Imola è casa, casa di un rosso che è religione, casa – come Monza - della Ferrari. Casa di chi, dal balcone, si gode lo spettacolo più bello di tutti, sul circuito che porta il nome di Dino ed Enzo Ferrari. Di quelli che invece di chilometri ne hanno fatti tanti e li rifarebbero ancora mille volte, perché il richiamo è quello lì e si chiama passione. E per la passione, la distanza non conta, soprattutto dopo il digiuno di un anno fa. Che nella regione che il motorsport ce lo ha nel sangue, da sempre, Imola mancava. Mancava da quando le piogge torrenziali del 2023 la hanno messa in ginocchio, così come tutta l’Emilia-Romagna. Imola torna, e lo fa nel trentennale della scomparsa di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger. Lo fa con Sebastian Vettel, che di giallo e verde veste tutti, veste il tracciato con una corsa in ricordo del campione brasiliano e un tributo al memoriale del Tamburello, dove il tempo sembra non scorrere mai. Torna sotto la pioggia del giovedì, sotto il sole di tutti gli altri giorni a seguire. Che se cerchiamo di definire Imola, forse, stiamo facendo qualcosa di impossibile. E quest’anno, impossibile, lo è stato un po’ di più. Un riscatto, un nuovo inizio, un nuovo capitolo di storia. Un presente che sa tanto di passato. Al volante della McLaren MP4/8, ultima monoposto guidata da Senna, Sebastian Vettel, che una volta terminati i giri d’onore, scende e si inginocchia a terra, chinato in avanti sull’asfalto.
Tutto a un tratto, sembra India 2013, quando si mise a venerare l’allora RB9 che gli valse il quarto campionato consecutivo con Red Bull. Sembra India 2013, ma è Imola, 11 anni dopo. Sebastian, quello che ‘ad un certo punto nessuno si ricorderà più di me’ ma che mai sarà tale. Ineguagliabile nel riunire tutti per ciò che conta, eterno emblema di una umanità rara. La Imola umana quindi, la Imola del ricordo, una Imola diversa ma in fondo uguale, che da quella domenica di due anni fa le cose sembrano non essere cambiate. Sul gradino più alto del podio sempre Max Verstappen. Un Max Verstappen che non vince solo il Gran Premio, ma anche le 24 ore del Nurburgring, con la sua squadra di sim racing. Un Verstappen evidentemente stanco, in conferenza stampa, dolorante, dopo 63 giri su un tracciato dal manto irregolare. Dolorante anche Lando Norris che fino all’ultimo giro ha cercato di superare la RB20 del pilota di Hasselt. Ecco, quindi, che la ripetitività dei risultati non sembra più essere una certezza. Che se Miami ha visto proprio Norris trionfare per la prima volta, Imola stava per andare incontro allo stesso destino.
Una Formula Uno che sta cambiando, forse. La classe regina che vede la concorrenza ridurre il distacco che la separava dalla squadra di Milton Keynes, trascinata dal fuoriclasse olandese. Max, che a 5 ore circa dallo spegnimento dei semafori, alla guida della macchina #20 del team RedLine, prendeva parte alla 24 ore online, dopo lo stint della sera precedente, ignaro della imminente doppia vittoria. Non è di certo oggi che scopriamo le sue doti, ma c’è sempre qualcosa che ci sfugge della mentalità del campione in carica. Che una bandiera bianca e nera per track limits ha fatto della sua gara una ricerca della perfezione, quella a cui - in fondo - aspira continuamente. Che gli pneumatici ormai non ne avevano più e il gap dal secondo si assottigliava giro dopo giro. Che alla fine, alla bandiera a scacchi, ci è arrivato comunque primo. Ci sfugge qualcosa sì, ma come ci viene difficile spiegare cosa significhi Imola, un po’ è così anche per Max Verstappen. Di nuovo più in alto di tutti, nervoso forse, chirurgico sempre. Eco, il sabato, proprio di Ayrton Senna, eguagliando il record di 8 pole consecutive. Quasi a farlo apposta, quasi in ricordo, una volta ancora, del campione di San Paolo.
E quindi in una domenica rossa dove Charles Leclerc si è guadagnata il terzo posto, viene da chiedersi se sia un momento passeggero. Se di finali da fiato sospeso ne vedremo altri. Ma in fondo si sa, e lo diceva anche Max in Florida, i ‘se’ in Formula Uno non contano. Che se pensiamo a tutti i possibili scenari non ne veniamo più a capo. Lasciamo quindi il bel Paese per trasferirci nel Principato, a casa del numero #16 della rossa. Lasciamo Imola, felici che sia tornata. Che senza ‘se’ e senza ‘ma’ un angolo da poter chiamare casa - al Dino ed Enzo Ferrari, ci sarà sempre, per chi vorrà.