Forse la programmazione dell’82ª Mostra del Cinema di Venezia è lo specchio di quello che stiamo vivendo: la nostalgia, la tanta nostalgia. Verso un tempo che abbiamo solo visto in ritardo, nei film di Gus Van Sant e Julian Schnabel. Nostalgici umani come la programmazione incredibile di questa Mostra, con ogni probabilità, quantomeno sulla carta, tra le migliori di sempre. Tra “concorso” e “fuori concorso” ci sono anche: Gus Van Sant, Jim Jarmusch, Park Chan-wook, Werner Herzog, Antonio Capuano e Kathryn Bigelow. Una Venezia che, anche con la scelta di Un film fatto per bene di Franco Maresco e Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi (come vi avevamo già raccontato qui), mostra un interesse forte per i personaggi, gli intrecci, le percezioni di menti mature, ma con sguardi probabilmente ben nitidi, chiari e presenti sul futuro. Perlomeno così verrebbe da dire, dando uno sguardo ai trailer e alle immagini condivise dei film dei due registi italiani (e non solo). Discorso, questo, che va ben oltre l’età, annoverando Yorgos Lanthimos, Paolo Sorrentino e Guillermo del Toro tra i “grandi - nuovi” vati della settima arte. Eppure viene naturale chiedersi dove si nasconda il domani, come mai le idee di diversi registi del secolo scorso continuino a parlare una lingua (anche più forte) di quella dei nostri coetanei. La precarietà, il non trovare lavoro, anzi trovarlo e vederselo strappare via dalle mani come in No Other Choice di Park Chan-wook, oppure l’anti-film d’azione sui rapporti genitori figli nel trittico Father Mother Sister Brother di Jarmusch. Poi certo, tra Concorso e Fuori Concorso spuntano anche interessanti titoli di giovani registi. La valle dei sorrisi di Paolo Strippoli, tanto per nominarne uno, racconta con delicatezza gli abitanti di un paese “tutti insolitamente felici”. Benny Safdie, il 39enne regista di Diamanti Grezzi e Good Time, propone The Smashing Machine, tra tensione fuori e dentro un ring. Interessante anche solo la locandina di Orfeo di Virgilio Villoresi, un film che si preannuncia come un viaggio onirico tra realtà e sogno capace di rievocare la mitologia classica in chiave contemporanea.

Una Venezia, quella che conosceremo quest’anno, che sembra scaldarsi sotto il sole del grande cinema, trovare conforto nell’ecosistema autoriale e intimo di Paterson, tra le vedute di Capuano; le catastrofi collettive di Gus Van Sant e il dialogo tra “io” e “società” in Elephant e Milk. Le cose sono cambiate. Alla Mostra del cinema del 2022 erano candidati in concorso, oltre a Gianni Amelio, Darren Aronofsky e Alejandro G. Iñárritu, anche: Santiago Mitre, Susanna Nicchiarelli, Florian Zeller, Rebecca Zlotowski e Andrea Pallaoro. Nel 2024, Almodovar e Amelio a parte, avevamo Maura Delpero, Giulia Louise Steigerwalt, Brady Corbet, Luis Ortega. Certo, anche stavolta restano di grande interesse le opere prime e seconde presente a Orizzonti o alla Sic, sezioni che nel tempo hanno mostrato il livello altissimo di film capaci di superare tanti titoloni da main category. Eppure, questa Venezia 82 fa riflettere, ripetiamo. La qualità sembra altissima, ma che questa scelta, questa - quasi - totale presenza di grandi maestri del cinema, ci debba far riflettere su dove siano i nuovi?
