Lo guardi correre e te lo immagini con il sorriso che affiora da sotto il casco. Fernando Alonso in pista resta feroce come un leone, spietato e concentrato come quello che da sempre è il suo simbolo - il samurai - ma pur sempre un rookie, un ragazzo, un bambino che a 41 anni compiuti sta ancora vivendo il suo sogno. Lo aveva detto, in un'intervista durante la pausa invernale, di "avere paura del dopo": di non sapere come stare a casa, come vivere senza il motorsport, lui che per la Formula 1 ha sempre vissuto, combattuto, sofferto.
Ha portato a casa, negli anni della sua lunghissima carriera nella classe regina, meno di quello che avrebbe potuto ottenere, con un talento così puro e una voglia di vincere superiore a quella di chiunque altro. E questo non lo ha distrutto, come successo a tanti altri prima di lui, ma lo ha reso ancora più insaziabile: si è ritirato, per togliersi qualche soddisfazione tra WEC e Dakar, per poi tornare. Ha cambiato squadra, ha concordato il passaggio in Aston Martin senza avvisare Alpine, facendo andare su tutte le furie il team principal Otmar Szafnauer, ha cercato la soluzione migliore, quella che più delle altre gli sembrava pronta a tutto per arrivare al successo. E ha trovato la sua stessa voglia di dominare negli occhi di Lawrance Stroll.
Uno come Alonso con i capi così, quelli sempre a cavallo tra il concesso e il proibito, ci va a nozze dai tempi di Flavio Briatore e della Renault, e certo non sembrano spaventarlo i tempi che cambiano, le nuove gerarchie, questa generazione amatissima di giovani piloti.
Perché dategli una macchina e Fernando Alonso sarà pronto. Sempre. Sarà quel pilota che nella prima qualifica del nuovo anno, in Bahrain, cambia assetto per la staccata e cura al millesimo ogni dettaglio, anche a costo di complicarsi la vita. Sarà quello che però di un quinto posto, stupendo e impensabile fino a poche settimane fa alle spalle di Red Bull e Ferrari, non è ancora del tutto soddisfatto: "Possiamo fare di più" dice senza peli sulla lingua.
Può e deve, in egual misura. Può perché sa di avere una macchina che finalmente gli permetterà di lottare per ottenere i piazzamenti che contano davvero, quelli che ieri ai giornali spagnoli hanno fatto dimenticare il Carlos Sainz della Ferrari e hanno fatto gridare al miracolo, alla resurrezione, al ritorno del vero divo di questo sport: Alonso è tornato, fateci godere. E deve perché di questo godimento abbiamo bisogno. Lui, che a casa a 41 anni e non sa e non vuole stare. E noi, che all'idea di vederlo scalpitare per una vittoria al fianco di Max Verstappen e Charles Leclerc già impazziamo.
È una consapevolezza che fa girare la testa, in un tempo che pensavamo ormai scaduto. Quello degli Alonso, dei Vettel, degli Hülkenberg - che torna e si ritrova in Q3 - e degli Hamilton. Quello della vecchia guardia, di chi non aveva raccolto quanto il suo talento avrebbe voluto, e potuto. Ma la perseveranza di Fernando, la sua incapacità di arrendersi e la sua voglia di dimostrare ancora, sempre, qualcosa in più. Lo ha premiato sotto il tramonto della prima qualifica dell'anno in Bahrain.
Un quinto posto che in gara può valere di più, un inizio in una stagione che si preannuncia incredibile. Per lui, per noi, per chi questo sport lo ama e basta. Perché Fernando Alonso ha una macchina da podio, e sa esattamente che cosa farci.