Se della domenica di Jerez guardassi solo il pre e il post gara, penseresti che Marc Marquez abbia vinto. Il pre: colline andaluse invase dai tifosi spagnoli, i prati che costeggiano le prime due curve completamente ricoperti di maglie e bandiere rosse, con un 93 inciso al centro; dozzine di persone, di giornalisti, di fans che sulla griglia di partenza circondano la postazione dell'otto volte campione del mondo, tornato in pole position. Il post: Marquez che lascia la Ducati Gresini in mano ai marshalls e corre sulla ghiaia delle vie di fuga di curva dieci, poi si arrampica sulle reti di protezione, sulle transenne, mentre il pubblico sfonda dalla parte opposta e lo raggiunge in quello che è a tutti gli effetti un contatto fisico passionale, focoso, forse mai sperimentato dal 93 dopo la pandemia. In una domenica di aprile inoltrato, Marquez ha fatto l'amore con Jerez; e non tanto metaforicamente, perché nell'esaltazione ha stampato pure un bacio sulla bocca di un tifoso. Poi ha danzato, ha ballato magistralmente sul podio. Agile e scattante come quando tira su la moto col gomito a duecento orari, Marc ha trasformato il dj set in one man show che ha fatto velocemente dimenticare agli spagnoli l'inno di Mameli suonato in onore di Pecco Bagnaia.
A Jerez non ha vinto Marc, ma la Spagna sembra aver restituito alla MotoGP quel Marquez capace di vincere sei titoli mondiali in sette anni: "Sono felice perché abbiamo finito come ai vecchi tempi - racconta il 93 ai microfoni di Sky - con la tuta segnata per una carenata. Nei primi cinque giri ero rigido, ma penso fosse normale perché sono caduto ad Austin, sono caduto ieri e ho visto che in Moto2 sono caduti in tanti. Poi mi sono calmato, mi sono detto che la gara era lunga e a quindici giri dalla fine ho cominciato a spingere e a sentirmi meglio. Ho preso Pecco, ci ho provato, il primo tentativo era quello buono, ma lui si è difeso molto bene. Mi aspettavo che Pecco reagisse così, perché quando l'ho preso sapevo che avrei dovuto impiegare massimo due giri per sorpassarlo per questioni di temperatura della gomma davanti". Marquez è felice davvero, lo si nota dal sorriso pieno, dai balletti, dai suoi stivali che affondano rapidi nella ghiaia di Jerez, dalla visiera del cappellino Michelin del secondo classificato girata al contrario, da un "Sarà Perché Ti Amo" rieditato e intonato a gran voce - con ancora tanta energia in corpo - nei box del Team Gresini inondati di Prosecco.
Marquez è felice nonostante si sia visto sbattere la porta in faccia da Bagnaia, in casa propria, per l'orgoglio di Valentino Rossi. È felice nonostante sia la terza volta consecutiva che la vittoria gli sfugge di mano, in una maniera che forse anni fa non avremmo visto. Ma il punto è proprio questo: Marc si sta riabituando alle prime posizioni, sta pian piano ritrovando quegli automastismi che ti portano ad essere perfetto quando la posta in palio è grande. Sapeva di dover percorrere questo cammino di redenzione prima di ritrovare una vittoria che adesso - è questione di settimane - arriverà. "Innanzitutto avevo bisogno di uscire dalla spirale negativa" - aveva non a caso dichiarato sabato dopo la pole, preannunciando la chiusura di un cerchio oscuro, difficile, doloroso, durato da Jerez 2020 (rottura dell'omero) a Jerez 2024. In questo avvio di stagione Marc si è costruito un castello ben studiato: prima ha cercato di abituarsi allo stile di guida Ducati e di completare due weekend di gara solidi, a punti, senza errori, senza modificare eccessivamente le regolazioni della Desmosedici. Poi ha cominciato a forzare e ha accettato le sbavature, complice un ottimo setting di base trovato insieme al Team Gresini ad Austin, che ha velocizzato il processo. Infine è atterrato in Andalusia con l'ossessione del podio, prerequisito della vittoria.
Marc è stato di parola. Perché a Jerez il podio l'ha conquistato. Ha ritrovato il sorriso da guastafeste dei giorni migliori, quello che scaturisce dal semplice piacere di correre in moto e sentirsi competitivi, indipendentemente dal risultato finale. Ora Marquez è felice perché ha salutato i centocinquantamila dell'Angel Nieto da un gradino rialzato, calpestando definitivamente le scorie degli ultimi quattro anni. Marc sente di essersi lasciato il peggio alle spalle; adesso guarda avanti e vede orizzonti luminosi: ha chiuso secondo ma in prospettiva, e nel polso, sembra ancora avere un margine inespolarato con la Ducati GP23, con errori che diventano sempre più piccoli e finiranno per sparire. "Comunque dopo questo inizio di Mondiale non buono, non siamo lontani dal primo in classifica" - ha avvisato l'uomo vestito d'azzurro Gresini tra i cordoli celesti di Jerez, dove è tornato a sfiorare il cielo con un dito. Con quel solo indice destro, che adopera per frenare.