Ah, Imola. Teatro di imprese incredibili. Indimenticabili come le sette vittorie di Michael Schumacher, l’ultima delle quali ottenuta di forza, a 37 anni, contro il nuovo che avanzava, quel Fernando Alonso che a fine stagione avrebbe vinto il secondo mondiale della sua carriera. O come le otto pole position di Ayrton Senna, implacabile sul giro secco sulla pista alla quale il suo destino sarebbe stato legato in modo ineluttabile e tragico.
E poi c’è Yuji Ide, l’uomo che all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari riuscì nell’imponderabile.
Prima di parlare dell’impresa dell’ottimo Ide, è necessario ripercorrere le origini della leggenda. Yuji, classe 1975, è uno di quelli che gli inglesi chiamerebbero late bloomer. Il nostro sbocciò tardi, affacciandosi nel mondo delle corse nel 1990, a 15 anni. Dopo una lunga trafila nei kart e con le monoposto nel suo paese natale, nel 2002 Ide decise di tentare il grande salto in Europa. Approdò, alla tenera età di 27 anni, nella Formula 3 francese. Poi, il ritorno in patria, e la partecipazione alla Formula Nippon, nel 2005. Categoria in cui il nostro eroe si fece valere, ottenendo il secondo posto.
Tanto bastò affinché il vulcanico Aguri Suzuki, il primo giapponese a cogliere un podio in F1, nel 1990, lo scegliesse per difendere i colori della mitologica Super Aguri, la scuderia affiliata Honda di cui Auguri fu il fondatore. Un pilota, e di buona caratura, c’era già. Trattasi di Takuma Sato, che, peraltro, fu cruciale per la nascita della scuderia. La sostituzione di Takuma con Rubens Barrichello a fine 2005 alla Honda, infatti, aveva innescato una sorta di sommossa popolare in Giappone, dove Sato era diventato un idolo delle folle. La Honda, quindi, decise di supportare il progetto della Super Aguri, per piazzare Sato e calmare i bollori del pubblico di casa.
La richesta di partecipazione della Super Aguri al mondiale fu inizialmente rigettata. Ma, nel gennaio del 2006, arrivò il nulla osta da parte di tutti i team. Partì così un progetto alla Dottor Frankenstein. Perché la SA05 altro non era che una versione rimaneggiata della Arrows A23 del 2002. Fu acquistata dall’ex boss della Minardi, Paul Stoddart, che l’aveva comprata ai tempi del fallimento della Arrows. Fu proprio con questo gioiellino che Yuji Ide, a 31 anni, fece il suo debutto in Formula 1.
La scelta di Aguri Suzuki di puntare su di un rookie stagionato lasciò perplessi molti addetti ai lavori. Suzuki, però, voleva a tutti i costi un secondo pilota giapponese per il suo team. E così optò per Ide, nonostante un problema evidente ancora prima che salisse in macchina. Il nostro, infatti, non spiccicava praticamente parola di inglese. Un inconveniente non da poco in un ambiente in cui è di fatto la lingua franca. Ma questa era solo la punta dell’iceberg.
I primi segnali che Ide fosse un pilota fuori dal comune arrivarono al debutto, in Bahrain. In qualifica, strappò il penultimo tempo. Solo perché Raikkonen non fece registrare un crono, e a 10 secondi dal poleman Michael Schumacher. Dettagli. La rottura del motore dopo 23 giri gli impedì di mostrare tutto il suo potenziale. Lo stesso destino gli toccò in Malesia: dopo un crono di soli 7 secondi più lento rispetto a quello di Giancarlo Fisichella, fu nuovamente bloccato da problemi meccanici.
Ma un talento così dirompente non può essere fermato nemmeno dalla sfortuna più nera. E Ide, nella terza gara del mondiale, a Melbourne, piazzò il primo capolavoro. Prima di tutto, ostacolò il povero Barrichello in qualifica. E in gara si girò più di un étoile della Scala. Miracolosamente, il nostro riuscì a muoversi come un equilibrista sul filo del rischio, portando la macchina al traguardo, al tredicesimo posto. Doppiato anche dal suo compagno di squadra. Che concluse in dodicesima posizione.
Questo era nulla in confronto a quanto successe nel Gran Premio di San Marino. Pronti, via, nel primo giro Ide trasformò il povero Albers in una specie di uomo cannone, facendolo cappottare ripetutamente in aria. Lo spostò con la grazia e l’imperturbabilità di uno spazzaneve, in direzione ostinata e contraria alla ragione. Albers, fortunatamente, pur essendo atterrato a testa in giù, non si fece nulla. Maggiori danni riportò invece la reputazione del nostro eroe. Il suo capo fece spallucce, commentando così: “Non capisce come usare la macchina”. Straordinario.
La FIA, inizialmente, sposò una linea morbida, facendo comprendere con le buone alla Super Aguri che doveva liberarsi di Ide. E, effettivamente, per il GP del Nürburgring, fu sostituito dal pilota di riserva, Franck Montagny. Ma a Place de la Concorde serpeggiava il terrore che Yuji ritornasse in pista. Così decisero di tagliare la testa al toro, revocandogli direttamente la superlicenza. Tanti cari saluti, insomma. Yuji, però, non perse la speranza.
Nel luglio del 2006 fece il suo trionfale ritorno con la Dandelion Racing nella Formula Nippon, per accumulare esperienza e convincere la FIA di aver commesso un errore tremendo. Si cimentò anche nella 1000 km di Suzuka della Super GT con una Nissan. Quella fu davvero una prestazione da incorniciare. Il nostro non solo si beccò una bandiera nera per un contatto con un avversario, ma la ignorò con fierezza, causando la squalifica del suo team. Pensate che si sia arreso? Mai sia. Il nostro, a 46 anni, corre ancora. Anche se non vince dal 2005. Se non è perseveranza, questa…