Domenica il Corriere della sera ha consacrato Jannik Sinner sul quotidiano cartaceo, pagine 22‑23, con tanto di titolone in prima - ma qui il vero protagonista non è il campione: è la réclame. Una tripletta di sponsor - Rolex, Gucci, e, ciliegina sulla torta, MSC con un box pubblicitario dedicato - si spalanca tra le righe come un’invasione di pubblicità mascherata da intervista. Che il numero uno del tennis mondiale fosse sotto contratto con svariati bran si sapeva. Ma rileggendo il pezzo, ti chiedi: è un’intervista o un articolo redazionale? Il Comitato di Redazione non ha avuto alcun dubbio: una grave anomalia che svilisce credibilità, professionalità, e i lettori - vittime inconsapevoli di un mix pericoloso tra informazione e vetrina pubblicitaria

E non basta: Sinner, da mountain boy metodico, si è rifiutato di rispondere a domande scottanti - vita privata, Olimpiadi - mentre il testo continuava a tessere le lodi dei suoi sponsor. Informazione? No, per il Comitato di redazione pubblicità mascherata. Ecco il punto: il confine è stato cancellato. Il Cdr rincara: “Non è questo il Corriere che i lettori meritano”. E come dargli torto? Dopo il caos per la pagina su Bottacin - un assessore confluito in una “intervista” che pareva editorial promozionale - ecco il déjà‑vu, pronto a ripetersi. Serve una diga? Serve tutela delle firme dei giornalisti, della loro reputazione, del patto di fiducia con chi ci legge rispetto agli accordi commerciali? L'Ordine dei giornalisti dov'è quando serve? Insomma, caro Corriere il giornalismo non è morto, ma fai attenzione: se continui a confondere redazione e reparto adv, qualcuno alzerà il sipario. E non su un match di tennis, ma su un disonore mediatico.
