L’Argentina ha regalato alla F1 talenti incredibili, Juan Manuel Fangio su tutti. Vinse cinque titoli mondiali, un record resistito fino a metà anni Duemila, e perfezionò un’arte servita a molti – citofonare Hamilton per ulteriori informazioni – cambiare sapientemente team per vincere. Ma per ogni Fangio ci sono mille Mazzacane. Anzi, sarebbe ingiusto, di Gastón Mazzacane ce n’è uno solo. Riformulo così, allora: in F1, uno su mille ce la fa. Gastón non ce la fece.
Gastón è figlio d’arte: suo padre, Hugo, corse nel Turismo Carretera, popolarissima categoria turismo argentina. Dopo il classico battesimo sui kart, Gastón decise di ripercorrere le orme di papà, tentando fortuna proprio nel mondo del turismo. Ma il nostro aveva ambizioni ben più sfidanti: decise di trasferirsi in Europa, dove, dopo una gavetta dimenticabilissima nelle categorie minori, arrivò la grande occasione. Un posto in Minardi per la stagione 2000 di F1.
Pronti, via, nuovo millennio, nuove sfide. Mazzacane si presentò alla Minardi grazie ad un personalino niente male. Una valigia zeppa di soldi, grazie allo sponsor PanAmerican Sports Network. Fu il denaro sonante a dargli la chance di arrivare in F1. Perché nelle categorie minori, il buon Gastón aveva arrancato non poco: da solo, non ce l’avrebbe mai fatta. Accanto a lui, in quel 2000 che vide il primo mondiale di Schumi con la Ferrari, in tuta con dettagli giallo fluo stile Stabilo, c’era qualcuno che i tifosi italiani sono abituati a vedere oggi in altra veste.
Parliamo di Marc Gené, oggi apprezzata voce di Sky, ieri giovane di belle speranze che – non poteva saperlo, ma noi, raccontando a posteriori, chiaramente sì – avrebbe ottenuto le più grandi soddisfazioni a Le Mans e non in F1. Ma il palcoscenico, per una volta, è tutto di Gastón. E, allora, diciamolo subito: Mazzacane aveva un problema di non poco conto, per un pilota di F1. In qualifica non andava nemmeno con le cannonate. Non sischiodava praticamente mai dall’ultima fila. Risultato migliore al sabato? Un ventesimo posto. Per due volte, non di meno.
È chiaro che, con una macchina modesta come la Minardi, partire sempre dalle propaggini più recondite della griglia non rappresentava il miglior biglietto da visita per la gara. Ma qualche risultato – leggermente – più incoraggiante arrivò. Come l’ottavo posto al Nurburgring. A due giri dal vincitore, con nove macchine al traguardo. Però comunque qualcosa, va detto. L’highlight della stagione arrivò ad Indianapolis. In condizioni miste, Gastón arrivò vicino alla leggenda, battagliando con un Mika Hakkinen in evidente difficoltà con le gomme da asciutto.
Veleggiò intorno al terzo posto, Gastón. Roba da raccontare ai nipotini. Emozione palpabile, per lui. Pure troppo. Perché, una volta finita la sua esperienza da Cenerentolo, gli toccò passare nuovamente alla bassa manovalanza. Come rientrare ai box per il cambio gomme. E la seconda sosta fu un disastro. Il nostro, probabilmente ancora carico a pallettoni, finì lungo, centrando alcuni meccanici. Uno strike che, per fortuna, non causò infortuni seri. Se non all’ego del povero Gastón, immediatamente ridimensionato.
A fine anno arrivò il benservito della Minardi. Ma Gastón e il suo gonfio portafoglio trovarono un’altra collocazione. In Prost, team che non versava in buone acque e sarebbe arrivato alla sua fine al termine della stagione 2001. Mazzacane, però, non avrebbe vissuto la fine di quell'avventura. Lo scaltro Alain, conoscendo i suoi polli, aveva messo nel contratto di Mazzacane una clausola legata alla performance. Il contrario di quella che ha attualmente Max Verstappen. Se l’olandese può svincolarsi in caso di prestazioni sottotono della Red Bull, la Prost poteva rescindere l’accordo con Gastón qualora non avesse ottenuto i risultati sperati.
Dopo sole quattro gare, l’eventualità peggiore si verificò. Mazzacane fu licenziato dopo il Gran Premio di San Marino 2001, che resta, ancora oggi, l’ultima gara di F1 con un pilota argentino in griglia. Pensate che dopo questo strazio il nostro decise di fermarsi lì? Manco per sogno. Gastón, dopo il fallimento della Prost, cercò di rilevare il team e di riportarlo in F1, riesumando anche un altro residuato bellico notevole, Tarso Marques. Fu una sorta di operazione Frankenstein: telaio Prost, motore Arrows. Proposta rispedita al mittente dalla FIA. Dopo questa bruciante delusione, Gaston tentò fortuna in America, invano. Poi qualche apparizione nella Stock Car brasiliana, e la chiusura del cerchio, nel Turismo Carretera. Ma per chi seguiva la F1 nei primi anni Duemila, Mazzacane resterà nel cuore – con tutto rispetto, perché comunque in F1 ha corso - come prototipo del bidone pittoresco. Chi c’era, sa. Chi non c’era, si fidi.