Nel 2002 il motomondiale rinuncia alla Classe 500, istituita nel 1949, per passare alle moto 4 tempi. D’altronde il mercato è già cambiato da un pezzo e le case, per quanto in questa frase possa esserci un bel carico di marketing, lavorano nelle corse anche per sviluppare il prodotto di serie.
Così il 7 aprile 2002 si corre la prima gara di MotoGP, decretando di fatto la fine dei motori due tempi nelle competizioni. Una gara vinta da Valentino Rossi sulla Honda RC211V a cinque cilindri, con cui il Dottore si impose su 11 dei 16 GP in calendario festeggiando così il quarto titolo in carriera.
In quasi vent’anni di corse è cambiato tutto più volte. Il fornitore degli pneumatici (Michelin, poi Bridgestone e di nuovo Michelin), la cubatura dei motori (passati ad 800cc dal 2007 al 2012) e, fra abbandoni e debutti da parte di squadre e costruttori, è cambiato anche tutto il resto. Vince sempre il più veloce, che spesso è anche il pilota con la moto migliore per una legge non scritta del motorsport, ma tempi e modi sono cambiati.
Ora il livello di moto e piloti, che fino a qualche anno fa era determinato dall’affinamento elettronico, è stato ulteriormente appianato dalla Dorna col fine di premiare lo spettacolo in pista. E, con la nuova Moto2 motorizzata Triumph e gommata Dunlop, i piloti che arrivano dalla classe di mezzo sono decisamente più preparati: sanno sfruttare il grip della Michelin, hanno lo stile estremo richiesto dalle MotoGP e l’elettronica li aiuta ad essere veloci da subito. L’esperienza dei veterani quindi rimane importante per la gestione della gara, ma non è più così determinante nella guida.
Tutti, tra ex piloti e addetti ai lavori, sono d’accordo su questo: con le vecchie 500 e le prime MotoGP era necessario un lungo apprendistato (fatto di cadute e continue visite alla Clinica Mobile) prima di riuscire a portare al limite la moto. Adesso si cade ancora, ma - come nel caso di Jorge Martin - non senza la possibilità di fare la differenza in pista da subito, al debutto. Nella 500 correvano gli uomini, oggi agli uomini che corrono ancora viene detto che sono vecchi. I piloti di adesso invece sono come ballerine, cominciano prestissimo e si ritirano in fretta.
L’unico ad aver vinto un mondiale in MotoGP a 30 anni, ovviamente, è Valentino Rossi, che nel 2009 è riuscito a fissare l’ennesima asticella per i rivali. Senza contare che, se fosse riuscito a ripetersi nel 2015, avrebbe vinto il decimo titolo dopo quasi vent’anni dal primo: un primato praticamente inarrivabile per chiunque.
Il tema comincia ad essere importante anche per Marc Marquez che - salvo eccezioni - si ritroverà a lottare per il nono mondiale quando di anni ne avrà 29. Non più giovane ed esplosivo come agli esordi, con una nuova generazione di piloti che sgomita per affermarsi. Anche se qualcosa, come fece Rossi con Lorenzo e Stoner, un fuoriclasse come Marquez saprà inventarselo.
Resta indubbio però che la MotoGP di oggi non è più uno sport per adulti. Ed è per questo che vedere ancora in pista Valentino Rossi, 42 anni, è ancora più bello. Sperando che possa stupirci ancora.