A Marco Bezzecchi manca ancora il giro secco. Meno rispetto a prima, comunque: il passo in avanti dopo Aragon c’è stato davvero. Eppure nel sabato del Mugello chiude in qualifica col decimo tempo, per poi dimostrare per l’ennesima volta che in questa MotoGP i sorpassi si possono fare eccome. Certo, chi è convinto che l’aerodinamica stia uccidendo lo spettacolo potrebbe scherzare sul fatto che Bezzecchi la Sprint l’ha corsa tutta senza l’ala anteriore sinistra. Resta il fatto che Marco chiude sesto e, seduto a un tavolino davanti a un gran numero di giornalisti, guarda alla domenica con leggero ottimismo. Ma è tutta roba che scompare verso la fine dell’intervista, quando comincia a raccontare di come è arrivato al casco speciale di questo GP.

La sprint del Mugello per Marco Bezzecchi
“È stato un sabato abbastanza positivo per noi, una qualifica migliore rispetto all’ultima”, il suo racconto. “Abbiamo migliorato un po’ nei test, anche se chiaramente non basta: le Ducati, ma anche Fabio (Quartararo, ndr) e KTM fanno uno step più grande di noi dal venerdì al sabato. Oggi ho migliorato il mio time attack rispetto a ieri, più di così non riuscivo a fare, ho fatto il mio massimo. In gara sono partito forte, qualche bagarre all’inizio con qualche sportellata… è stato bello. Peccato mi si sia rotta l’ala, succede. La moto era un po’ strana, al primo giro sono andato lungo in tutte le frenate perché avevo dei riferimenti, pinzavo e la moto non si fermava. Ho fatto subito un sacco di errori, mi ha passato Diggia, ho perso metri. Poi ho cercato di adattarmi, nel veloce facevo fatica e nel lento andavo sempre meglio. Solo che qui, sai… di lente ci saranno due curve (ride, ndr)! Non è stato facile, però mi son adattato e la moto andava bene. Senza questo problema? Non so se sarei riuscito a stare con Diggia, lui andava molto forte. Forse avrei fatto uguale, forse avrei potuto fare anche peggio… non lo so. Alla fine l’ho rotta e ho fatto sesto”.
Quando gli chiedono se è più la soddisfazione di essere andato forte o il rammarico per essere partito indietro, lui alza le spalle e parla chiaro: “Io vedo il lato positivo, però mi sta molto sulle palle quando capisco che avrei potuto fare di più. Sono contento di andare forte e di sentirmi bene. Devo dire che qua la qualifica… non riesco neanche a rimproverarmi più di tanto, ho dato tutto. Al momento sono messo così, per esempio Raul Fernandez è più bravo nei time attack e cercherò di sfruttarlo: lui è più lento di me sul passo, però nel time attack ha fatto un decimino peggio di me. Vediamo se mentre cerchiamo una soluzione tecnica riesco a sopperire io a un po’ di problemi. Vediamo, dai. Noi lavoriamo tutti come le bestie”.
Il Casco Speciale per il Mugello
Parliamo del casco speciale: una collage riempito di disegni fatti coi bambini del Policlinico di Sant'Orsola di Bologna, tutto riassunto con un cuore rosso su cui c’è scritto Vietato dire che non ce la faccio. Un casco che verrà messo all’asta. Una piccola magia, che forse bastava poco a farla, perché bastava un po’ di tempo. Eppure, per uno che corre in MotoGP il tempo ha un valore gigantesco. Lui, Marco Bezzecchi, ha deciso di giocarselo così.

E non importa se ha già parlato tanto: quando comincia a raccontare del casco lo fa con calma, cercando di dire tutto per bene, attento che si capisca tutto per bene: “Questa cosa è iniziata quando mi ha contattato Alessandra, la ragazza che mi ha coinvolto in questo progetto. Aveva provato a contattare qualche pilota di MotoGP ma non ci era riuscita, con me… mi ha incontrato all’EICMA l’anno scorso, ci siamo scambiati i contatti e… è stata una cosa un po’ più lunga di come te la sto raccontando. Però abbiamo organizzato questo incontro belo e come sempre difficile in queste situazioni, però è stato bello perché ho visto un sacco di facce felici nel vedermi. Mi hanno subito accolto bene all’interno del progetto, mi hanno subito fatto portavoce. Ci sono anche altri piloti che ci sono dentro, però magari fanno il CIV, qualche trofeo, c’è qualche ragazza. Io fortunatamente per me sono quello un po’ più in vista, così ho pensato che sfruttare questo palcoscenico un po’ più grande per dare una mano potesse essere una bella cosa. E quindi con Alessandra e i ragazzi dell’ospedale abbiamo cercato di capire se si poteva inventare qualcosa. I bambini sono stati collaborativi, sono stati bravi, alla fine dipende tutto da quanto riesci a metterli a loro agio e quanto hanno voglia loro di darti un po’ del loro tempo. Ma sono stati bravissimi e devo dire che è stato molto bello. Mi hanno fatto dei bei disegni che per loro significano molto, poi io con i ragazzi di Starline, con Giacomo in particolare, ci siamo messi lì e abbiamo cercato semplicemente e di trovare l’abbinamento migliore, fare un casco bello colorato che verrà venduto all’asta dopo la gara e tutto il ricavato andrà al Sant’Orsola di Bologna, dove sono stato. Speriamo di riuscire a dare una mano”.




