È giovedì e a Spa piove. Piove sull’asfalto di una pista che ne ha visti, negli anni, di cieli piangere. Piove sulle persone che corrono ma questa volta, almeno per una volta in questo fine settimana, non con le macchine, passo dopo passo, dalla linea di partenza. Piove su Pierre Gasly e Juan Manuel Correa, piove su tutti quelli che partecipano ad una silenziosa cerimonia, scandita dall’acqua, nella cornice delle Ardenne. Fiori che si bagnano, quelli poggiati a Raidillon dove, nel 2019, si spezzò la vita di Antoine Hubert. Un foglietto di carta cita le parole “I’ll prove them wrong”. Proverò che avevano torto. Una frase che Hubert disse a Gasly poco prima della sua morte, un mantra per il pilota che oggi corre, e vive, nel ricordo dell'amico. Piove, che le lacrime si mescolano all’acqua. Piove, e la mamma di Dilano Van’t Hoff si unisce a questo momento per salutare suo figlio, il più recente addio che il mondo del motorsport ha dovuto pronunciare. Piove, ma anche se così non fosse, il giovedì di Spa sarà sempre accompagnato da un aleggiare di sentimenti contrastanti, tra gratitudine e tristezza. Gratitude sì, per il ricordo indelebile di un’amicizia rara. Tristezza per un ricordo che vorrebbe tanto non esserlo.
È venerdì e a Spa continua a piovere. La Formula 1 sembra rivivere quel non così lontano 2021. Sembra rivivere quel 1° luglio 2023, una ferita ancora aperta che ci porta alla consapevolezza, quella che - senza forse - avrebbe dovuto sempre esserci: prima la sicurezza dello spettacolo. La pioggia sembra però, per poco, lasciar assaggiare agli pneumatici un po’ di quell’asfalto che, lungo i 7 chilometri che danno vita a questo tracciato, accoglie i temerari. È tempo poi di qualifiche, ed è qui, che la pioggia, sembra dare tregua. Le telecamere cominciano a mostrare, dall’alto, la magnificenza della Eau Rouge, ed è qui, che le macchine, s’innalzano su questo raro tratto di pista. Non si vede niente, oltre la Eau Rouge. Può succede qualunque cosa. È la memoria visiva dei piloti che in questo punto in particolare, li accompagna, una volta inghiottiti dalla velocità con la quale si affronta questa curva. È la memoria visiva di anni che, una volta superato il punto cieco, si scontra con la realtà del momento, ancora e ancora, anno dopo anno. Da spettatori, chissà, non si smetterà mai di trattenere il fiato dinanzi al punto forse più bello di tutto il calendario, dove le vetture – come inghiottite in un vortice - proseguono poi la traiettoria, perché è solo l’inizio.
È un inizio per Charles Leclerc, che torna in Pole Position a seguito della penalità di Max Verstappen. Max, che comunque è stato il più veloce, che comunque sembra non voler lasciare nulla a nessuno. Otto decimi, lui che si mangia ogni curva, di ogni tracciato, dall’inizio di questa stagione, ma che questo sabato, lo fa in Belgio che, in fondo, è proprio casa sua.
È sabato e a Spa piove, ancora. Ritardano lo Sprint Shootout, ma si parte. È incredibile come questo tracciato non stanchi mai. Con il fiato sospeso dinanzi alle più minime sbavature, è incredibile come, giro dopo giro, diventi sempre più accattivante. Non è incredibile invece, la seconda pole del weekend di Max Verstappen che con un minimo margine, lascia alle sue spalle il giovanissimo Oscar Piastri. Classe 2001, la cui stoffa - nelle formule minori - non si è mai nascosta. Gli serviva del tempo e la macchina ora c’è. C’è lui, che sembra così a suo agio nelle prime file, quelle file che, ad inizio stagione, la McLaren vedeva così lontane. Con un futuro che sembra già essere scritto, da quando ha ottenuto i suoi primi titoli iridati, sino ad ora, tra le alture del Belgio, Oscar Piastri sogna. Un futuro che bussa presto alla sua porta e lo scorta verso il suo primo (seppur non ufficiale) podio: P2 in una Sprint ritardata per maltempo, P2 in una Sprint alle spalle di sua maestà, la RB19.
E se il futuro di Oscar Piastri comincia oggi, è quel vecchio “Prove them wrong” che invece prende vita e riecheggia nel paddock. È Gasly che arriva terzo e dedica il risultato all’amico che ha sempre creduto in lui e che con quella frase non ha fatto altro che confermarlo. Per Antoine.
È domenica e a Spa non piove. La pioggia risparmia la partenza del Gran Premio del Belgio per poi fare capolino un po’ più in là durante la gara. Una partenza che ha segnato il destino di Carlos Sainz e Oscar Piastri, ritirati in seguito ad una collisione in curva 1. Lo stesso Oscar che Spa ha accolto in maniera formidabile, per lo meno fino al giorno precedente. Ma Spa è anche questo, sono gli alti e bassi di un tracciato che non smette mai di stupire.
E poi mani fuori dai muretti, mantelle che fanno capolino sugli spalti. Qui, ormai si sa, quando piove non lo fa mai in tutti i tratti ma, in quelli coinvolti, dura abbastanza da far spaventare un Max Verstappen, che ormai leader della gara, quasi perde il controllo della vettura in salita sulla Eau Rouge.
RedBull su RedBull, con un Charles Leclerc che osserva, da lontano. Osserva, e noi, con lui - a parità di macchine - come il piede e la testa del due volte campione del mondo facciano la differenza. Il terzo sogno iridato è ormai scritto, più vicino ora, dopo aver portato a casa la seconda delle sue tre gare di casa. Un abisso scavato dietro di lui, come ormai è consuetudine, un abisso apparentemente incolmabile per le Formula 1 che Max vede sempre negli specchietti. Spa non è solo il tracciato più lungo in calendario, Spa é speciale, Spa é pioggia e sole contemporaneamente, Spa è il rettilineo infinito di Kemmel e curve, tra le più belle che esistano. Spa sono le Ardenne, che incorniciano il tracciato, il quale sbuca qua e là, a chilometri di distanza, ad altezze diverse, che la fine, quasi non la riconosci più. Spa sono i suoi tifosi, che nonostante tutto non abbandonano mai i propri posti perché l’esperienza belga è anche questa, viverla nei suoi momenti migliori ma soprattutto in quelli peggiori. Insomma, Spa è cercare il limite o, chissà, è non cercarlo affatto, ma bensì sentirlo, rispettarlo. Spa, quest’anno, è un arcobaleno che sovrasta la foresta, come a ricordarci che c’è sempre qualcuno di invisibile a fare il tifo per questi ragazzi. Che mondo strano è questo, della Formula 1. Dove corri per coronare un sogno, corri per tutto ciò che hai sacrificato. Corri per chi correva e ora non corre più. Corri per chi ti guarda dall’alto. Corri quindi, ma in fondo, fai molto di più.