In Formula 1, ci sono piloti che riescono a mettere a segno imprese incredibili, infrangendo record che in pochi ritenevano battibili. E, una volta raggiunto questo obiettivo, si ritrovano a ingaggiare una lotta contro se stessi, nel tentativo di alzare ancora di più l’asticella. È stato così per Michael Schumacher, quando fece a pezzi il record per il maggior numero di titoli mondiali detenuto da Juan-Manuel Fangio da quasi cinquant’anni. Vale anche per Lewis Hamilton, che ad ogni pole e vittoria, da un po’ di tempo a questa parte, surclassa se stesso. E poi c’è l’irreprensibile Narain Karthikeyan, riuscito in un’impresa analoga. Ma in peggio.
Prima di arrivare al singolare primato del nostro, tocca riavvolgere il nastro per raccontare gli albori della leggenda. Kamur Ram Narain Karthikeyan, nato nel 1977, sarebbe diventato, 28 anni dopo, il primo pilota indiano ad approdare in Formula 1. Come lui, solo un altro connazionale, Karun Chandhock, che avrebbe seguito i suoi passi di lì a qualche anno. L’India non è esattamente terra di motori, e, per emergere, il buon Narain dovette prendere il volo ben presto. Dopo gli esordi nella ruggente Formula Maruti, categoria locale che negli anni ha fatto da incubatrice di vari presunti talenti, Narain fece il giramondo.
Con un tesoretto di piccoli sponsor, Narain si fece le ossa più o meno ovunque, dalla Formula 3 britannica alla Formula Nippon. Fu una gavetta lunghissima, che, però, alla fine portò i suoi frutti. Il nostro, nel 2005, riuscì finalmente ad arrivare in Formula 1, vestendosi dei gialli colori della Jordan. Che, sfortunatamente per lui, con i fasti del team che con Eddie Jordan era arrivato vicino a sedersi nel salotto buono della F1 aveva in comune solo l’effigie. All’epoca, infatti, Eddie aveva già venduto la proprietà ad Alex Shnaider, magnate canadese di russe origini che l’anno successivo avrebbe innescato la miccia che avrebbe portato la scuderia a prodursi in una carambola di identità infinita: Midland-Spyker-Force India-Racing Point-Aston Martin, per riassumere.
Ma questo poco conta, nella storia del nostro Narain. E allora, concentriamoci sulle sue, di imprese. Con la sua gialla EJ15, Narain riuscì a portarsi ad un passo dalla leggenda in uno dei GP più bizzarri della storia della F1. Indianapolis, 2005. L’ammutinamento dei gommati Michelin, i cui pneumatici non avrebbero mai tenuto per l’intera gara come richiesto dal regolamento di quella stagione, fece sì che al via della corsa ci fossero solamente sei macchine, tra cui le Jordan di Karthikeyan e del portoghese Tiago Monteiro. Alle spalle delle imprendibili Ferrari di Michael Schumacher e Rubens Barrichello, Monteiro e Karthikeyan tagliarono il traguardo in terza e quarta posizione, doppiati. Podio per Tiago, menzione d’onore per il nostro.
Un’occasione così non gli sarebbe potuta ricapitare più, vi direte a questo punto. E invece Narain fece la storia sei anni più tardi. Dopo essere uscito dalla F1 dalla porta principale, il nostro rientrò a sorpresa dalla finestra nel 2011. Con la mitologica Hispania Racing Team, ricordata soprattutto per aver portato al debutto in Formula 1 un certo Daniel Ricciardo, che, per inciso, avrebbe soffiato il posto proprio al deficitario Karthikeyan dopo otto gare. Ma, prima di tutto questo, Narain si sarebbe accaparrato un record destinato a durare nel tempo.
Accadde nel Gran Premio d’Europa, a Valencia. All’epoca, i piloti sullo schieramento erano 24. Ma non capitava praticamente mai che arrivassero tutti al traguardo. Quel giorno, il 26 giugno del 2011, successe. A vedere la bandiera a scacchi per ultimo fu proprio l’ottimo Narain. Che riuscì, con questo sforzo, a battere il record per il peggior piazzamento della storia della F1. Fin qui, sono capaci tutti. Il colpo da maestro è un altro. Perché Karthikeyan riuscì a far meglio – anzi, peggio - di se stesso. Il primato in negativo precedente, un ventitreesimo posto messo a segno nel GP di Cina del 2011, era suo.
Ma non finisce mica qui. Perché, se andaste a sbirciare lo storico di questo primato, scoprireste che il record immediatamente precedente, ottenuto nel Gran Premio d’Italia del 2005, era stato messo a segno da una vostra vecchia conoscenza. Proprio lui. Quel volpone di Narain. Qui siamo di fronte a un dominio impressionante. Altro che Hamilton. E il nostro Narain, a quasi dieci anni dall’impresa delle imprese e a nove dall’addio alla F1, nel 2012, corre ancora. Insieme ai connazionali Naveen Rao e Arjun Maini, di recente ha cercato di vincere la Asian Le Mans Series, per partecipare alla 24 Ore di Le Mans. Non ci è riuscito, manco a dirlo. Ma non deve disperarsi, perché è già entrato nella storia.