“Parlare di Luca Salvadori mette addosso fatica e dolore e chissà per quanto altro tempo ancora lo farà” – Comincia così l’editoriale che Guido Meda ha affidato alle pagine della rivista Auto a quasi due mesi dall’addio al pilota e youtuber che ha perso la vita in seguito a un incidente in una road race in Germania. Erano amici Meda e Luca, come possono essere amici due che hanno quasi le età di un padre e un figlio e che si conoscono da sempre, anche al di fuori della passione comune che è diventata lavoro per entrambi. L’abbiamo visto al funerale fare fatica a contenere l’emozione nell’ultimo addio, con parole piene di tenerezza prima ancora che di riflessione e sofferenza.
Ora, invece, è quasi il padre che parla e lo fa, inevitabilmente, mandando un pensiero a due genitori. “Maurizio e Monica sono due genitori che piangono disperatamente un figlio divenuto popolare tra i giovani, e non solo quelli, senza che quasi se ne accorgessero – scrive ancora Meda – un figlio al quale hanno dato libertà, educazione, passione, entusiasmo e valori; la libertà di scegliere una strada diversa dalla loro, l’educazione ad un figlio sempre rispettoso del prossimo, la passione per la guida, l’entusiasmo nell’alzare il livello delle proprie sfide dentro una vita da vivere senza sprecarne nulla. È stata breve la sua, troppo, ma pienissima. Il che dà un senso, parziale ma sostanzioso, al vuoto che c’è ora”.
Un vuoto che però non mette in discussione il valore di una scelta che sicuramente non sarà stata pienamente condivisa, come niente che mette in pericolo la vita può essere condiviso da chi ci vuole bene, ma che è stata rispettata anche oltre il sacrificio più estremo di dover piangere la morte di un figlio. Con il giornalista di Sky che poi allarga il campo della riflessione ai temi della sicurezza. Non, però, in maniera fredda e distaccata,ma muovendo dall’emozione e comunque dall’aspetto umano. “Nessun pilota – aggiunge - è un aspirante suicida senza criterio. Non sarebbe un pilota. Fa delle scelte, che possono essere molto più estreme e pericolose di altre, ma in modo consapevole e commisurato alle capacità. E poi si mangia quei momenti di cui è fatta la vita da vivere. Luca lo aveva comunicato preventivamente: la vita che amo non è quella delle cose da avere, ma delle cose da fare e delle persone da amare. Quello che invece il pilota non può fare, è controllare l’imprevisto, l’imponderabile che si fa destino o l’imperizia umana di chi, per esempio, le corse le organizza. È per questa ragione, per il fatto che l’imponderabile resta imponderabile e che sulla sicurezza non si può sorvolare mai, che il senso alla morte di Luca e di tanti altri ragazzi come lui, deve passare attraverso una riflessione sulla radicale educazione alla sicurezza di tutte le figure coinvolte nelle corse, senza mortificare la libertà che cresce con passioni sane”.
Non è, sia inteso, un entrare nel merito delle protezioni in paglia su cui ha impattato il pilota italiano, visto che per quello c’’è già la magistratura al lavoro e di quello si sta occupando chi ha esattamente quel compito lì, ma è più un ricordare a tutti, ma a tutti davvero, che scegliere di rischiare la vita non autorizza nessuno a non fare abbastanza per non mettere a repentaglio la vita stessa di chi dedica i suoi giorni a una passione immensa e potentissima. A cominciare proprio dal ruolo, difficilissimo, dei genitori di un pilota. “Fino a prova contraria – conclude Meda - non è un crimine essere appassionati di motori e avere dei figli che la passione la ereditano in pieno. Può essere un crimine non metterli nelle condizioni migliori per farlo. Serve insegnare a convogliarla negli ambiti giusti, nei luoghi giusti, all’età giusta, con le giuste competenze, la giusta capacità di autocontrollo. In casa Salvadori, intuìto il fuoco di Luca da ragazzino, ebbero amore, lungimiranza e mezzi per iscriverlo a corsi di guida, confinando i suoi slanci alla pista. Sarebbe ipocrita poi nascondere che Luca la marachella ce l’aveva nel sangue e aveva anche lo sguardo vivo e tenerissimo per farsela perdonare all’istante. Va bene, ma non è scomparso per una marachella. Dietro ad una curva lo attendeva un incidente con un altro pilota. Ora è aperta un’indagine relativa alla sicurezza in quell’ambito organizzativo. Quando ci sono di mezzo i motori prendiamoci la nostra responsabilità di genitori proprio a partire dalla marachella. Anzi, abbiamo l’obbligo amorevole di essere attenti e implacabilmente severi se serve, come facevano Maurizio e Monica nei loro infiniti dialoghi con questo figlio così aperto, esplosivo e felice di correre. Non per cattiveria, ma per amore. Dosare libertà, istruzione, valori, entusiasmo e controllo è già di suo un’arte difficilissima. Poi però quando di un figlio ci troviamo un pilota, serve che il contesto lo garantisca al meglio. Dire che nelle corse è Dio che decide può essere vero, ma non deve bastare mai”.