Il difensore dell'Inter Federico Dimarco è reduce da un terribile attacco da parte di qualche “tifoso” del Milan: alcuni ultras rossoneri hanno affisso sotto casa del calciatore uno striscione con la scritta: “Dimarco pensa a giocare…o la lingua te la facciamo ingoiare”. Questo perché il calciatore interista si è permesso, microfono alla mano, dopo la vittoria dell'euroderby in semifinale di Champions League, di intonare dei cori di sfottò nei confronti del Milan. Ma questo tipo di episodi non è una novità, e Dimarco si è pure dovuto scusare parlando di “leggerezza”.
Assistiamo molto spesso ad atteggiamenti violenti, sia di tipo fisico che verbale, nei confronti della categoria dei calciatori, come se a loro si potesse fare o dire di tutto, come se anche loro non avessero una sensibilità, una famiglia da proteggere e assalti continui da respingere. Oramai è evidente che i calciatori abbiano paura di parlare, di rilasciare dichiarazioni, di esporsi su qualunque tema, perché a prescindere verrebbero criticati, massacrati, le loro dichiarazioni verrebbero travisate. Di Marco poi ha postato sul suo profilo Instagram una storia che recita “martedì sera dopo la partita mi sono lasciato andare a un momento di leggerezza. Volevo chiedere scusa a tutti i tifosi del Milan che si sono sentiti offesi”. Al di là dei colori a cui ognuno di noi appartiene, sarebbe quindi prima di tutto il caso che si prendessero dei provvedimenti in difesa di allenatori, dirigenti e giocatori che non fanno altro se non svolgere il proprio lavoro e che dovrebbero essere tutelati per quello che fanno. E a chi dice “tanto sono miliardari” andrebbe detto che non sono i milioni di euro che guadagna i calciatori a giustificare atteggiamenti aggressivi nei loro confronti.
Tutti gli individui di qualunque tifoseria che si permettono di commettere gesti del genere, di minacciare, di intimidire un essere umano, che in questo caso fa il calciatore, andrebbero individuati, banditi a vita dagli stadi, da qualunque evento sportivo e andrebbero penalizzati anche a livello economico: perché non succede?