Lewis Hamilton che gira ancora in Mercedes è l’immagine perfetta di cosa, nell’ultimo periodo, sia diventata la Ferrari. Un tempo oggetto del desiderio del mondo intero, oggi, forse, un po’ meno. Sir Lewis è stato infatti beccato a Los Angeles scendere dalla sua Mercedes Maybach S680, parte di una capsule collection firmata Virgil Abloh e la domanda è solo una: ma com’è possibile che un pilota Ferrari, squadra e brand tra i più rilevanti e influenti al mondo, giri su una vettura Mercedes? È vero: l’inglese e il designer si ammiravano, molto, ma è altrettanto vero che, specie se sei Lewis Hamilton, pilota preso per dare una spinta a 360° alla Scuderia, il discorso cambia.


Questione di immagine, la stessa che farà incaz*are tanti dei tifosi della squadra. Una piccolezza, eppure importantissima. Un tempo si diceva che prima dei piloti ci fosse la Ferrari, ma questa volta così non è stato. Perché è impossibile negarlo: chiunque abbia visto quella foto e la Scuderia ce l’ha nel cuore, nonostante ogni sacrosanta libertà, si è sentito un po’ tradito. Tanto più che Hamilton di Ferrari ne ha parecchie, utilizzate persino negli anni in cui vestiva la tuta della Mercedes.
I problemi, però, sono ben più ampi e coinvolgono la Scuderia in toto. C’è un Leclerc che, nonostante l’amore infinito verso la rossa, dopo sette anni a lottare come un leone inizia a spazientirsi vedendo vincere solo gli altri, gli stessi rivali che in passato ha battuto. Continua a giurare fede, ma vederlo andare via se anche il prossimo anno tutto dovesse andare male, proprio come nelle ultime stagioni, non è più improbabile. E poi ci sono le vittorie che mancano al di là dei singoli piloti, con una striscia senza successi che, gara dopo gara, diventa sempre più lunga. Da qui a fine stagione sarà dura, con una McLaren schiacciasassi e una Red Bull che, quantomeno nelle ultime due gare -grazie anche a un nuovo pacchetto di upgrades- sembra aver staccato la Scuderia di Maranello.

La SF-25 non è la peggiore del lotto ed è per questo che, in un modo o nell’altro, per ora ha consentito alla squadra di arpionare il secondo posto nella classifica Costruttori, ma non ha nemmeno pregi che la rendano la più veloce, quantomeno in alcune circostanze. Doveva essere la vettura del riscatto, quella del Mondiale, ma la verità è che a Baku saranno i papaya a giocarsi il primo match point, con sette gare d’anticipo. Dominanti proprio come quella Ferrari che, anni addietro, costringeva i giornali ad aprire con titoli come “Formula Noia”.

E non finisce qui visto che, ormai, anche la comunicazione è diventata un rebus incomprensibile: quando Frederic Vasseur afferma una cosa i piloti fanno l’opposto o viceversa. Un cliché di questa stagione che, a Monza, si è visto all’ennesima potenza: giovedì Hamilton diceva di essere disposto ad aiutare Leclerc in qualifica, lo abbiamo ascoltato con le nostre orecchie, ma sabato sera affermava il contrario. Lo stesso team principal ne aveva parlato, salvo poi cambiare versione terminate le qualifiche. Poi c’è la proprietà nelle figure di John Elkann e Benedetto Vigna che, invece, di parole non ne spendeno proprio, al contrario di chi c’è stato in precedenza. Ancor prima che nel box servirebbe una reazione dai piani alti, perché così, salvo miracoli, non si vince. E non si vincerà.

