Il punto non è quanto hai vinto, ma quanto non puoi più vincere. E’ una sintesi estrema e è quello che resta dopo la lunga chiacchierata che abbiamo fatto con Giacomo Agostini alla vigilia di Jerez. Quindici mondiali in tasca, il titolo di leggenda tra le leggende del motociclismo, il più forte di sempre stando ai numeri e una passione folle per quelle corse in moto a cui ha dato tutto e da cui ha avuto ancora di più. Tanto da accettare di parlarne sempre, anche in una telefonata senza preavviso di un anonimo pomeriggio d’aprile che segue il GP di Portogallo e anticipa quello di Jerez. Con un occhio sulla nostalgia, sulle emozioni di chi non è più della partita pur restando protagonista, passando, ovviamente, per un’analisi delle prime gare della stagione e del futuro del motociclismo italiano. Insomma, un Giacomo Agostini che risponde su tutto e che tentenna solo su un ricordo…
Eh no, non me la ricordo la prima volta in cui sono tornato in pit lane dopo aver appeso il casco al chiodo. Cioè, non mi ricordo quando è stato esattamente e nemmeno dove, ma di sicuro non troppi mesi dopo aver preso la decisione che avrei tolto definitivamente la tuta. Sai, sono passati un po’ troppi anni, mezzo secolo o giù di lì, e ci sta che qualcosa si sia sbiadito.
Comprese le sensazioni?
Quelle assolutamente no. Non mi ricordo dov’ero in quella prima volta senza casco e tuta tra i miei ex colleghi, ma cosa provavo me lo ricordo alla perfezione. In due parole? Stavo male! Ci si rende conto che il cammino da campione è finito e un pilota vorrebbe correre per sempre.
Quindi domenica scorsa a Portimao il sorriso stampato in faccia di Valentino Rossi, che per la prima volta è tornato in pit line da ex pilota, non era vero?
Non dico che non fosse vero, ci mancherebbe. Ma di sicuro dentro non sorrideva perché quando per tutta la vita sei stato il protagonista, quando sei stato il punto di riferimento, ritrovarsi di colpo lì in mezzo in abiti diversi e in un ruolo diverso è fortemente impattante. E’ emotivamente dura, anche se magari fuori sorridi. Valentino Rossi sorrideva, ma stava morendo dentro, se vogliamo dirla in termini più romanzati. Certo, io non sono lui, ma penso di poter immaginare cosa provasse domenica sulla griglia di partenza, mentre gli altri scaldavano i motori e cercavano la concentrazione. E’ rivivere tutto ciò per cui hai vissuto, sapendo che ormai sei fuori. Anche se è stata una tua scelta.
Vincere è un’ossessione che non abbandona mai un pilota, diceva qualcuno…
In parte è vero, anche se il termine ossessione non deve essere utilizzato nella sua accezione più negativa. Se fai delle competizioni la tua vita, è normale che la vittoria è e sarà sempre la tua massima aspirazione. E’ stato così per me, è così per tutti e sicuramente è così anche per Valentino Rossi che, al contrario di altri, ha anche vinto tantissimo e quel gusto lì lo conosce bene. Poi è chiaro che la vita va avanti, che si trova l’entusiasmo per altre cose, che magari si sceglie pure di correre ancora come ha fatto lui, che si scopre la vita oltre le corse e, nel caso di Vale, che si vive pure l’esperienza meravigliosa della paternità, ma c’è la consapevolezza di essere altro. Di qualcosa che cambia da certezza a incertezza.
A proposito di incertezze, Marc Marquez tornerà mai ad essere Marc Marquez?
Non ha mai smesso di essere Marc Marquez. Gli infortuni ti cambiano e questo è un dato di fatto, ma da qui a dire che Marc Marquez è finito ce ne corre. Domenica a Portimao l’ho visto diverso, più accorto, meno disposto a rischiare oltre il limite e questa maturità non è necessariamente un segno di debolezza. Fisicamente non sta ancora benissimo e ha una moto da mettere a punto per sentirla nuovamente sua. E’ solo un momento un po’ così, ma se discutiamo uno come Marc Marquez discutiamo il motociclismo.
E Honda non lo aiuta…
Perché dire questo? Honda ha realizzato una moto per il mondiale 2022 che, almeno a giudicare dai test, ha una buona base di partenza, adesso sta a lui e agli altri di HRC metterla a punto per adeguarla alle proprie caratteristiche. Poi è chiaro che adesso, magari, è un pochino più difficile perché con l’elettronica così avanzata si finisce, a volte, per fare riferimento a dati che sono reali su un circuito e non lo sono più su un altro.
La solita, maledetta, elettronica e il solito “era meglio prima”…
Già, ma non era meglio, era semplicemente diverso. Diciamo semplicemente che adesso la moto conta molto di più. Le cose vanno avanti e va bene così, altrimenti sarebbe anche noioso.
E questa MotoGP, dopo le prime gare, è noiosa?
Direi proprio di no: podi sempre diversi, grande equilibrio. L’unica cosa un po’ destabilizzante è che oggi ci si ritrova con piloti che una domenica lottano per il primo posto e quella dopo lottano per il decimo. Ecco, magari se si creasse un gruppetto di due o tre che se la giocano seriamente, lo spettacolo sarebbe comunque salvaguardato, ma gli appassionati avrebbero qualche riferimento in più. Ma non si può dire che questo inizio di mondiale sia stato noioso. Comunque penso che il vero mondiale comincerà proprio a Jerez e che dal prossimo gran premio verranno fuori valori più netti.
Favoriti compresi?
Ce ne sono tanti, non è facile fare pronostici adesso. Fabio Quartararo è il campione del mondo in carica e di sicuro è tra i favoriti. Vedo molto bene anche i due piloti della Suzuki, perché se riusciranno a essere costanti staranno lì fino alla fine. E poi c’è Marc Marquez, che non è certo fuori dai giochi, così come non lo è Pecco Bagnaia.
Tutti piloti ufficiali. Sei tra quelli che sostengono che un team satellite non può vincere un mondiale piloti?
No, perché credo che oggi sia una cosa non vera. Magari lo è stata in passato per via di materiali diversi tra team ufficiali e squadre private, ma davvero vogliamo pensare che un costruttore, laddove dovesse ritrovarsi in vetta al mondiale con il pilota di una sua squadra satellite, non ci metterebbe l’anima per aiutarlo a vincere e, piuttosto, lascerebbe vincere qualche altro marchio?
Quindi ci sono speranze anche per Enea Bastianini?
Certo che ce ne sono, quel ragazzo è giovane, ma è davvero forte e si trova in un ambiente in cui sembra riuscire ad esprimersi al meglio. E’, al momento, quello che ha vinto di più e quindi è anche lui un candidato al titolo, con Ducati che sicuramente lo aiuterà al meglio se continueranno ad arrivare i risultati. Se lui si conferma protagonista, Ducati sarà lì a aiutarlo sempre di più.
Quanto agli altri piloti italiani?
Il livello è alto e il motociclismo italiano ha degni eredi. Andrea Dovizioso non deve dimostrare nulla, Pecco Bagnaia non ha avuto un buon inizio, ma il suo valore non è in discussione, così come non lo è quello di Franco Morbidelli, che sta solo facendo i conti con un momento un po’ così dovuto alle noie fisiche e al cambio di squadra. Quanto ai giovani, già detto di Bastianini, mi sembra che siamo molto ben rappresentati. E se guardiamo in Moto2 c’è un italiano in testa al mondiale. Direi che non ci possiamo lamentare