E come la racconti una gara così? Probabilmente in un modo solo: cominciando dall'ammettere che di spiegazioni ce ne sono poche. Nella Sprint di Jerez è successo veramente di tutto, con il podio finale che, poi, è più figlio della capacità di salvarsi che dei meriti veri e propri. Sul gradino più alto c'è salito Jorge Martin, ma non è lui che avrebbe vinto se le cose fossero andate diversamente e a ammetterlo è stato lui stesso e tutti gli uomini di Pramac. "Marc ne aveva di più" - hanno detto. Marc, ovviamente, è Marc Marquez. Partito dalla pole, l'otto volte campione del mondo è stato bruciato dallo stesso Martin in partenza, ma è rimasto lì, senza perderlo troppo di vista e senza chiedere troppo alle gomme su un asfalto decisamente traditore per via della pioggia caduta fino a poco prima. Poi, al momento di sferrare l'attacco, Marquez s'è portato in testa senza troppe difficoltà, accumulando vantaggio giro su giro. Nel frattempo, dietro di lui, era già fuori gioco Pecco Bagnaia, che ha avuto la peggio nella lotta a tre con Marco Bezzecchi e Brad Binder.
Incidente di gara, dicono i commissari, ma il sudafricano ha oggettivamente esagerato: spazio per passare lì non ce ne era. Tanto che lo stesso Francesco Guidotti, team manager di KMT, ha ammesso che si è trattato di una manovra veramente al limite. Responsabilità di nessuno, invece, per quello che è successo poco dopo, quando alla curva 5, in frenata ma con qualche metro di distacco l'uno dall'altro, sono caduti praticamente all'unisono Alex Marquez, Brad Binder e Enea Bastianini (rispettivamente terzo, quarto e quinto). Appena prima, sempre a causa di un tratto d'asfalto che non si era ancora asciugato, la stessa sorte era toccata a Fabio Di Giannantonio, Jack Miller, Aleix Espargarò e Alex Rins. Un tutti giù per terra, che non ha risparmiato neanche Marco bezzecchi al giro 9, che si è poi trasformato in vero e proprio psicodramma quando, sempre a causa di un tratto d'asfalto bagnato, anche Marc Marquez è finito a terra, proprio mentre sembrava correre comodo verso la sua prima vittoria con la Ducati del Team Gresini
L'otto volte campione del mondo s'è rialzato e, con furia cieca e rischiando pure di rendersi pericoloso, è riuscito a risalire di nuovo fino alla settima posizione, sportellando pesantemente prima Joan Mir e Poi Stefan Bradl. In piedi, quindi, ci sono rimasti veramente in pochi (le cadute in totale sono state 15, con 6 piloti che sono riusciti a ripartire), con Jorge Martin che nel frattempo era tornato in testa e Pedro Acosta, apparso meno in forma del solito, che paradossalmente ha raccolto più del solito chiudendo secondo. Il sabato si stava raddrizzando, grazie alle cadute, anche per Maverick Vinales, che per un attimo s'è ritrovato terzo, con il sogno del podio che, manco a dirlo, s'è infranto sulla stessa pozza d'acqua che ha tradito quasi tutti gli altri. Quasi tutti gli altri, ma non Fabio Quartararo, che così s'è ritrovato quasi miracolosamente sul podio, nonostante una Yamaha sempre più in crisi, e nonostante un Dani Pedrosa che, a quella età e con una moto sperimentale, è stato capace di chiudere in quarta posizione. Quinto posto, infine, per Franco Morbidelli - bravo a restare sempre in sella - e sesta piazza per Raul Fernandez, che ha preceduto Marc Marquez.
Commenti a margine? Non può piovere per sempre. Battute e citazioni cinematografiche a parte però, c'è da dire che l'asfalto umido, che sicuramente è stato una causa, non può essere anche la scusa. E vale pure per le entrate al limite. Perchè in molti hanno approcciato questa Sprint con un atteggiamento un po' troppo veemente, finendo per cadere nell'errore e, peggio ancora, per rovinare la gara agli altri. Anche nell'incidente che ha coinvolto Pecco, al di là delle oggettive responsabilità di Binder, ha avuto senso aprirsi a ventaglio in tre su una pista che era asciutta in una sola traiettoria? Probabilmente no, visto come è andata. E probabilmente è anche su questa capacità di ragionare che si giocherà il mondiale 2024 della MotoGP, con Jorge Martin che sarà anche giovane e meno talentuoso di un Marc Marquez o di un Pedro Acosta, ma che ormai sembra aver saputo rubare il vero segreto di Pecco Bagnaia: restare lucido anche quando la voglia di vincere fa a sportellate con la necessità di ragionare.