Il sorriso ce l’ha sempre un po’ beffardo: è la sua espressione. Anche il modo di parlare, con quell’accento sfacciatamente romano, contribuisce a rendere l’immagine del pilota che ti prende sempre un po’ per il cu*o. Gli occhi, però, raccontano altro: Fabio Di Giannantonio è così davvero e non gioca. Ci vuole poco a rendersene conto. E ci vuole ancora meno a maturare la certezza che dietro quell’aria così c’è un piccolo eroe della sostanza. Basta prendere in esame anche i numeri: nono in classifica generale, con 62 punti, davanti al suo compagno di squadra e con risultati sempre in crescita.
La sua è la storia di uno che è partito da un po’ più lontano e che ai salti mortali ha preferito i passi piccoli. Spirito da guascone, ma anima da ragioniere. Con la classifica che ora parla chiaro e con i detrattori di una vita che adesso sono costretti a chiudere la bocca davanti ai numeri. Ok, non guida la classifica mondiale e non ha ottenuto chissà quale risultato con la Ducati del Team Pertamina Enduro VR46, però zitto zitto sta sempre lì, a giocarsela con gli umani. Mai una polemica, mai una parola fuori posto, mai una critica alla moto, alle gomme o a qualunque altro colpevole di turno. Perché Fabio Di Giannantonio, piuttosto che ai nemici, pensa all’unico vero alleato di ogni pilota: il lavoro.
Anche dopo Barcellona ha messo la luce su quello che è arrivato piuttosto che su quello che è mancato. E in un team che l’ha accolto all’ultimo sembra essersi ambientato come uno che sta lì da una vita. Riesce a farsi volere bene. E è molto più personaggio di altri che invece stanno sempre e solo al protocollo. “Qui abbiamo ottenuto la prima top five di stagione – ha detto – Sono contento, perché siamo in crescita”. Il “grazie” prima di ciò che serve ancora, con il Diggia che ha aggiunto: “Fino a ora siamo stati spesso in top ten e andava bene, ora abbiamo fatto un altro piccolo passo. Dobbiamo solo continuare. A Barcellona siamo riusciti a migliorare ancora qualcosina sulla moto e adesso per il Mugello ho un sogno”. Il sogno, manco a dirlo, è quello di regalarsi e regalare almeno un podio proprio sul circuito più suggestivo della stagione, quello in cui il suo datore di lavoro, un certo Valentino Rossi, resterà per sempre imperatore. E che inevitabilmente, anche in questo 2024, sarà tutto giallo. Lui, il 49 con la moto gialla, punta a fare ciò che ultimamente gli riesce bene un bel po’: mimetizzarsi, quasi nascondersi, e poi spuntare lì dove nessuno (tranne Fausto Gresini) fino a qualche anno fa avrebbe pensato che sarebbe potuto arrivare.
C’è arrivato e lo ha fatto passando dalla porta di Valentino Rossi. E adesso che il mercato è sulla bocca di tutti lui, che pure ha un contratto di un solo anno, sembra tranquillissimo. Come uno che è perfettamente consapevole che una sella in MotoGP ci sarà anche l’anno prossimo. La merita. Sarà ancora quella del Team VR46? Verosimilmente sì. O comunque sarà una Ducati, visto che Gigi Dall’Igna, che non è l’ultimo arrivato, lo tiene in palmo di mano, proprio per quella caratteristica d’essere uno che punta tutto sul lavoro. Nel paddock si dice che nessuno quanto lui si mette lì a studiare dati, numeri, gare degli altri, per capire di più, per carpire qualcosa. Salvo poi presentarsi in sala stampa, sedersi sbracato e buttarla a ridere, come uno che non vuole dare nell’occhio. Fino al Mugello…