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Danilo Petrucci, l'ultimo dei motociclisti: "Scelgo la libertà e vado a vivere in Pennsylvania". E poi la Dakar, i dubbi su Marquez, la voglia di DesertX e V4, KTM, le radiografie e i piloti no-vax...

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

18 gennaio 2022

Danilo Petrucci, l'ultimo dei motociclisti: "Scelgo la libertà e vado a vivere in Pennsylvania". E poi la Dakar, i dubbi su Marquez, la voglia di DesertX e V4, KTM, le radiografie e i piloti no-vax...
Ce l'aveva promesso e, appena tornato dalla Dakar, Danilo Petrucci s'è prestato a una lunga chiacchierata con MOW. Adesso che c'ha preso gusto a giocare all'influencer farà come i Ferragnez: andrà a vivere anche un po' in America. Una scelta che, in verità, è figlia anche di una proposta: correre nell'AMA Superbike con Ducati, "l'amore di una vita" (ma prima bisognerà capire i danni lasciati dalla Dakar). E poi il rapporto mai veramente decollato con KTM, le incomprensioni anche nel deserto, il bisogno di essere unico per dire grazie alle motociclette, oltre a uno sguardo sulla MotoGP, sugli scenari del 2022 e pure sulle dichiarazioni di Marco Melandri

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

“In queste ore ho fatto un esame radiografico per capire l’entità degli infortuni rimediati alla Dakar, spero di cavarmela con un po’ di fisioterapia e di non dover finire sotto i ferri. Staremo a vedere, i risultati arriveranno tra oggi e domani, in ogni caso sono felice come un bambino” – A raccontarlo è Danilo Petrucci, uno che mantiene le promesse. Si, ok, fa anche il pilota e è diventato l’eroe delle due ruote e dei due mondi, ma è prima di tutto uno che fa quello che dice. Perché prima di partire per la Dakar l’aveva promesso: “Appena torno ci sentiamo”. E così è stato, anche se in questi giorni si sta riposando e ha più volte ribadito di volersi disconnettere un po’, sulla parola data non ha esitato un momento: “Sentiamoci domani (oggi, ndr) alle undici”. E al terzo squillo ci ha risposto…

Danilo come stai?Felice come un bambino, anche se mi fa male tutto. Il polso, la caviglia, il braccio, la schiena, ho fatto degli esami radiografici in queste ore e non sapevamo da dove cominciare, spero di cavarmela senza dover entrare in sala operatoria. Ma staremo a vedere. Non dico che ripartirei domani per la Dakar, ma sono contentissimo di aver vissuto questa esperienza e di averla vissuta così.

Non pensavi di poter fare così bene…

No che non ci pensavo. Ero determinato a dare il massimo, ma non posso nascondere che ho scelto di partecipare per realizzare un sogno di quando ero bambino e, soprattutto, come una sorta di tributo alla moto e al motociclismo, che mi hanno dato così tanto. La moto, anzi le moto, per me sono vita e vitalità.

Qualcuno dice che sei l’ultimo dei veri motociclisti, è una definizione che ti piace?

Non so se sono l’ultimo, ma mi sento un motociclista prima ancora che un pilota. Tanti sono solo piloti, nel senso prettamente sportivo, per me è un po’ diverso. Da sempre le moto sono ciò che più mi emoziona e dentro di me ho sempre sentito che sarei riuscito a fare qualcosa di importante con le moto. Mi dicevano che qualcosa di importante lo avevo già fatto, che in MotoGP ci arrivano in pochi e che quelli che riescono pure a vincere sono ancora di meno, ma non ero pienamente contento. Un conto è essere uno dei pochi, e sicuramente fa piacere, un conto è essere unico e io volevo essere unico. Vincendo una tappa alla Dakar ci sono in qualche modo riuscito, il primo a vincere sia in classe regina che alla Dakar, ed è stata una emozione pazzesca. Per la prima volta ho sentito di essere riuscito a dire grazie a chi ha sempre creduto in me e mi ha aiutato in questi anni, a cominciare dalla mia famiglia.

E noi, per la prima volta, abbiamo forse potuto apprezzare il vero Danilo. Quello genuino, a tratti scanzonato, attivissimo sui social e guascone come i piloti di una volta. Sembravi uno timido e invece…

No, non sono un timido. Sia chiaro che non voglio parlar male della MotoGP, anzi quello è stato il mio mondo per tanti anni e sono strafelice di averne fatto parte, ma lì è tutto diverso. Ci sono interessi diversi, dinamiche che a volte possono sfuggire anche alla comprensione e, inevitabilmente, si finisce per dover stare attenti a tutto. Ogni parola ha un peso e ogni singola interpretazione può portare a qualche casino come conseguenza. Quindi spesso, per evitare di incappare in qualche incomprensione, finisci per stare zitto, per parlare il meno possibile e di conseguenza, nel mio caso, fai passare una immagine di particolare timidezza. La MotoGP è il massimo del massimo, ma di certo non rende liberi. Come pilota della Dakar, invece, ho potuto dire tutto quello che mi passava per la testa, dalle cose serie alle cavolate buttate là per scherzare. E quindi è venuto fuori un Danilo diverso, con i freni meno tirati. E, a volte, proprio stuccati!

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Un post condiviso da Dakar Rally (@dakarrally)

Ti hanno già detto che hai un futuro da influencer?

Da qualche settimana a questa parte me lo dicono ogni giorno (ride, ndr). Mi fa molto piacere che le mie uscite social durante la Dakar abbiano avuto così tanto seguito, sia perché hanno fatto appassionare tanta gente ad un rally che è pazzesco e che aveva perso un po’ l’interesse del grande pubblico, sia perché mi hanno restituito la misura di quanto la gente mi volesse bene.

Vuoi farci credere che non sapevi di essere uno dei piloti più amati e che non esiste chi non vuole bene a Danilo Petrucci?

No, non me ne ero reso conto. In MotoGP sono così tante le cose a cui pensare che a volte perdi un po’ il contatto con la realtà e finisci per convincerti che tifosi e persone che ti vogliono bene sono la stessa cosa. Magari, non essendo uno dei più vincenti della storia, percepisci di avere meno tifosi e non ti rendi conto che, invece, sei uno che ha saputo comunque emozionare e che ha saputo farsi voler bene sia da chi sta fuori che da chi vive il paddock. Un pilota è come un artista e riuscire ad arrivare alle persone, a trasmettere la tua passione e il tuo impegno, è la vera vittoria. E’ un’altra delle cose di cui vado fiero, ma ho iniziato a scoprire tutto questo solo da Valencia, nei giorni del mio ultimo GP, fino all’esplosione alla Dakar.

Un rally che hai definito “pazzesco”…

Non è solo un Rally, la Dakar è una roba che non si spiega. Questa cosa un po’ mi scoccia e se ti devo dire quale è il più grande difetto della Dakar è proprio che non esistono parole per spiegarla. Puoi dire che è lunga, che è impegnativa, che è difficile e allo stesso tempo emozionante, puoi dire che è pericolosa, adrenalinica e coinvolgente, ma non dici mai abbastanza. Anche altri che hanno fatto la Dakar dicono che non ce la fai mai fino in fondo a raccontarla, a trasmettere quello che si prova quando stai per tanto tempo in mezzo al nulla, da solo con la tua moto. Oppure quando, arrivata sera, non stai più da solo, ma in mezzo a un sacco di gente che, come te, sta vivendo una avventura con uno spirito che non è quello della competizione, ma dello stare dentro a qualcosa di più grande di una gara e basta.

Tornando alle tue indimenticabili dirette social, cosa c’è in cantiere?

Qualcosa mi invento di sicuro! Ci sto pensando in questi giorni, perché in tantissimi mi chiedono di mantenere quell’appuntamento, di farlo diventare una sorta di rubrica. La cosa mi diverte molto e con alcuni amici stiamo valutando il da farsi, ma compatibilmente ad altri impegni, perché sono ancora un pilota.

I canali di MOW sono spalancati per te…

Hahahaha… parliamone!
 

“Sono ancora un pilota” - Quindi è vero che sarai a Portimao con la Ducati V4?

Sì, è vero. Ora c’è da capire bene quando in base ai referti medici che devo ricevere. Mi sarebbe piaciuto anche restare con KTM, ma c’è stato qualcosa nella comunicazione  tra me e KTM che non ha mai funzionato come avrebbe dovuto. CI siamo presi bene, ma non fino in fondo, c’è stata qualche incomprensione di troppo sia nell’ultimo anno in MotoGP, sia alla Dakar e per questo ho scelto di guardarmi intorno.

Fino a ritornare al primo amore?

Il primo amore è la moto. Ducati, forse, è stato l’amore di una vita. In ogni caso con Borgo Panigale i rapporti erano rimasti ottimi ed è stato quasi un approdo naturale.

Perché non in Superbike?

Perché non me la sono sentita. Non che avessi paura, ma dopo la MotoGP volevo dare seguito ad altri sogni, come appunto la Dakar e l’andare a vivere negli Stati Uniti per un po’. E’ noto che ho avuto richieste dal Mondiale Superbike, ma sarebbe stato un impegno che non avrebbe lasciato spazio a null’altro, perché per un pilota cambia poco, dal punto di vista fisico, dell’allenamento e delle cose da fare, se partecipi al mondiale di MotoGP o a quello della Superbike. Il MotoAmerica sarà un impegno che prenderò con il massimo dell’impegno, ma è chiaro che è diverso e, comunque, lascia aperte delle porte. Non è un ripiego, è una scelta fatta con piena convinzione, ma che non è stata dettata solo dall’essere pilota. Come ho detto, da tempo avevo il sogno di vivere per un po’ negli Stati Uniti ed è quello che farò. Sto vedendo un po’ di appartamenti, ho scelto la Pennsylvania, probabilmente in una zona a un paio d’ore da New York , ma per il luogo esatto sto ancora decidendo. E, chiaramente, farò il pilota, visto che per fare l’influencer è ancora presto. Voglio fare bene. Ducati ci crede tantissimo e non è un caso che faremo i primi test in Europa: il team è molto competitivo, ma c’è tutta Ducati dietro a questo progetto. Quello statunitense è un mercato che chiaramente fa gola.

A proposito di mercato e marketing, Ducati ha fatto centro con Danilo Petrucci proprio adesso che è arrivata la DesertX…

Non voglio farmela scappare. Ho già chiesto di provarla e metterla alla frusta seriamente, appena possibile voglio averla tra le mani. Magari conviene anche a Ducati e posso tornare utile per qualche consiglio, visto che adesso di deserto me ne intendo un po’ (ride).

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Ricapitolando: il trial da ragazzino, poi il cross, poi la velocità fino alla MotoGP, l’enduro come passione quotidiana, ora la Dakar e domani l’American Superbike. Ti rendi conto che manca solo il Tourist Trophy?

Mai dire mai!

Battute a parte, il nuovo matrimonio con Ducati, visto che anche Tito Rabat lo scorso anno è stato richiamato per un paio di gare, potrebbe essere anche il modo per riaffacciarsi alla MotoGP?

Francamente non ci penso, non ho accettato la proposta di Ducati con questa prospettiva o con questa ambizione. Vado nell’AMA Superbike per fare bene lì con la Ducati V4, quello che succederà dopo lo vedremo, se e quando si concretizzeranno scenari differenti.

Invece quale è lo scenario che Danilo Petrucci immagina per la MotoGP?

Ducati sarà la moto da battere. La Desmosedici adesso è la migliore in assoluto e Pecco Bagnaia alla fine della scorsa stagione ha dimostrato che lui e la sua Ducati sono in grado di fare grandi cose. Non voglio fare previsioni perché tra i piloti non è che siano molto gradite, ma penso che per la Ducati i tempi siano finalmente maturi. Poi, certo, le variabili sono infinite e ci sono pure gli avversari.

Possiamo dire che la Ducati sarà la moto da battere e che, invece, il pilota da battere sarà ancora Marc Marquez?

Non lo so. Di sicuro se Marquez sta bene e se sarà nel pieno della sua forma, sarà dura per tutti batterlo. E’ chiaro che in questo momento nessuno ha il suo talento, ma ogni volta che ti fai male e stai fermo per un periodo relativamente lungo perdi un po’ e bisognerà capire se ciò che Marquez ha perso è inferiore al gap di talento che ha rispetto a tutti gli altri. C’è anche Fabio Quartararo che vorrà confermarsi, ma, se proprio devo buttarla là, mi viene da dire che Francesco Bagnaia avrà in casa gli avversari più pericolosi e mi riferisco a Jack Miller e Jorge Martin. Però, lo ripeto, i pronostici lasciano sempre il tempo che trovano.

A proposito di ex ducatisti, hai letto le dichiarazioni di Marco Melandri?

Sì, ho visto un po’ in giro che si è scatenato un putiferio. Francamente non ho molto da dire sulla questione. Di sicuro la libertà è sempre il principio più importante e quindi non mi permetto di giudicare le scelte di nessuno, ma da un altro lato è vero anche che quando sei un personaggio pubblico  hai una responsabilità in più. Non mi riferisco, nel caso specifico, al dire pubblicamente di essere pro o contro i vaccini, pro o contro il green pass, ma al riferire, fosse anche per fare ironia, di andarsi a cercare il contagio. Il Covid ha ammazzato un sacco di gente e ha messo in ginocchio il mondo e se adesso sembra tutto meno terrificante è, probabilmente, merito anche dei vaccini. Ma questa è solo una mia considerazione personale: faccio il pilota e non il medico o il biologo, quindi vale quello che vale.

Tu sei vaccinato?

Per quanto mi riguarda, anche egoisticamente per potermi muovere nella massima libertà possibile , ho fatto tre dosi di vaccino. Durante la prima ondata della pandemia, l’Umbria è rimasta abbastanza al riparo, ma le immagini che si vedevano raccontavano morte ogni giorno, adesso sia io che la stragrande maggioranza delle persone che conosco abbiamo preso il Covid e oggettivamente fa meno paura.

In MotoGP, che tu sappia, ci sono piloti no-vax?

Non lo so. Avevo letto da qualche parte di Johann  Zarco, ma non ho mai avuto conferma diretta da lui e quindi non so neanche se è vero. Anche su altri non ho informazioni a riguardo. Non so nemmeno se dal 2022 si potrà ancora scegliere, se gli organizzatori renderanno obbligatoria la copertura vaccinale o se c’è la possibilità che siano i singoli team a farlo.

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