Fernando Alonso è nato per correre. Lo ha fatto da sempre, sempre lo farà. Ha corso quando le cose andavano bene, negli anni dei suoi successi mondiali, nelle stagioni in cui si trovava al centro del mondo del motorsport. Ha corso quando le cose andavano meno bene, da Ferrari a McLaren arrivando fino al suo primo ritiro. Ha corso fuori dalla Formula 1, a Le Mans, dove ha vinto due volte, alla 500 miglia di Indianapolis, alla Dakar. Ha corso fino a tornare, competitivo e insaziabile, in una Formula 1 dominata da ragazzi agguerriti con vent'anni meno di lui.
È un leone, Fernando Alonso, e sa di esserlo. Sa di avere una grinta, e una sicurezza, che lo hanno accompagnato per tutti gli anni della sua carriera altalenante, dimostrando che la testa e il talento possono arrivare dove la fortuna non guarda. Sa di vivere dentro alla sua sicurezza, carismatico e tenace, mentre a più 40 anni non smette di stuzzicare gli avversari, demolirli psicologicamente, infastidirli davanti alla stampa. Lo guardi e pensi che non abbia insicurezze o che, per lo meno, siano nascoste sotto a una corazza costruita negli anni per tenere a bada i sentimenti. Perché se non fosse così com'è, e come è sempre stato, noi non potremmo avere il Fernando Alonso di oggi. Non sarebbe ancora qui, a lottare in Formula 1 come un ventenne, non sarebbe semplicemente quello che è.
Eppure anche lui, anche il ragazzo terribile delle Asturie, una paura ce l'ha. "Non ho mai realmente pensato ad abbandonare completamente la mia vita da pilota. Ho paura di cosa ci sarà dopo, non ho un piano B. Sono stato un pilota per tutta la vita e sono bravo a fare solo questo, perché non ho imparato a fare altro. La mia vita è stata dedicata completamente al motorsport e a guidare. Se un giorno dovessi abbandonare la Formula 1, penso che farò altre gare. Una vittoria alla Dakar non sarebbe male ad esempio. Ma stare a casa mi spaventa" ha raccontato ai tedeschi di Auto, Motor und Sport.
Non ha un piano B, non sa come si faccia oggi - a 40 anni - a costruirsene uno. Non sa stare a casa, non sa trovare una via che non sia quella di continuare, dentro o fuori dalla Formula 1. Semplicemente, dopo una vita a correre, Fernando Alonso non sa come fermarsi. Eccola quindi, la debolezza mai confessata. Il tallone d'Achille dell'uomo più sicuro e spavaldo che la Formula 1 abbia mai conosciuto.
Una paura che lo umanizza, che lo rende simile a noi, che ci ricorda che tutti siamo così. Nascondiamo le nostre debolezze dietro sicurezze ostentante, fingiamo di accettare il tempo che passa, i successi degli altri, le cose che non vanno di noi. Ma abbiamo paura, e va bene così. Abbiamo paura di smettere di fare ciò che ci hanno detto sia la cosa che sappiamo fare meglio. Abbiamo paura di non essere abbastanza in una vita senza premi, senza pacche sulle spalle, senza occhi puntati e attenzione su di noi.
Gli assomigliamo, in quell'unica debolezza svelata. Sembriamo, nelle nostre stranezze, un Fernando Alonso che per tutta la vita ha sfidato la morte ad alta velocità e che ora, all'alba dei suoi ultimi anni in Formula 1, è spaventato da un divano. Dalla solitudine, dal non avere un piano B. E così finalmente, dopo una vita di spacconate, si fa vedere per chi è. Umano, fragile, più grande di quanto ci sia mai sembrato.