Non ci si lamenta mai quando il piatto è pieno, e quello della Formula 1 negli ultimi tre anni si è riempito di una varietà incredibile di pietanze. Dai milioni di giovani che sono tornati a guardare i gran premi, all’aumento delle donne appassionate allo sport, fino all’entrata di tantissimi nuovi paesi nella sfera del circus, sempre più richiesto in tutto il mondo. Una vera e propria moda, dal fascino del lusso e della velocità adrenalinica del motorsport, che ha travolto miliardi di persone. Netflix ci ha prodotto una serie tv, i brand di vestiti hanno colorato tutte le nuove collezioni con le stampe tipiche del mondo racing, i telegiornali hanno ricominciato a parlarne. La Formula 1 è tornata ad essere un punto d’incontro a livello internazionale. Il paese che ha registrato più interesse di botto però sono gli Stati Uniti, che dal considerare la Formula 1 quasi una categoria di nicchia, in confronto al motorsport americano abituato al grande show della NASCAR o dell’Indycar, sono arrivati ad identificarla nuovamente come il pinnacolo del motorsport.
Non è certamente tutto oro quello che luccica però, con una serie di grandi cambiamenti dentro allo sport che lo hanno portato più lontano dalle sue origini e dai suoi valori per avvicinarlo a quello che il grande nuovo pubblico chiede: lo spettacolo, lo show, il divertimento continuo. Una componente che sì, fa parte della natura del motorsport ma non nel modo in cui viene ricercata dagli spettatori. Perché il mondiale 2021 ha abituato ad una gara sensazionale dopo l’altra, ruota a ruota continui per la prima posizione nel campionato mondiale e due rivali perfetti, opposti tra di loro, quasi scritti per una serie tv. Proprio quello che serviva in quel preciso momento per far finalmente decollare l’aereo della Formula 1.
Finito il 2021 però la Formula 1 è tornata ad operare al suo regime regolare. Un dominio incredibile di un pilota con un team, un midfield vicino ma lontano, delle gare che non per forza portano spettacoli circensi ad ogni curva. Niente di nuovo per chi alla Formula 1 è appassionato da prima del boom di ascolti, una cosa sconvolgente per chi invece arriva dalla cosiddetta “era di Drive to Survive”. È diventato allora un punto essenziale insegnare a chi si è appassionato recentemente i valori e la storia di quello che per quanto possa essere sembrato uno sport superficiale e semplice, è in realtà composto da complessità. Lo chiamano pinnacolo del motorsport per via di tutta la sua tecnica, delle sue scoperte e sviluppi e per quanto sia ricercata la perfezione. E forse è stato questo il tassello che è mancato nel boom di ascolti. Perché i nuovi appassionati spesso sorvolano tante componenti di questo sport per attaccarsi al personaggio preferito e le gare da competizioni si trasformano in episodi che ci portano ad un epilogo che deve per forza non essere noioso.
Certo, non bisogna pretendere che siano tutti degli esperti, anzi. Ma a lunga andare sembra che questa nuova ma vecchia Formula 1 stia iniziando a perdere qualche colpo. E lo fa proprio dove aveva raggiunto i picchi massimi del suo successo, con gli americani che stanno già iniziando a perdere interesse nella categoria che fino a poco tempo fa era proiettata come il top del top. Liberty Media ha deciso di far correre il circus negli Stati Uniti per ben tre tappe: Texas, Miami e Las Vegas. Nella storia della Formula 1 è successo poche volte di vedere il paddock ritornare periodicamente in un paese, a dimostrare ancora di più quanto i promoter ci tengano ad arrivare nel cuore degli statunitensi.
Nella mentalità degli americani però, uno sport senza colpi di scena, che propone sempre lo stesso vincitore e non trova imprevisti, diventa noioso. In un weekend dove la Formula 1 condivideva la fascia televisiva insieme alla NASCAR e all’Indycar, le due categorie per eccellenza del motorsport americano, il confronto è stato decisamente negativo. Oltre quattro milioni di ascolti per la NASCAR, 970mila per l’Indycar e solo 920mila per la Formula 1. Che pochi comunque non sono, ma rispetto ai dati che venivano registrati negli anni passati sembra una vera e propria sconfitta. Anche i telecronisti e i giornalisti che curano e seguono la trasmissione del mondiale negli USA si sono mostrati quasi infastiditi dall’ andazzo della Formula 1, storpiando il nome di Verstappen e paragonandola a uno sport che è faticoso da seguire rispetto alla loro NASCAR.
Che poi, non raccontano nemmeno balle, perché effettivamente la Formula 1 richiede molta più attenzione, ma proprio per la sua natura che non è da showbusiness come è potuta sembrare in questi anni. E quindi, con gli americani che si annoiano e tornano a preferire le proprie categorie, Liberty Media deve iniziare a farsi qualche domanda: ha senso continuare ad investire praticamente tutto in direzione USA? Forse c’è qualcosa da cambiare nel modo in cui lo sport viene raccontato, gestito o promosso dall’organizzazione stessa. O forse solo da accettare la sua complessità, che può essere compresa da chi solo veramente ha voglia di impararne il massimo.