Fine della storia e inizio della rivoluzione. Con un anno di anticipo rispetto all’effettiva scadenza contrattuale, Helmut Marko non sarà più il super consulente della Red Bull. È questa la bomba che, nel giorno degli ultimi chilometri in pista del 2025, per i test Pirelli, rimbalza nel paddock di Abu Dhabi. E le motivazioni sono chiare: una gestione caotica, troppo, oltre al recente casino dopo l’accusa - poi ritrattata - a Kimi Antonelli al termine del GP del Qatar. Un’attacco inaccettabile, senza senso, soprattutto se si considera che Marko avesse a disposizione tutti gli elementi per rivedere quanto successo e capire che, di volontario, dietro quell'errore e quella porta spalancata a Lando Norris non c’era niente.
Parole pesanti a cui sono seguite delle scuse inutili, visto soprattutto come la vicenda abbia continuato a svilupparsi sui social. E Red Bull ha incassato, per l’ennesima volta. È stato solo l’ultimo dei pasticci firmati Marko, la cui gestione ha sollevato più di qualche dubbio: basti pensare che, sempre di recente, pare che l’austriaco abbia messo sotto contratto per il junior Team Alex Dunne, quest’anno in F2, senza nemmeno informare né Laurent Mekies né Oliver Mintzlaff, team principal e CEO della squadra, che il profilo del giovane irlandese lo avevano già scartato. Il risultato? Diversi milioni sborsati per annullare l’operazione, l’ennesimo disastro di una gestione frettolosa, spudorata. E in tal senso, il 2025 è emblematico.
Liam Lawson viene annunciato come pilota titolare in Red Bull nonostante alle sue spalle avesse solo poche gare, undici, peraltro corse in due stagioni differenti: nel 2023 era subentrato a Daniel Ricciardo, che si era infortunato in Olanda, nel 2024 aveva sostituito definitivamente l’australiano a partire dal GP di Austin. L’inizio è complicato, come da previsioni, ma la risposta di Marko (e Horner) è drastica: bocciato e retrocesso in Racing Bulls dopo appena due gare, mentre al fianco di Max viene piazzato Tsunoda che, solo qualche mese prima, aveva visto Lawson scavalcarlo nelle gerarchie di Milton Keynes.
L’inizio è promettente, il prosieguo molto meno. E i punti di domanda aumentano: l’avversario numero uno per il sedile diventa Hadjar, il rookie che, invece, con la Racing Bulls stupisce tutti. Isack corre veloce e sembra un duro, uno di quelli che a Marko piacciono sul serio. Lo impressiona e il finale della storia, infatti, è già scritto: alla vigilia di Abu Dhabi viene annunciato come pilota titolare in vista del 2026 in Red Bull, con Tsunoda che saluta e il giovane Lindblad - velocissimo ma ancora un po’ acerbo - al suo posto in Racing Bulls. È l’ennesimo stravolgimento frutto di una strategia chiara: scovare il nuovo Verstappen. E poco importano i risultati, l’importante è che si trovi un pilota veloce, poi tutto il resto verrà col tempo proprio come successo con Max.
È comprensibile, ma c’è un rovescio della medaglia chiamato instabilità, la stessa che da due anni non permette alla Red Bull di competere per il Mondiale costruttori. Marko non è più una certezza, è una mina vagante. E le parole del team principal Mekies parlando del super consulente a Yas Marina sapevano già di addio: “È stato incredibile nel sostenerci in questa rimonta. Ma in Formula 1 non esiste un ambiente statico: si rivedono sempre le organizzazioni, sia tecniche che sportive. Non lo dico solo per lui, è una cosa normale. È assolutamente normale rivedere continuamente come possiamo migliorare il nostro modo di operare. Posso solo ringraziarlo per il ruolo che ha avuto nel trasformare quella che a metà stagione sembrava una situazione difficile”. In Red Bull è cominciata ls rivoluzione e quella di Marko è un’uscita che non sorprende, anzi. Era solo questione di tempo.