Prendete Ayrton Senna, mescolatelo sapientemente con un po’ di James Hunt, sottraete un bel po’ di talento e otterrete Pedro Paulo Diniz, pilota e playboy grazie ai soldi di papà Abelio. Facoltoso proprietario di una nota catena di supermercati brasiliani, decise di assecondare le passioni dell’erede finanziando la sua carriera nei kart, cominciata piuttosto tardi, a diciotto anni. Pedro, classe 1970, è il classico esempio di bidone che, a furia di provarci, è riuscito a migliorare un bel po’. Ma non spoileriamo troppo, e riavvolgiamo il nastro fino all’inizio degli anni Novanta.
Gli esordi nelle categorie minori furono tutt’altro che esaltanti, per Pedro. Ma papà Abelio riuscì a spingerlo grazie ad un accordo geniale con la filiale brasiliana della Parmalat. Per ogni prodotto dell’azienda italiana venduto nella sua catena, 10 centavos venivano devoluti alla carriera del giovane Diniz. Il nostro riuscì così a racimolare una dote considerevole da portare nella sua capiente valigia in giro per l’Europa. Fu questa la chiave che gli consentì di continuare nonostante le peregrinazioni nelle varie serie – Formula Ford, Formula 3 e Formula 3000 – si concludessero inevitabilmente senza frutto.
Pedro sgomitava come un galletto tutto tronfio, però. E il suo overdrive arrivò molto vicino a costargli carissimo. A Silverstone, in Formula 3, ebbe un incidente in cui rischiò di restare paralizzato. Se la cavò con la rottura della quinta vertebra e continuò imperterrito la sua ascesa verso la F1. Ci arrivò nel 1995, con la giallissima Forti, leggendaria scuderia che meriterebbe un racconto a parte. Manco a dirlo, il nostro ottenne il sedile accanto a Roberto Moreno grazie agli ampi fondi del padre, fondamentali per un team modesto come la Forti.
In quel memorabile 1995, Diniz non fu un fulmine di guerra, ma si dimostrò quantomeno un pilota costante, capace di portare la macchina al traguardo. Non bastò per togliergli la nomea di pagante, ma quantomeno gli consentì di trovare una collocazione migliore rispetto alla Forti, in Ligier. E qui il nostro riuscì a fare meglio delle aspettative. Che erano bassissime, ma tant’è. Pedro ottenne anche un paio di punti, in un’epoca in cui solo i primi sei classificati ne ricevevano. Nel 1997, grazie ad un tesoretto di 13 milioni di sterline, si trasferì alla Arrows, dove fece coppia con il campione del mondo in carica, Damon Hill.
Ed è proprio alla Arrows che l’ottimo Pedro riuscì ad affrancarsi, almeno in parte, dalla sua identità di pilota con la valigia. Perché fu in grado di battere un campione del mondo come Hill in qualifica, su due piste complesse come Interlagos e Suzuka. E l’anno successivo fu un testa a testa con il nuovo compagno di squadra, Mika Salo, che nel 1999 avrebbe sostituito l’infortunato Michael Schumacher in Ferrari. Ma Pedro dava il meglio di sé fuori dalla pista, nella sua vita patinata da copertina a Montecarlo, dove circolava in Ferrari con la fidanzata di turno.
Modelle nei box, feste sfrenate, compleanni festeggiati con la divina Naomi Campbell: il buon Pedro, in quei ruggenti anni Novanta che volgevano al termine, non si fece mancare nulla. Dopotutto, la combinazione tra i soldi di papà e l’allure del pilota di F1 che non deve chiedere mai ha sempre esercitato un certo fascino. A maggior ragione per un tipo piacente come lui. Pedro lasciò più il segno sui rotocalchi brasiliani che in pista, all’insegna di un edonismo che nella F1 asettica di oggi non si vede più, nascosto dietro la facciata.
Tra un viaggio a San Paolo con scorta al seguito e un party su uno yacht a Montecarlo, Diniz approdò alla Sauber nel 1999. Iniziò così un biennio in cui il buon Pedro mostrò una forma interessante, ottenendo tre punti nel 1999. Ma c’era un problema. Si era stufato di correre. E la stagione 2000, fatta di ritiri e difficoltà, non fece altro che confermare quella sensazione. A trent’anni, era pronto a cambiare vita. Decise di acquistare il 40% della Prost e di assumere un ruolo manageriale nel team in cui, in un crossover degno di nota tra piloti paganti, era pronto a correre Gaston Mazzacane, nostra vecchia conoscenza.
Quell’esperienza non finì bene. La Prost fallì a fine 2001. E il nostro playboy impenitente, di lì a poco, avrebbe cambiato completamente vita. Addio al lusso fatto di champagne e compleanni con le top model, benvenuti yoga e prodotti bio. Sì, perché il nostro, dopo il matrimonio con un’attrice conosciuta tra un saluto del sole e l’altro, ha aperto una fattoria biologica. Oggi, oltre a questa attività, ha un ruolo dirigenziale nella catena di famiglia. Il latte Parmalat, però, è solo un ricordo. Per lui, ora, solo prodotti a chilometro zero. Da pilota playboy a guru del biologico: se non fosse che abbiamo le prove, sarebbe da non credere.