La Mostra del cinema di Venezia, la vetrina internazionale più seguita e ambita del mondo del cinema, quest’anno aprirà con una mobilitazione di grandi e stimati artisti che dovrebbe fare riflettere tutto il mondo della cultura, i cittadini e soprattutto la politica nazionale e internazionale. Avviata ufficialmente pochi giorni fa, la mobilitazione nazionale “Artisti #NoBavaglio”, che in pochi giorni ha raccolto l’adesione di centinaia di artiste e artisti, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, registi, musicisti, autori e operatori culturali da tutta Italia. L’iniziativa “nasce con l’obiettivo di denunciare il genocidio in corso a Gaza, le guerre globali e le crescenti minacce alla libertà d’espressione”. L’appello chiede che durante tutto il festival vengano messi a disposizione spazi e occasioni per promuovere iniziative sulla Palestina, in continuità con la mobilitazione prevista per il 30 agosto, sostenuta anche dalla rete Artisti #NoBavaglio. L’obiettivo è evitare che la Mostra si riduca a “una triste e vacua vetrina”, come si legge nella lettera, e che possa invece “tornare a essere spazio di confronto, partecipazione attiva e di resistenza, come avvenuto in passato”. Alla lettera hanno già aderito numerose personalità autorevoli del cinema, dell’arte, della musica e della cultura, italiane e internazionali. Il gruppo, che si chiama Venice4Palestine (V4P) invita chiunque voglia unirsi all’appello a scrivere a venice4palestine@gmail.com, dove è possibile ricevere il testo completo della lettera e l’elenco aggiornato delle adesioni.
L’iniziativa vuole riportare al centro della scena culturale la responsabilità etica e politica dell’arte, e chiede alla Mostra di Venezia di non voltarsi dall’altra parte. Tra le prime azioni annunciate: l’adesione alla mobilitazione “Stop Genocidio” il 30 agosto alla Mostra del Cinema di Venezia; un contro-summit l’11 settembre all’Auditorium Parco della Musica in occasione del “Defence Summit”; l’incontro pubblico “Che fare?”, previsto il 22 settembre al Centro Ararat di Roma. “Vogliamo essere una rete solidale e una scorta mediatica a tutela della libertà d’espressione”, hanno spiegato i promotori, sottolineando il ruolo dell’arte come strumento di resistenza e trasformazione sociale. Tutti i dettagli e il testo dell’appello-manifesto, in continuo aggiornamento, sono disponibili al link: https://pressingweb.altervista.org/2025/08/-firma-lappello. Per aderire: artisti.nobavaglio@gmail.com. Ecco un’altra iniziativa che permette di esprimere il dissenso e la richiesta di provvedimenti per le immagini che ogni sera, nonostante filtri e censura, ci mostrano bambini dilaniati, amputati o addirittura lasciati morire di fame. L’Onu, poche ore fa, quasi contemporaneamente ha dichiarato che a Gaza vi è uno stato di “carestia” e sono a rischio 132.000 bambini: “La fame è promossa da Israele come arma, è un crimine di guerra. Per il bene dell'umanità, fateci entrare a Gaza”. Ecco perché l’iniziativa Artisti #Nobavaglio risulta ancor più tempestiva oltre che opportuna e necessaria. 📣

La campagna merita il sostegno e la condivisione di tutti non solo aderendo alla piattaforma, ma partecipando in massa agli incontri pubblici. Sul tema voglio anche ricordare l’iniziativa di un gruppo di host bolognesi. Il gruppo di cittadini ha avviato una raccolta di firme per una lettera da inviare a Brian Chesky, ceo e cofondatore della piattaforma internazionale di affitti Airbnb. I cittadini bolognesi che affittano la casa per brevi periodi chiedono delle risposte alla denuncia della dottoressa Francesca Albanese. Albanese è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati e denuncia un comportamento di Airbnb che asseconderebbe una illegalità. Albanese mette in luce che la piattaforma “continua a ospitare annunci di alloggi situati all’interno di insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, che il diritto internazionale in gran parte della comunità globale riconosce come illegalmente occupati”. Una violazione del diritto internazionale grave, che dovrebbe avere una risposta chiara, veloce e inequivocabile. Un rapporto che andrebbe diffuso meglio e dovrebbe avere da parte di tutte le autorità e istituzioni risposte chiare. La lettera avanza delle richieste precise su alcuni punti. In sintesi: rimuovere tutte le inserzioni situate all’interno di insediamenti illegali nei territori palestinesi occupati, inclusi quelli in Cisgiordania e Gerusalemme est; pubblicare una posizione chiara e trasparente sull’uso della piattaforma in zone di conflitto e violazione dei diritti umani; aprire uno spazio di confronto etico con la propria comunità di host sul tema del turismo responsabile e non complice. Penso che anche questa interessante iniziativa, anche se di dimensioni minori e sicuramente di impatto più piccolo, debba essere valutata con attenzione da tutti quelli che pensano che non sia giusto quello che sta accadendo a Gaza, e che quello che stanno subendo i bambini di Gaza sia il crimine più grande di questi anni. Per firmare la lettera al ceo di Airbnb l'indirizzo email è hostsforpalestine@tutarmail.com.
