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Ducati, Bagnaia e quella colpa enorme che si portano addosso

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

5 ottobre 2022

Ducati, Bagnaia e quella colpa enorme che si portano addosso
Ha la moto migliore, in pista ce ne sono otto, Fabio Quartararo non può esprimersi. Così si dice del mondiale di Francesco Bagnaia e della Ducati, che dopo 15 anni rischiano di vincere il titolo piloti in MotoGP. L’unica colpa che hanno, però, è un’altra

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Il mezzo migliore nella MotoGP di quest’anno ce l’ha Pecco Bagnaia, ma non solo: ce l’hanno anche altri sette piloti, tutti veloci e pronti a dare una mano. Più che a lui agli ingegneri, che possono confrontare i dati e portano avanti lo sviluppo con il team satellite. Facile così, si legge. Così facile da fare schifo anzi, abbastanza da poterlo catalogare, nella migliore delle ipotesi, come un successo a metà, se non addirittura una sconfitta che pesa doppio nel caso in cui il titolo finisse altrove.

Evidentemente per chi critica è più facile contare fino a otto che farlo fino a sei ricordandosi di quello che viene prima, per esempio di quanto sia complicato mettere in pista un mezzo veloce, completo e competitivo per tutti e ovunque. Tutti e otto, non uno soltanto come provano a fare i giapponesi con Marc Marquez o Fabio Quartararo. Non ci riesce la Honda, neanche ad uso esclusivo del suo numero diez. Non ci riesce Yamaha, un colosso, o KTM, che ha un collaudatore velocissimo e i mezzi economici per mandare un razzo su Marte. Fare una moto come la Desmosedici in questa MotoGP è come indovinare la radice quadrata di un numero di cellulare: o sei molto fortunato, o hai passato la vita a fare quello. Oltretutto i team clienti si chiamano così perché sono effettivamente clienti in un mercato libero che permette loro di comprare il prodotto migliore. Offrire il prodotto migliore non è questione di fortuna.

Come non è questione di fortuna vincere sei Gran Premi in una stagione: Bagnaia da solo ne ha portati a casa più di tutti gli altri, anche più delle sette Ducati in pista messe assieme, e questo è un fatto. Sei vittorie come Casey Stoner nel 2008 e Andrea Dovizioso nel 2017, anche se a differenza loro Pecco ha ancora la possibilità di fare meglio. Quindi no, Bagnaia e Ducati non sono lì per caso e otto moto non le hanno vendute con le televendite di Wanna Marchi.

La colpa di Ducati è che questo titolo lo vuole troppo. Lo insegue da più tempo di chiunque altro e ci ha provato in tutte le maniere: con Valentino Rossi, con Gigi Dall’Igna, con Jorge Lorenzo, con Andrea Dovizioso. Con il cucchiaio e le ali, l’abbassatore e la frizione rivista. È diventata una malattia, una ferita che più la gratti più sanguina. Così Davide Tardozzi finisce per correre al muretto Gresini mentre Enea fa la sua gara: non ci vede più, non si trattiene. Se è vero che Fabio Quartararo ha una moto meno competitiva, è anche vero che non viaggia per il mondo con quello zaino pieno di pietre che sta sulla schiena di Bagnaia. C’è un video, uscito a febbraio 2021, in cui Pecco va in visita a Borgo Panigale per la prima volta da pilota ufficiale: musica da film western, tensione, Domenicali che lo guarda e gli dice che adesso ha una responsabilità che non gli leva nessuno.

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Ducati è così, pesa. Quartararo le vede anche di notte e ci perde il sonno, per Bagnaia che la guida non è diverso. Non è diverso per Jack Miller, che nel parco chiuso dopo il secondo posto a Buriram è andato a scusarsi per non aver fatto passare il compagno di squadra. L’immagine è rimasta lì, lontana dagli occhi di tutti, ma è successo davvero: lui quasi mortificato, loro che gli dicono di non preoccuparsi, che va bene lo stesso. Solo Ducati ti porta a questo. A rimanere rosso sotto la giacca, aziendalista come mai avresti pensato, a vergognarti di aver vinto. È successo anche a Danilo Petrucci, che nel 2019 al Mugello si è inventato il sorpasso della vita e poi è tornato dai suoi con la faccia di un bimbo che ha buttato le chiavi della macchina nel water. Lo so, dovevo far passare Dovizioso, non ce l'ho fatta. Ducati ha un peso e questa è la sua condanna, il suo monte da scalare. Se sei così bravo da salire in cima poi c'è solo la discesa, con la moto più veloce in pista e otto piloti a cui affidarla.

Il mondo delle corse, nella sua marea di leggi che vanno oltre la razionalità, ne ha una che dice così: chi vince ha sempre fortuna e il mezzo migliore. È vero, ma a dimostrarlo deve pensarci sempre e soltanto il pilota. Dice lo stesso chi crede nel destino: è tutto già scritto ma tu non lo puoi leggere.

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