Se la MotoGp piace meno della Formula1 la colpa è di Valentino Rossi e Marc Marquez. Messa così è un po’ brutale, ma è, di fatto, quello che ha detto Lin Jarvis. Non una colpa volontaria o calcolata, sia inteso, ma una colpa quasi inevitabile, visto che il Dottore non poteva essere eterno e che Marc Marquez non si è certamente infortunato di proposito.
“Non dimentichiamo – ha detto il manager inglese a Moto Revue - che per anni tutto ha ruotato attorno alla rivalità tra Marc Márquez e Valentino Rossi. L'assenza di questi due grandi campioni ha cambiato molte cose. E poi i promotori della F1 hanno nel frattempo fatto un ottimo lavoro. Anche l'impatto della serie su Netflix ha aiutato molto. 5 anni fa la F1 era in declino mentre la MotoGP veniva presa come esempio”. Per Jarvis, quindi, è solo questione di tempo, con i nuovi campioni che piano piano riusciranno a affermarsi e a riavvicinare molti appassionati, con la speranza, per l’uomo Yamaha, che anche la M1 torni a essere protagonista.
Magari anche ipotizzando un ritorno, non in sella ma nel box, dello stesso Valentino Rossi. “Loro hanno un contratto con Ducati e l’unica possibilità che abbiamo noi di Yamaha per convincerli a venire con noi è quella di fare una moto veramente competitiva”. Una possibilità, quindi, che al momento non c’è, con Jarvis che però incalza: “Dobbiamo essere in grado di offrire condizioni molto interessanti. E un ultimo punto: non devono esserci ostacoli contrattuali. Da lì, ovviamente, avrebbe senso lavorare con il team VR46. Potrebbe essere fatto nel 2024? Non lo so. In caso contrario, cercheremo di renderlo possibile nel .2025”
La volontà dichiarata è quella di tornare prima possibile alle quattro moto in griglia, con Yamaha che oggi si ritrova con il solo team ufficiale dopo aver perso anche i malesi di RNF. “Sono andati con Aprilia perché noi potevamo offrire loro un solo anno di contratto – ha concluso parvi – Yamaha, però, vuole tornare a avere una squadra satellite. Anche perché otto Ducati in pista sono un vantaggio: loro possono chiaramente provare molte più cose di noi”.