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Fabio Quartararo: “Se oggi sono un campione del Mondo lo devo prima di tutto a Valentino”

  • di Maria Ilaria Patta Maria Ilaria Patta

31 ottobre 2021

Fabio Quartararo: “Se oggi sono un campione del Mondo lo devo prima di tutto a Valentino”
In una lunga intervista Fabio Quartararo ha raccontato di sé, delle sue origini, di come lo psicologo lo abbia aiutato a ritrovare una certa serenità e di quella volta quando, a 6 anni, decise di voler diventare pilota dopo essere rimasto affascinato da Valentino Rossi

di Maria Ilaria Patta Maria Ilaria Patta

Chiunque incontri Fabio Quartararo si rende conto che è una persona solare, sempre sorridente. Il motivo però non è dovuto solo all’essere diventato campione del mondo la scorsa domenica, come ha spiega lui stesso intervistato da Repubblica: “Ma no, il titolo della MotoGp vinto domenica a Misano non c’entra. È che a me piace la gente: tutta, e non importa da dove vieni o qual è il colore della tua pelle. Anzi: più sei straniero, più mi piaci. Sono fatto così: curioso”.

Fabio è una persona gentile e leggera a meno che non si tratti di correre in pista: “Prendo la vita con facilità. Però in pista sono un altro”. William Favero, manager della Yamaha, lo descrive come “un matto, con la testa sulle spalle” e lui è d’accordo: “Confermo. Nella vita di tutti i giorni sono iperattivo, effettivamente un po’ pazzo. Faccio un sacco di cose. Sulla moto mi trasformo: determinato, una voglia pazzesca di vincere. Lo psicologo mi ha aiutato a credere di più in me stesso dopo la delusione dello scorso anno, quando pensavo di prendermi il mondiale e invece sono scomparso: non è stato un vero e proprio clic, ma da quando l’ho visto la prima volta — era dicembre — sono cambiato. Mi ha aiutato a trovare la serenità anche in moto, e la costanza. La testa sulle spalle, sì”. A parlare con El Diablo si ha l'idea che lui si diverta sempre: “E cosa ci può essere di meglio, nella vita? Faccio quello che ho sempre sognato, la mia famiglia accanto. Sono un ragazzo semplice, allegro. So si essere fortunato. Però la fortuna te la devi cercare.”

Quando gli si domanda di una vecchia foto dal paddock che circola sui social ritraente Valentino Rossi e un bimbo biondo che lo guarda adorante racconta: “È tutto merito di Valentino, se sono qui. Da piccolo ero grassottello, mamma Martine mi ha fatto smettere con hamburger e patatine: “Fai un po’ di sport”. Ho scelto la moto: un po’ perché ci correva già mio padre, ma soprattutto perché un giorno Rossi ha fatto una cosa incredibile. Nel 2005, quando ho visto come ha sorpassato Gibernau a Jerez, mi è scattato dentro qualcosa: “Voglio essere un pilota e diventare campione del mondo come lui”, ho giurato. Avevo 6 anni”. Il modo in cui guida il ventiduenne però ricorda quello di Jorge Lorenzo: “Il mio stile assomiglia a quello di Jorge. C’è sempre da imparare: anche da Rossi, in queste sue ultime gare. Che emozione: rispetto.”

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Quando gli si domanda se potesse rubare qualcosa a Valentino cosa sceglierebbe, risponde senza dubbi: “I titoli. Soprattutto il suo modo di essere. La popolarità, l’entusiasmo che continua a suscitare in tutto il mondo. E vorrei avere l’aggressività di Marquez, il modo in cui Pedrosa tira su la moto, l’eleganza di Lorenzo, il talento puro di Stoner. Però sono felice di essere Fabio Quartararo”.

Per quanto riguarda invece le sue origini italiane: “Forse imparerò il siciliano, un giorno. I genitori di mamma e papà erano emigrati da Palermo in Tunisia a cercare fortuna, negli anni Sessanta si sono trasferiti in Francia. La nonna paterna ha imparato il francese solo poco tempo fa, lei sì che potrebbe insegnarmelo: purtroppo negli ultimi tempi non sta molto bene. Mi piacerebbe visitare il sud dell’Italia”. Appassionato di calcio, Quartararo ha raccontato di essere un tifoso della Juventus e di aver avuto modo di incontrare alcuni giocatori: “Ho un amico che lavora nel club, a Torino: mi aveva fatto incontrare Ronaldo, Dybala, Douglas Costa, Rabiot. Bellissime persone. Tifo più per loro, che per la squadra. Ho conosciuto qualcuno anche al Milan. Come al Psg. Diciamo che prima viene la Juve. E poi mi piace il Nizza, la squadra della mia città”.

Nizza che è nota per essere un mosaico di culture: “Io accetto tutto il mondo, e penso che le città appartengano a chi ci vive. Non sono impegnato politicamente: voglio essere un atleta che cerca di trasmettere una buona immagine di sé stesso, e dare l’esempio a tanti giovani che fanno sport. Impegno, determinazione, sacrificio: ma sempre sorridendo. Quando arrivi a questo livello è giusto essere un modello per gli altri, perché possano fare bene”. Per quanto riguarda il prossimo anno Fabio ha già deciso che non correrà col numero uno sulla carena: “No, grazie: non ne vale la pena. Valentino ha vinto 9 titoli e ha sempre tenuto il suo 46. Allora anche io preferisco restare col 20: così ho cominciato, e voglio finire la mia carriera. È tutto più semplice. Leggero”.  

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