Numeri del sabato di Jerez: Marc Marquez,dopo un anno, un mese e due giorni torna in pole position. È la numero 93 della sua carriera, oltre che la prima con una Ducati. Nella Sprint cadono in 15, lui è tra questi. Lo fa dopo aver lottato nel gruppo davanti, inseguito e passato Jorge Martín, quindi (per la seconda volta dopo Austin) è caduto guidando la gara. Una anche la posizione che gli viene chiesto di restituire dopo il sorpasso avvelenato su Joan Mir nelle fasi finali della gara. Marc Marquez però si presenta felice della giornata, in spagnolo produce un intraducibile “Sono caduto ma tra poco cadrà una vittoria”.
Poi, in inglese, racconta meglio il suo sabato: “Ci sono andato più vicino di Austin ma non abbastanza, mancavano quei quattro giri per una giornata perfetta. Comunque per me è stata una bella giornata, ho fatto la pole, siamo stati veloci in tutte le condizioni, anche sul bagnato. In gara eravamo i più veloci, poi purtroppo non siamo arrivati in fondo. Abbiamo fatto la cosa più difficile della corsa però. Ci è mancata la parte più facile. Ho preso una chiazza di bagnato e perso l’anteriore, ma c’è di buono che mi sono avvicinato sempre di più”.
Marc fa bene ad essere contento, oggi era il riferimento sia sul passo che sul giro secco. E lo ha dimostrato sia con i fatti che con l’atteggiamento, quel modo di porsi che da lui non si vedeva da anni: rilassato, in festa col pubblico. È evidente che si stia preparando alla prima vittoria con Ducati, coì voluta da essersi trasformata in un muro da abbattere.
Sulla caduta ha poco da dire: “Onestamente per tutta la gara non avevo visto questa chiazza di bagnato, infatti in quel giro ho frenato un filo prima per tenermi velocità di percorrenza, sarò stato 20 centimetri più largo - o stretto, non lo so - ed è andata così. Comunque abbiamo fatto un bel settimo posto. Non credo che sarei riuscito a salire sul podio se ci fossero stati più giri, con la caduta ho distrutto l’aerodinamica e la moto pendeva da una parte, era impossibile. Potevo fare dei 39, ma non dei 38 o dei 37”.
Cambia poco quando gli chiedono della sua condotta di gara dopo la caduta, quando in più di un occasione è sembrato guidare ben oltre il limite: “Tanti contatti? No, uno solo. Solo con Mir. Ed è stato esattamente quello che è successo a me con Binder: mi ha passato e io ho dovuto rialzare la moto. Ho provato a passarlo con calma, lui però ha mollato i freni e siamo arrivati al contatto. Colpa mia, eh. Ma a volte devi analizzare la situazione e Mir ha provato a insistere. Pazienza, ho preso il drop 1 position, una penalità giusta. È stato facile gestirla”.
Il concetto cardine di tutta questa giornata lo racconta prima di andarsene: “Ho capito da Austin e sono abbastanza forte mentalmente. Nelle prime corse sono stato costante e provato a controllare la situazione. Da Austin abbiamo fatto un passo in avanti e aumentato il rischio, a quel punto ti esponi e puoi cadere. La gente parla, ma io so quello che sto facendo e sono contento di essere veloce. Quella era la mia principale preoccupazione, c’è di buono che nessuna di queste cadute - qui, a Portimão e ad Austin - è dovuta al mio override. Sono sempre stati fattori esterni”.
La sensazione, almeno da fuori, è che Marc stia mandando dei messaggi piuttosto chiari a Gigi Dall’Igna e al resto dell’entourage Ducati che analizza la telemetria degli otto piloti. Sulla carta sta spesso guidando come o meglio degli altri, di sicuro l’ha fatto a Jerez dove si è trovato ad essere il riferimento assoluto per tutto il weekend. Roba che, a pensarci, non capitava da Jerez 2020.