“Il calcio è del popolo” scandiva come grido di battaglia il presidente della UEFA Čeferin nell’aprile 2021, durante i giorni più caldi della guerra della Superlega. Nessuno con un po’ di coscienza aveva preso alla lettera quello slogan, ma di certo sarebbe interessante sapere che ne pensa oggi del nuovo piano di Sky Italia per i diritti tv del calcio del prossimo triennio. Come annunciato da Calcio & Finanza e poi confermato dal Sole 24 Ore, dall’anno prossimo tutto il calcio nel nostro paese sarà trasmesso unicamente a pagamento. Nell’ultimo triennio, i diritti della Champions League erano stati suddivisi tra Sky e Mediaset, con quest’ultima che aveva trasmesso in chiaro alcuni incontri, tra cui quelli delle italiane. Dalla prossima stagione questo non accadrà più: Sky avrà l’esclusiva in Italia di Europa League e Conference League, e di 185 partite su 203 della Champions (il resto sarà su Amazon Prime Video). E tutto sarà disponibile solo per gli abbonati, senza nessuna garanzia di partite in chiaro nemmeno su Tv8.
I diritti delle coppe europee sono stati assegnati l’anno scorso, e sembra che Sky Italia abbia sborsato ben 660 milioni di euro per le tre competizioni UEFA. “Pagare tanto non è segno di ricchezza ma di difficoltà delle pay-tv. - aveva replicato Pier Silvio Berlusconi, ad di Mediaset - Oggi riescono a vendere, per fare abbonati, solo i grandi eventi. Rappresenta un modello di business abbastanza fragile, diverso dalla nostra mentalità”. Parole che sapevano, e sanno tutt’oggi, di amarezza per non aver potuto competere con l’offerta della rivale, ma che non vanno poi tanto lontano dal vero. Il mercato dei diritti tv del calcio sembra ormai sul punto di collassare da un momento all’altro, a sentire molti critici. Il costo per le emittenti è sempre più alto, dato che nel frattempo i club e le leghe hanno sempre più bisogno di denaro per coprire i loro debiti crescenti (dovuti a scelte strategiche sbagliate, acquisti di giocatori e allenatori discutibili, commissioni spropositate per i procuratori, e via così). Allo stesso tempo, però, i guadagni si stanno stabilizzando e il filone aureo potrebbe essere sul punto di esaurirsi.
Quale soluzione ha trovato il calcio europeo? Investire sull’allargamento del pubblico ad altri continenti (Nord America in particolare) e lanciare nuove competizioni, per fare più soldi: nel 2021 è nata la Conference League, cioè una terza competizione per club; il prossimo autunno debutterà la nuova formula della Champions League, e nell’estate 2025 toccherà al nuovissimo Mondiale per Club (vedremo: il sindacato internazionale dei calciatori FIFPro ha appena fatto causa alla FIFA per opporsi al torneo). Il prodotto in vendita è sempre lo stesso, solo con qualche ritocco e orpello in più per farlo sembrare nuovo e convincere la gente che non solo vale ancora la pena di comprarlo, ma addirittura che sia giusto pagare più di prima per usufruirne.
In tutto questo, l’utenza è sempre più sconnessa dal mondo mediatico del pallone e sempre meno in grado di sostenere simili costi. In Italia in particolare, dove la crescita degli stipendi medi non segue minimamente quella del costo generale della vita, ormai da diversi anni. Il calcio, qui da noi, è sempre più un affare per ricchi. Per seguire tutta la Serie A (e qualche campionato straniero) serve un abbonamento a DAZN, il cui costo è in costante ascesa mentre il servizio resta invariato (e non proprio di qualità eccelsa) e l’azienda licenzia dipendenti per contenere le perdite. Se vuoi vedere anche le coppe internazionali, però, sei obbligato ad avere Sky e Amazon Prime: tre abbonamenti che, al momento, arrivano a costare circa 588 euro all’anno. Mentre il mondo del calcio si riempie la bocca parlando dell’importanza di tifosi e utenti, l’innegabile realtà è questa.