Dice che le Ducati vanno di più, ma poi la sua BMW risulta la prima anche in termini di velocità massima. Il resto, con il gran talento che ha, ce lo mette lui: Toprak Razgatlioglu. Anche all’Estoril è andata così, con le solite provocazioni sulle Ducati del giovedì per provocare e fare la parte di quello che ha sempre qualcosa da ridire e poi, però, dominio in pista sin dal venerdì: primo nelle prove, primo in qualifica e primo pure in Gara1, con i punti di vantaggio su Niccolò Bulega che adesso sono 41. Il titolo, salvo clamorosi colpi di scena, è praticamente ipotecato, anche perché è stato chiaro sin dalle primissime battute - anche dopo un cambio gomme improvvisato approfittando della ripartenza dopo la bandiera rossa per l’incidente in Gara1 – che Niccolò Bulega avrebbe solo potuto provare a contenere i danni. Soprattutto se si considera che Alvaro Bautista, il suo compagno di squadra in Ducati, non s’è prestato ai giochi di squadra tanto temuti dallo stesso Razgatlioglu e da molti dei sui tifosi.

E’ vero che poi lo spagnolo del Team Aruba non ha forzato troppo per resistere al sorpasso di Bulega, ma quella partenza davanti a tutti e la bagarre subito dopo lo start ha sicuramente impedito all’italiano di giocare l’unica carta possibile: andare via da subito e sperare in una non rimonta . Invece è andata esattamente al contrario, con Razgatlioglu che, dopo la partenza difficile, s’è rimesso davanti fino a accumulare un vantaggio che a metà gara era di oltre due secondi. “Non c’è niente di sopra le righe che io possa inventarmi – ha detto uno sconsolato Bulega dopo il traguardo – Posso solo provare a battere Toprak con quello che ho, ma non è facile perché lui e la sua moto sono fortissimi. Devo solo essere più veloce. Oggi, a un certo punto, stavo per prenderlo, quindi se miglioriamo alcuni dettagli penso di poter stargli più vicino domani e magari lottare con lui. Sarà importante anche perdere meno tempo all’inizio”.
Un’ultima frase, quella di Bulega, che suona di elegantissimo appello anche a Ducati e al suo compagno di squadra, visto come è andata Gara1, ma l’impressione è che a Borgo Panigale (giustamente) abbiano deciso di voler essere prima di tutto campioni del mondo di non-gioco di squadra. Anche adesso che gli altri cinque punti messi nel sacco da Toprak suonano quasi di ipoteca a un titolo da festeggiare a Jerez, all’ultimo atto del suo ultimo anno in Superbike prima dell’esperienza in MotoGP con Yamaha e Pramac. Se, però, il turco dovrà aspettare ancora prima di essere di nuovo campione del mondo, chi c’è già riuscito all’Estoril è Danilo Petrucci. Solo che lui è campione del mondo di sfortuna.
Il ternano, infatti, è terzo in classifica generale, ma ha dovuto lasciare il Portogallo per finire direttamente in sala operatoria lunedì. Nei giorni scorsi, come lui stesso ha raccontato, aveva rimediato una microfrattura alla mano che già in passato si era più volte rotto. Ha stretto i denti e ieri ha provato comunque a essere in pista, lottando contro il dolore e strappando anche tempi più che dignitosi. Ma quel turno di prova ha avuto un prezzo salatissimo: la microfrattura è diventata frattura da operare. Risultato? Niente round portoghese, Jerez a rischio e punti di vantaggio in classifica che sono diventati 15 da 31 che erano su Alvaro Bautista e 17 da 30 che erano su Andrea Locatelli. E pure soliti commenti a posteriori di soliti “veloci a parlare dopo” che adesso dicono che non avrebbe dovuto prendersi un rischio così.