La colpa è di un regolamento che, pur di cercare lo spettacolo in uno sport che non ha bisogno di cercarlo, ha eliminato le sostituzioni tattiche. Le sostituzioni, nelle gare a squadre, sono definitive: se uno schermidore subentra, non può più essere sostituito da chi, in un primo momento, era uscito. È questo il motivo per cui Stefano Cerioni è stato costretto a far entrare al penultimo parziale Foconi, sostituendo un Filippo Macchi fino a quel momento ottimo, banalmente per permettere al veterano di prendere la medaglia.
Se ci fosse stata la possibilità di fare il cambio tattico molto probabilmente il CT avrebbe fatto entrare il fiorettista romano-ternano in uno dei primi parziali per poi dare nuovamente spazio a uno dei titolari e recuperare l’eventuale svantaggio. A questo si aggiunge la regola tanto discussa quanto inutile, comune al fioretto e alla spada, della passività o non combattività, tra l’altro rivista lo scorso anno con conseguenze ancora più discutibili: se entro un minuto non arriva una stoccata entrambi gli schermidori ricevono un cartellino giallo, che non viene sommato ai cartellini per infrazioni del regolamento.
In caso di seconda passività scatta un secondo cartellino giallo, che equivale quindi al rosso ovvero alla stoccata per l’avversario, che verrà dunque assegnata a entrambi gli schermidori (e già qui si vedono i limiti di questa regola). Se però fino a un anno fa finiva qui, o meglio, arrivavano altri rossi, dallo scorso anno la regola è cambiata: alla terza passività scatta il cartellino nero, ovvero l’esclusione con vittoria a tavolino. Il punto è che il nero per passività arriva a entrambi gli schermidori, quindi la vittoria a tavolino va a chi è in vantaggio al momento del cartellino o, in caso di parità, a chi è più in alto nel ranking.
Oltre alla pressione naturalmente derivante da una gara di scherma, maggiorata dal contesto dei Giochi Olimpici, si aggiunge dunque la pressione di dover mettere a segno almeno una stoccata al minuto riducendo quindi le fasi di studio. Questo è stato senza dubbio uno degli elementi che, per Alessio Foconi, sono stati determinanti nella prestazione negativa. Non avendo avuto modo di studiare l’avversario, anche Nagano era riserva, Alessio non ha potuto esprimersi al meglio, in più la pressione della non combattività l’ha spinto a partire come un treno subendo le cinque stoccate.
Non è quindi tutta colpa di Alessio Foconi, fiorettista di grande classe ed esperienza, se l’Italia non ha vinto l’oro e si è accontentata dell’argento. È colpa di un regolamento assurdo in vigore, che non piace a nessuno e che la FIE si ostina a non abolire, se la scherma ha perso naturalezza ed è diventata più macchinosa. Non ci resta che sperare in un cambio di rotta, altrimenti saremo punto e a capo.