L’avevano fatto nel 2007, con Casey Stoner, ed era giusto ripetersi. La Ducati quest’anno ha vinto tutto e ha scelto di celebrare MotoGP e Superbike in piazza Maggiore a Bologna, a 7 chilometri dalla fabbrica di Borgo Panigale: la si può fare anche a piedi, come fosse un pellegrinaggio. Fuori, comunque, piove. È una pioggia fitta e costante che scende dal pomeriggio, tanto da far pensare che non smetterà, oltre al fatto che il 15 dicembre è un giovedì ancora lontano dalle feste natalizie. Se Ducati non avesse allestito un palco gigantesco e parcheggiato due moto da mondiale a fianco sarebbe stato diverso. Se Ducati non avesse vinto due titoli mondiali nella velocità, dimostrando autorità e ferocia con gli altri, la piazza sarebbe vuota. Invece, nonostante tutto, è pieno d’ombrelli e gente schiacciata contro le transenne, gente soprattutto felice di essere lì, con il diluvio che può anche aiutare perché è un certificato di fede. Il primo a salire sul palco con un microfono in mano è Giuseppe Giacobazzi, che per l’occasione fa un discorso quasi serio.
I muri della piazza sono di un rosso Ducati che si mescola alle decorazioni natalizie, il Nettuno è lì a godersi lo spettacolo. Musica alta, cartelloni. Uno ha scritto “Pecco disegnami un 63 che me lo tatuo”. A presentare la serata tre persone: Barbara Pedrotti scandisce il ritmo, Guido Meda intervista i piloti e Luca Ward - che regala ai tifosi monologo potente, da incidere - presenta gli ospiti. C’è tanta roba per questo Campioni in Piazza, tanta qualità. Come gli assoli clamorosi di Federico Poggipollini, che suona come se avesse il demonio in corpo e conclude con un Inno di Mameli suonato con la chitarra elettrica. L’ultima nota la spinge così forte che un pezzo dello strumento vola sotto al palco.
È una festa vera, organizzata di fino che però cambia in base al momento, ma è anche un regalo a Bologna che lo aspettava da 15 anni. Così succede che Meda vuole accendere le moto di Alvaro Bautista ma non c’è batteria, mentre Pecco chiama i suoi uomini sul palco dopo aver raccontato dei momenti in cui ripensa al titolo: “Magari sono sotto la doccia e dico c***o, sono campione del mondo! La mia fidanzata, Domizia, non ne può più”, spiega alla piazza. “Io mi sveglio alla mattina e metto il canale 208 di Sky per rivedere le gare e gli speciali di quest’anno… lei mi urla solo basta!”. Parla anche della Ducati che l’ha fatto innamorare quando era bambino, la 996 di suo zio: “Aveva la frizione a secco, una roba incredibile. Al tempo gli avevo chiesto di tenermela ma l’ha data dentro per il modello nuovo. Poi lui, che è un tamarro come me, aveva fatto cromare il serbatoio… come quello di Bautista”.
A tratti smette di piovere e il palco dimostra di avere una sola regola: chi ci sale si emoziona, perché è un continuo di applausi e grida. Il coro più assordante è per Marco Bezzecchi, che si è presentato con la solita faccia serena e una giacca da snowboard addosso. Il momento che racconta tutto: Claudio Domenicali sotto al palco, ad ascoltare J-Ax che canta la mia ragazza mena e spirale ovale a fine serata. È felice, non andrebbe mai via, preferisce la piazza sotto una pioggia che non se ne vuole salire alle sale di Palazzo Re Enzo dove è allestito un catering scintillante. D’altronde quando ha assunto la guida dell’azienda fuori c’era uno striscione con su scritto ‘Claudio uno di noi’ e lui vuole continuare ad essere così per chi lavora in Ducati. O, ancora, quando Bagnaia parla dei momenti duri prima di Assen (quando gli mancavano gli ormai celebri 91 punti) e di come tutti gli siano stati vicino, specialmente Davide Tardozzi. Lui, Tardozzi, a queste parole si emoziona e non riesce a trattenere le lacrime, è sotto al palco a versarne un bel po’. Dopo J-Ax partono i fuochi. Vicinissimi, rossi e d’oro, a ritmo con We Are The Champions che suona per ultima.