In televisione lo vedi urlare di gioia, battere i pugni, disperarsi. Davide Tardozzi è Team Manager Ducati in MotoGP dal 2014 e ha passato una vita nelle corse. Nonostante questo, però, non ha mai smesso di emozionarsi, proprio come fanno i piloti. D’altronde, prima di passare i weekend a guardare i monitor dei tempi, le gare le correva per vincere, arrivando a sfiorare il titolo mondiale della Superbike nel 1988 contro Fred Merkel. Lo incontriamo nel retrobox Ducati a Misano, tra i camion di Pecco Bagnaia e Jack Miller. Ducati ha da poco dato l’annuncio del passaggio di Enea Bastianini nel team ufficiale e, da pochissimo, ha perso Alberto Giribuola, che invece di tornare a casa - dove aveva lavorato con Andrea Dovizioso - passerà in KTM.
Buongiorno Davide. La prima domanda, la più importante: ci pensi mai al mondiale Superbike del 1988?
“Qualche volta sì (ride). Qualche volta si, però è andata com’è andata, devo dire che Fred Merkel se l’è guadagnato ed è giusto che l’abbia vinto lui. Poi sono successe delle cose…”
Ti hanno tolto 25 punti a Donington per una regola introdotta solo in quel GP. Senza quella regola avresti vinto il titolo.
“Chiaro, quel cambio del regolamento lì mi ha danneggiato. Sia che fosse stato mantenuto in un senso, che se fosse stato tenuto nell’altro. Però è così, ci penso solo ogni tanto, per esempio quando qualcuno me lo ricorda. Io guardo avanti”.
Marc Marquez e Fabio Quartararo chiedono ai giapponesi di prendere esempio dalla Ducati, di lavorare come voi, e le case cercano i vostri tecnici. Che effetto fa?
“Orgoglio. Orgoglio di marca, di azienda. Io onestamente credo che Ducati abbia persone un po’ in tutti i team ufficiali - perché sono venuti a pescare da noi praticamente tutti i team ufficiali della MotoGP - e da un certo punto di vista è qualcosa che ci infastidisce, ma dall’altra parte certifica il fatto che in Ducati c’è una scuola per ingegneri, meccanici… per lavorare in MotoGP insomma”.
Motivi i tuoi piloti a spingere, quando serve il tempo?
“Le cose si organizzano prima. Il pilota sa che deve fare il tempo già da solo, oltre al fatto che abbiamo dei professionisti, non credo che ci sia bisogno di fare più di tanto in questo senso: le cose sono ben organizzate dal loro ingegnere di pista, sono dei professionisti. In quel momento il mio ruolo è abbastanza marginale”.
Esiste ancora, in questa MotoGP, la leggenda del "clic" alla forcella? Quando il pilota chiede una modifica (che non viene fatta) ma poi sulla moto va meglio perché lui pensa di guidare un mezzo diverso?
“Noi al pilota raccontiamo la verità. Forse qualcuno le fa queste cose di una volta, noi però siamo molto organizzati e il pilota è consapevole di quello che succede sulla moto, nonché partecipe delle decisioni e dei cambiamenti”.
Con tutte le probabilità sei il dirigente più appassionato del paddock: anche dalla televisione l’emozione che provi per un risultato - buono o meno - traspare in pieno. Non ci si abutua mai?
“No, non riesco a rimanere indifferente ai risultati, che siano negativi o positivi. Io la gara la vivo in maniera molto intensa. A volte soffro in maniera decisa e anche fisicamente le sconfitte. Somatizzo molto, ecco. E somatizzare nel caso delle vittorie per me vuol dire esplosioni di gioia. Io non sono uno che si trattiene, sono come sono e non mi piace fare finta. Ed è così nelle vittorie, come lo è nelle sconfitte, nella mia vita ho perso anche molte volte e queste cose le subisco molto - ribadisco - fisicamente: ci sto male!”.
Pensi che Pecco abbia una qualità che negli altri piloti con cui hai lavorato in passato non eri riuscito a trovare?
“Intanto credo che Pecco possa essere già annoverato tra i campioni, ha già vinto un mondiale e sono sicuro che ne vincerà altri. In quanto campione quindi ha delle peculiarità che altri non hanno, per esempio in certi momenti ha una determinazione incredibile. Soprattutto, però, Pecco ha la grande capacità di far girare bene un weekend partito male. Lui non si demoralizza mai, anche se magari si arrabbia nel momento in cui non riesce a fare il tempo, se non è primo o sufficientemente veloce. Ecco, in quei frangenti lui riesce a riprendere il controllo della situazione durante la gara e questa secondo me è una qualità che solo i grandi piloti hanno”.
Avete avuto Andrea Dovizioso e Andrea Iannone, AA. Adesso BB, altri due italiani a guidare le ufficiali per vincere il mondiale. Sarà difficile gestire due piloti così l’anno prossimo?
“Non più di tanto. Penso che abbiamo tutte le capacità per gestire queste situazioni… Meglio avere il problema di due piloti veloci che averne solo uno o nessuno. Ben venga quindi la possibilità di avere due piloti che possono vincere”.
A fine 2024 scadrà il contratto di Marc Márquez: se venisse a bussare alla vostra porta lo prendereste?
“Marc Marquez ha tutto il mio personale rispetto, nonché quello della Ducati. Ma abbiamo fatto un investimento per il futuro con i piloti e credo che il futuro di Ducati sia già delineato”.
Cos’è per te la Ducati?
“È una frase fatta, ma è la mia seconda famiglia. Correvo per Ducati, sono entrato in Ducati quando ho smesso di correre, come gestore di uno dei team della Superbike. Sono più di trent’anni che lavoro con Ducati. È stata, è e sarà una grandissima parte della mia vita. Per me Ducati vuol dire assolutamente famiglia”.