Troppo odio, troppi abusi, troppi insulti ingiustificati. Gli haters del web stanno lentamente modificando il mondo dei social, trasformandolo in un terreno fatto di calunnie e cattiverie. Attacchi che arrivano a tutti e, in modo particolare, a chi possiede un pubblico talmente grande da diventare il soggetto perfetto per questo tipo di critiche sterili.
Anche gli sportivi ne sono vittime e, proprio per questo motivo, in questo fine settimana di gara a Portimao alcuni piloti della Formula 1 hanno deciso di istituire un "blackout" social: un boicottaggio dei propri profili personali al fine di sensibilizzare gli utenti all'uso consapevole dei canali social.
L'iniziativa, annunciata ieri da Lewis Hamilton in conferenza stampa, ha visto l'adesione di George Russell e di Lando Norris, ma in queste ore potrebbero aderire al progetto molti altri piloti.
Non è un caso che i tre piloti che già hanno aderito all'iniziativa siano tutti britannici, perché il social media blackout è un'iniziativa che arriva dalla Premier League, dove le squadre di calcio inglesi questo weekend organizzeranno tre giorni di boicottaggio social al fine di combattere l'odio razziale online.
La Formula 1 sosterrà la decisione dei piloti, pur non prendendone parte, così come hanno scelto di fare molti organi di informazione internazionali.
Se per molti questa iniziativa ha un grande valore simbolico, per altri si tratta di semplice incoerenza da parte di piloti e istituzioni. Tra chi si domanda perché i piloti, così attenti ai temi sociali, accettino allora di correre in paesi come Turchia e Arabia Saudita; e chi invece critica i pochissimi giorni di stop, chiedendosi quale sia il significato di un boicottaggio così breve; i detrattori sono molti. Ma la protesta non si ferma, e potrebbe arrivare anche ad altri sport.