Shanghai, Miami, Montreal, Silverstone, Zandvoort e Singapore. Sono queste le sei Sprint Race presenti nel calendario di F1 nel 2026 per la gioia degli appassionati della F1. Un commento sarcastico, perché a leggere le due novità -Olanda e a Singapore- l’unica domanda possibile è: ma perché? E va bene il business e i contratti faraonici strappati dai promoter dei GP, ma perché aggiungere due gare che, salvo cose straordinarie, saranno una noia annunciata? A Zandvoort non si sorpassa come visto qualche settimana fa, stessa cosa sul cittadino di Marina Bay. Processioni annunciate, nonostante la ricerca continua di azione.

Una scelta strana, ancor di più se si considera che, negli ultimi anni, si è persino cercato di ovviare ai lunghi trenini che si formano a Monaco di stagione in stagione. Come se non bastasse, poi, sia Zandvoort che Singapore sono due tracciati su cui la prestazione arriva giro dopo giro e, con il format Sprint, squadre e piloti avranno molto meno tempo a disposizione in pista, con un solo turno di prove prima delle qualifiche. È forse questa l’imprevedibilità che si cerca, con la squadra di turno -come visto a Zandvoort con la Racing Bulls- che diventa la sorpresa del weekend e si infila tra i top team? Difficile dirlo, eppure da qualsiasi punto di vista si guardi alla notizia sembra un flop annunciato.
Una mossa che, inoltre, non fa altro che aumentare l’ostilità verso un format che non è mai entrato davvero nel cuore degli appassionati, oltre che dei piloti, contrariamente a quanto continuino ad affermare i vertici di Liberty Media. La dimostrazione? Sono anni che ogni stagione si dice che le Sprint aumenteranno, ma, alla fine, sono sempre sei. Lo erano nel 2023 e nel 2024, lo sono nel 2025 e lo saranno anche nel 2026. Eppure, il format è remunerativo: entrano più soldi, tanto per chi organizza il Gran Premio che per Liberty Media stessa, oltre a record di presenze in circuito assicurati visto che la presenza al venerdì e al sabato è maggiore. C’è più attività, è vero, ma il numero non cresce mai.
Sarà che, forse, così com’è oggi il format più di tanto non convince? Intanto, però, Stefano Domenicali alla vigilia di Monza aveva ribadito il concetto, ancora una volta: “La direzione è chiara, posso garantire che tra pochi anni la richiesta sarà di avere tutti i weekend con lo stesso format. Non dico che arriveremo come la MotoGP, che propone la Sprint in tutti gli appuntamenti, per noi sarebbe uno step troppo grande, lo vedo più come un processo di maturazione che va portato avanti rispettando chi ha un approccio più tradizionalista”. Tutto bellissimo, ma la verità è che le dichiarazioni si scontrano con la realtà perché, se così fosse stato, al sabato avremmo già almeno 12 gare in calendario. Sono rimaste sei, ma si poteva fare molto meglio: d’altronde, di piste su cui si può sorpassare senza inventarsi miracoli alla Leclerc su Russell ce ne sono, e anche parecchie.

