Giorgia Malandrucco nasce ad Alatri, nel Lazio, nel 1995, e la sua passione per il mare la travolge da piccolissima, come un'onda che la risucchia verso il basso. L’acqua è da sempre il suo elemento: "Non volevo neanche indossare i braccioli", ci ha raccontato. La passione è diventata in fretta qualcosa di più, una spinta che l'ha portata ad allenarsi per anni nel centro sportivo ‘’Park Club’’, che ha rappresentato una vera e propria seconda casa per la campionessa. Tutti i giorni, si trovava in acqua alle 14:30 per vasche su vasche, ore su ore di avanti e indietro, di numeri e tempi. Ha sacrificato tanto per arrivare dov’è ora, una costante nella vita degli atleti che li rende tutti simili dentro a quel sacrificio. Giorgia però sorride, consapevole che quel sacrificio lo ha scelto e oggi l'ha portata ad avere una medaglia al collo di grande, enorme, valore. Sì, perché Giorgia Malandrucco è stata l’unica italiana ad aver conquistato l’oro mondiale nella categoria Master 25. Noi l'abbiamo intervistata per farci raccontare il suo viaggio: dai primissimi allenamenti ai Campionati mondiali in Qatar. Impegno, passione e disciplina, gli elementi fondamentali di una storia che l'ha accompagnata verso l'oro.
Ai mondiali di Doha hai trionfato con i 200 dorso. Pensi che questo stile sia il tuo punto di forza? Perché?
Se mi avessero fatto questa domanda lo scorso anno, avrei detto subito di no. Senza pensarci un secondo. Ma quest’anno ho avuto modo di cambiare alcuni aspetti nell’allenamento ed ho cominciato a prepararlo gradualmente. Quindi, ad oggi, posso affermare che sto gestendo meglio le gare medio/lunghe, come un 100 o un 200 dorso.
Quali emozioni e sensazioni hai provato prima e dopo la vittoria?
Ho rotto il ghiaccio con la gara che ho preparato meglio in assoluto. Non è stato semplice. Ero un bel po’ agitata, ma sono rimasta positiva. Avevo paura di iniziare male il Campionato Mondiale. Ho cercato di respirare e azzerare l’agitazione. Più o meno ci sono riuscita. Al tocco della piastra sono rimasta di sasso, nel vero senso della parola. Sapevo di poter raggiungere il podio ma, decisamente, non pensavo di vincere il titolo. Ero stanca. Ma troppo felice del risultato.
Come gestisci la pressione durante le competizioni?
Questa è una domanda difficile. Sono sempre stata, fin da piccola, una ragazza ansiosa. E lo sono tutt’ora. Ho paura di cadere e non sapermi rialzare. È una cosa su cui sto lavorando da anni. È complicato gestire le sensazioni in alcuni momenti. Prima della gara, la musica e il respiro mi aiutano molto a contenere questo stato di ansia e pressione.
Torniamo indietro: da quanto tempo pratichi nuoto? Come e dove hai iniziato?
Ho iniziato a praticare nuoto quando avevo circa cinque o sei anni. Volevo andare al mare senza braccioli. Non mi piacevano affatto. Non credo di aver mai pianto quando ho iniziato a nuotare, a differenza di molti bambini. L’acqua è, da sempre, il mio elemento. Non ho mai faticato per imparare a stare a galla.
Ho iniziato a frequentare le primissime lezioni di nuoto al ‘’Park Club’’, un centro sportivo in provincia di Frosinone. È stata come una seconda casa per me fino ai diciannove anni. Poi, mi sono trasferita a Roma per motivi di studio. Lì ho continuato ad allenarmi nella piscina centrale ‘’Aquaniene’’. Ed ho continuato a livello agonistico per altri due anni.
Che ruolo hanno avuto la tua famiglia e i tuoi allenatori nel tuo percorso?
La mia famiglia è stata il mio punto fermo in tutti questi anni. Mi ha seguito ovunque e sostenuto in ogni occasione. Sia in caso di vittorie che di sconfitte. Fin da piccola, i miei genitori e mio nonno sono sempre stati sugli spalti per vedere le mie bracciate in acqua. Non potevo ricevere sostegno migliore. L’allenatore è stato, e sarà sempre per un’atleta, un punto di riferimento. Lui è in vasca con te. Controlla i tuoi tempi. Gestisce i tuoi allenamenti, i tuoi recuperi e il tuo stato fisico. Bisogna avere a fianco una persona che ti conosca. Che sappia prenderti e gestire i momenti difficili. Io posso ritenermi pienamente soddisfatta e fortunata.
Negli anni, come hai bilanciato gli allenamenti intensi con gli impegni scolastici e sociali?
Gestire scuola e sport non è stato semplice. Ho dovuto dire spesso di no ai miei compagni. Non ho partecipato a gite, cene di classe e pomeriggi di studio in compagnia. Ogni giorno ero in acqua ad allenarmi, dalle 14:30 alle 17:00. Poi dovevo tornare a casa e studiare per le lezioni del giorno successivo. Inoltre, gestire il rapporto con i professori è stato complicato. Il lunedì post gara – di solito- non ero preparata al 100 %. Alcuni professori erano più clementi. Altri proprio no. Nonostante le difficoltà, sono riuscita a gestire il rapporto tra scuola e nuoto molto bene, impegnandomi tanto e portando a casa ottimi risultati anche nel campo scolastico. I sacrifici sono stati tanti, ma li ho fatti per una giusta causa.
A quanti anni ti sei trasferita a Verona? Hai sofferto la lontananza da casa?
Nel novembre 2019 mi sono trasferita a Verona e, da subito, mi sono sentita a mio agio. È una città bellissima e molto accogliente. Ovviamente casa è sempre casa. Non ci si abitua mai alla distanza. Il pensiero si rivolge sempre alla famiglia.
Nel 2013, sei stata a Riccione per i Campionati Italiani Giovanili Invernali. È stata una delle tue prime competizioni? Come l’hai affrontata? È stato il tuo trampolino di lancio?
Sono arrivata relativamente tardi come età ai Campionati Italiani. È stata la prima competizione a livello più alto. Ricordo che alla prima gara ero molto preoccupata, ma stranamente andò molto bene, nonostante la paura. Da lì in poi, ho continuato per altri tre o quattro anni, partecipando a competizioni importanti: i Campionati Italiani Assoluti e i Trofei internazionali, come il Settecolli.
Quali sono i tuoi obiettivi nel nuoto a breve e lungo termine?
Ora come ora, posso dire di essere arrivata davvero dove sognavo di arrivare. Spero di continuare ad avere questa passione sempre viva ed accesa in me. Perché lo sport ti salva davvero. E ti aiuta in tutti i vari aspetti della vita.